Sommario
Biografia
Vilmos Aba-Novák (Budapest, 1897 – 1942), pittore ed incisore, è uno dei più importanti artisti ungheresi della prima metà del XX secolo. Dal 1912, inizia a frequentare la Regia Accademia di Belle Arti di Budapest, seguendo le lezioni di Karoly Ferenczy (1862-1917). Quest’ultimo, lo introduce ad un impressionismo ricco di emozionanti effetti di luce.
In un secondo momento, Vilmos Aba-Novák decide di studiare anche incisione sempre in ambito accademico. Da questo momento in poi, pittura ed incisione sono i due mezzi espressivi che caratterizzano l’intera produzione dell’artista. Ma in particolare, la pratica incisoria gli infonde un linguaggio duro e tagliente, che richiama sin da subito i modi dell’Espressionismo nordico.
Anche in pittura, dunque, compaiono le prime accensioni cromatiche forti e violente, che non possono non far pensare alle immagini di Emil Nolde (1867-1956) e in generale della Die Brücke. Ma i volumi di Vilmos Aba-Novák risultano più possenti e studiati, soprattutto quando il pittore giunge in Italia.
Il trasferimento in Italia
Il dramma nei dipinti e nelle incisioni dell’artista ungherese ha sicuramente a che fare con la cultura nordica, soprattutto nell’espressione luministica, fatta di forti contrasti chiaroscurali. Nel 1928, si trasferisce in Italia per frequentare per un paio d’anni l’Accademia d’Ungheria a Roma.
Rimane nel nostro paese per circa dieci anni, rimanendo profondamente influenzato dalla cultura del ritorno all’ordine. Il suo espressionismo acceso e radicale si mitiga attraverso un cromatismo più tenue e volumi importanti, proprio in un chiaro accostamento agli stilemi di Novecento.
Ma le composizioni risultano comunque contraddistinte da una chiave visionaria e fantastica, cifra caratteristica dell’autore, anche nella sua fase italiana. In questo periodo, Vilmos Aba-Novák espone a ben quattro edizioni della Biennale di Venezia.
Rientra a Budapest nel 1939, dove inizia ad insegnare alla Regia Accademia di Belle Arti e dove aveva studiato da giovane. Muore nella sua città, nel settembre del 1942, a soli quarantotto anni.
Vilmos Aba-Novák: tra Espressionismo e Ritorno all’ordine
Il pittore ungherese Vilmos Aba-Novák è conosciuto soprattutto per le sue scure e acute opere espressioniste. Ritratti e autoritratti che hanno il sapore di sofferte tempere dal cromatismo stridente e dalla linea di contorno dura e netta.
Le sue tele raccontano la quotidianità e la storia ungheresi, attraverso una narrazione personale e allo stesso tempo diretta, che spesso sembra assimilare anche qualche costrutto cubista e dadaista, soprattutto nelle opere della prima fase.
Giunto in Italia, le sue figure acquistano una volumetria piena, solida e tornita, anche se le ambientazioni risultano comunque intricate e scure, fantastiche e oniriche. Scene di circhi e carnevali, di sacrifici e sepolture popolano la sua produzione di volti stralunati e alienati.
La prima Biennale di Venezia
Nel 1924, quando ancora si trova in Ungheria, Vilmos Aba-Novák partecipa alla sua prima Biennale di Venezia, con ben sette, significativi dipinti. Si tratta di Golgota, Autoritratto, Seppellimento, Chiesa rustica, Diluvio, Studio di testa e Nudo in riposo.
Poi, appena giunto in Italia nel 1928, espone di nuovo alla Biennale alcune tele di sapore tipicamente ungherese e fortemente espressioniste: Una sposa di Somogy, Pellegrini di Török-Koppàny, Pellegrinaggio a Igal, Alba dei boscaioli, Nuvole su Somogy, Pellegrini di Somogy.
Il 1930 è l’anno fondamentale: alla Biennale di presenta con dodici opere che costituiscono una piccola personale e che sottolineano ormai il suo legame con l’Italia. Tra di esse compaiono Musica in piazza, Città trecentesca, Laura, Subiaco, Processione grande e Savonarola. Nel 1932 espone invece Barca e La domenica del villaggio.
Espone a New York, Londra, Chicago nel corso degli anni Trenta. Rientrato a Budapest nel 1939, partecipa comunque alla Biennale di Venezia del 1940, dove vince il Gran Premio. In Ungheria è conosciuto anche per i numerosi affreschi realizzati in diverse chiese, tra cui il visionario Giudizio Universale nella chiesa di Jászszentandrás.
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