Adriano Cecioni

Adriano Cecioni. Il Caffè Michelangelo, 1867 ca. Acquarello su carta, 53,5 x 82 cm
Il Caffè Michelangelo, 1867 ca. Tecnica: Acquarello su carta

Biografia

Adriano Cecioni (Fontebuona, 1836 – Firenze, 1886) si iscrive ben presto all’Accademia di Firenze. Studia sotto la guida dello scultore purista Aristodemo Costoli (1803-1871) dal quale poi si allontanerà per aderire pienamente al Verismo.

Si arruola nei bersaglieri toscani e sul campo di battaglia della prima guerra di indipendenza conosce Odoardo Borrani (1833-1905) e Telemaco Signorini (1835-1901).
Nel 1863, grazie all’ottenimento del pensionato, si trasferisce a Napoli dove frequenta l’Accademia e fa parte, insieme a Federico Rossano (1835-1912), Marco De Gregorio (1829-1876), Giuseppe De Nittis (1846-1884) e Antonino Leto (1844-1913), della Scuola di Resina.

Alla fine degli anni Sessanta Adriano Cecioni torna a Firenze e nel 1870 fa un viaggio a Parigi. Due anni più tardi è a Londra dove incontra John Ruskin (1819-1900) e lavora per “Vanity Fair”.
Quando torna a Firenze vive un periodo di ristrettezze economiche e chiede aiuto all’amico Cristiano Banti (1824-1911).

Tra il 1873 e il ’74 dirige insieme a Telemaco Signorini il “Giornale Artistico”. Nel 1884 diventa professore di disegno all’Istituto di Magistero Femminile. Muore due anni dopo durante una festa da ballo a Firenze.

La Scuola di Resina

Quando Adriano Cecioni si trasferisce dalla Toscana a Napoli entra a far parte anche come guida teorica della Scuola di Resina. È sicuramente grazie a lui che la Scuola acquisisce un indirizzo di matrice macchiaiola per superare la precisa calligrafia del realismo palizziano da una parte e la modalità artistica di Domenico Morelli (1826-1901) formata dall’unione tra vero e sentimento dall’altra.

È proprio Cecioni dunque a creare un collegamento tra Napoli e Firenze e ad introdurre De Nittis e Rossano nell’ambiente macchiaiolo al momento del rientro nella sua città.

Adriano Cecioni: Le Opere

La scultura verista

Cecioni è conosciuto soprattutto per la sua opera scultorea. Il saggio conclusivo del suo pensionato napoletano è Il suicida. In esso unisce elementi classici come la tunica e il suo panneggio, l’albero e la parziale nudità del fanciullo a elementi veristi come la tematica, la drammaticità dell’atto e il riferirsi ad una scena della vita quotidiana più dura, proprio come avveniva ad esempio nella scultura ellenista romana della Vecchia ubriaca.

Un anno dopo Adriano Cecioni presenta a Parigi Bambino col gallo. È una scultura in cui un bambinetto piange disperato perché, avendo preso un gallo in braccio, si spaventa per l’improvviso spiegamento delle ali.

Le uniche cose che contano in questa composizione sono il vero e la cosiddetta “sorpresa della natura” teorizzata proprio dall’artista in relazione alla piena adesione alla realtà della vita quotidiana e dei suoi eventi.

Fino ad arrivare poi agli anni Ottanta con La Madre, figura tratta dalle Odi Barbare di Giosuè Carducci e con Incontro per le scale, dove di nuovo emerge l’intima sfera dei gesti semplici e quotidiani.

La pittura verista

L’attività pittorica di Adriano Cecioni è meno conosciuta di quella scultorea. Si sviluppa prevalentemente in area fiorentina a contatto con i Macchiaioli e in particolare durante i soggiorni a Piagentina.

Anche qui, come nelle sculture, si osserva uno stile semplice e molto legato all’atmosfera della vita di tutti i giorni. Ne sono un esempio le famose tele conservate alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma Interno con figura e Il gioco interrotto. La zia Erminia presenta delle evidenti analogie con le coeve opere di Silvestro Lega (1826-1895) e Odoardo Borrani.

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