Sommario
Biografia
Adriana Pincherle (Roma, 1906 – Firenze, 1996), nata in una famiglia della borghesia romana, sorella maggiore dello scrittore Alberto Moravia, cui è molto legata, si avvicina alla pittura sin da piccola. Dopo aver concluso gli studi classici, inizia a frequentare la Scuola Libera del Nudo nel 1929, dove conosce Scipione (1904-1933).
Tra Roma e Parigi
Il suo esordio risale al 1931, quando espone alla Prima mostra romana d’arte femminile che si tiene alla Galleria di Roma. In questo periodo, la sua pittura è già fortemente indirizzata verso un espressionismo costruito con un colore denso e acceso. Bidimensionalità e cromatismo espressivo e personale si rafforzano ulteriormente dopo il suo primo viaggio a Parigi.
Giunta nella capitale francese nel 1933, Adriana Pincherle può studiare da vicino le opere di André Derain (1880-1954) e Henri Matisse (1869-1954). Di quest’ultimo la colpisce soprattutto la scelta di un colorismo piatto, privo di sensazioni di profondità ma arricchito da linee arabescate e da suggestioni primitiviste.
Rientrata a Roma nella metà degli anni Trenta, appare decisamente influenzata dall’espressionismo fauve, ma si avvicina anche alla sensibilità di Antonietta Raphaël Mafai (1895-1975).
A completare l’insieme di scambi ed influenze da altri artisti, nel 1934 giunge il momento della conoscenza di Oskar Kokoschka (1886-1980) a Rapallo. Ciò contribuisce a rendere il suo cromatismo espressionista più mosso e tormentato. Sono gli anni delle mostre alla Galleria La Cometa di Roma, insieme alla pittrice Katy Castellucci (1905-1985) ma anche delle sue presenze alle Sindacali e alle Quadriennali romane.
Il trasferimento a Firenze
Nel 1941, dopo aver spostato Onofrio Martinelli (1900-1966), si trasferisce a Firenze, città d’adozione dove rimane fino alla morte. Questo decennio è contraddistinto da una pittura multiforme: l’espressionismo di Adriana Pincherle oscilla tra soluzioni matissiane e neocubiste, in cui permangono le influenze raccolte in seno alla Scuola Romana.
Fondamentale tra gli anni Cinquanta e Sessanta è la ricerca nel campo del ritratto e dell’autoritratto, in cui la pittrice sembra inoltrarsi in una dimensione intima che fluttua alternativamente dalle violente accensioni cromatiche a dipinti più moderati e sereni.
Anche il paesaggio, quello reale e quello della memoria, diviene un fondamentale tema d’indagine della maturità di Adriana Pincherle. Modulato attraverso verosimiglianze e dissolvenze, quasi sfocia in una dimensione astrattista, in linea con le manifestazioni informali degli anni Cinquanta.
Ad ogni modo, rimane sempre quel sottile riferimento alla poetica bidimensionalità matissiana, fatta di vivaci accostamenti tonali e che ritorna soprattutto nelle nature morte. Fino agli anni Settanta, si susseguono le personali della pittrice a Roma, Firenze e Milano, ma anche in America. Muore a Firenze nel 1996, a novant’anni.
Adriana Pincherle: la pittura espressionista negli anni della Scuola Romana
L’espressionismo è il linguaggio che contraddistingue la produzione di Adriana Pincherle sin dagli esordi. Dopo aver partecipato alla sua prima collettiva nel 1931, alla Galleria di Roma, sempre nello stesso anno, è presente alla Mostra d’Arte Regionale Toscana con Carnevale.
Natura morta, Guanto nero e Sulla spiaggia compaiono alla Sindacale del Lazio del 1932, opere che già contengono l’acceso cromatismo che denota la sua poetica, come si legge anche nei due Paesaggi e dal Ritratto esposto alla Quadriennale di Roma del 1935.
Tra gli anni passati a Parigi e quelli trascorsi a Roma al fianco delle pittrici e dei pittori della Scuola romana, si definisce la sua linea stilistica: l’uso di un colore molto carico steso con accostamenti stridenti ed espressionisti. Alterazioni fisiche, bidimensionalità, colore matissiano compaiono nei ritratti e nelle nature morte degli anni Trenta e rendono famose opere come Nudo con scialle, che richiama alla memoria le Odalische di Matisse.
Sono esempio di questo andamento anche le opere esposte alla Galleria del Milione di Milano in una personale del 1937: tra le altre, Fiori e uccelli, San Sebastiano, Autoritratto I, Pagliaccio, Il berretto rosso, Ritratto con scialle, Villa Borghese, Paesaggio autunnale, Pineta e Il fiume. Nel frattempo, si susseguono le personali alla Cometa, prima del trasferimento a Firenze degli anni Quaranta.
Ritratti, nature morte, paesaggi: una ricerca personale attraverso il colore
L’espressionismo a tratti acceso ed energico, a tratti quasi naïf, fa da sostrato ad ogni lavoro di Adriana Pincherle, come si può scorgere anche nell’Autoritratto della Sindacale di Roma del 1940 e dai Fiori esposti a Palazzo Strozzi nel 1941. A causa delle leggi razziali, le presenze pubbliche della pittrice si fanno più rade.
Nel dopoguerra, la sua ricerca riprende il suo vigore, soprattutto nell’esecuzione di ritratti ed autoritratti che testimoniano tutti i suoi sviluppi stilistici. Fino agli anni Sessanta e Settanta, porta avanti un’interpretazione della realtà che rimane sempre profondamente legata al cromatismo e al formalismo espressionista.
Nel dopoguerra, partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia, presentandovi opere come Paesaggio fiorentino, Fiori e foglie e Natura morta con fragole nel 1956. Tra i ritratti da ricordare vi sono quello di Roberto Longhi e di Elsa Morante del 1968, quello di Eugenio Montale del 1970 e del fratello Alberto Moravia del 1978.
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