Afro Basaldella

Biografia

Afro Basaldella (Udine, 1912 – Zurigo, 1976), fratello di Dino (1909-1977) e Mirko (1910-1969), si avvia alla pratica artistica sin dagli anni Venti. Dal 1926, infatti, frequenta il Liceo Artistico di Venezia che termina nel 1931. Ancor prima di prendere il diploma, nel 1928 espone le prime nature morte e i primi paesaggi alla Mostra della Scuola Friulana d’Avanguardia, ad Udine.

Il fertile ambiente artistico romano

Due anni dopo, ottenuta una borsa di studio dalla Fondazione Artistica Marangoni di Udine, Afro decide di recarsi a Roma col fratello Mirko. Qui entrambi entrano in contatto con gli artisti della Scuola Romana, Corrado Cagli (1910-1976), Scipione (1904-1933) e Mario Mafai (1902-1965).

Non molto tempo dopo, si sposta a Milano, dove insieme al fratello, frequenta lo studio di Arturo Martini (1889-1947) ed inizia ad esporre presso la Galleria del Milione.

Il 1934 vede il suo rientro a Roma e un maggiore inserimento nell’ambiente artistico del tempo. Entra nel giro di pittori formato da Giuseppe Capogrossi (1900-1972), Pericle Fazzini (1913-1987) e Renato Guttuso (1911-1987). Ma soprattutto rafforza il suo rapporto con Cagli, con cui collabora nella realizzazione di una serie di dipinti murali.

Sono gli anni in cui Afro Basaldella alterna al tonalismo veneto uno spiccato interesse nei confronti del Neocubismo, dopo essere stato nel 1937 a Parigi. Partecipa alle prime Biennali, e nel ’35 alla Quadriennale romana, per poi tenere la sua prima personale presso la Galleria della Cometa a Roma.

Agli anni Quaranta risalgono le nature morte e i ritratti che lo avvicinano ancora di più al tonalismo veneto. Ma intorno a 1946 il suo accostamento al Neocubismo è ormai evidente: espone una serie di opere aderenti a questo filone nella Galleria dello Zodiaco a Roma.

Gli Stati Uniti

Nel 1950 Afro Basaldella compie un viaggio negli Stati Uniti ed inizia ad esporre nella Catherine Viviano Gallery, con cui collaborerà per molti anni. Il movimentato e fervente ambiente artistico americano degli anni Cinquanta lo condiziona nel profondo. In particolare, trova sintonia con Arshile Gorky (1904-1948), con i suoi gesti automatici sulla tela tradotti in segni astratti.

Nel 1951, tornato a Roma, entra nel Gruppo degli Otto, partecipando con loro a diverse rassegne, tra cui la Biennale di Venezia del 1952. Artista ormai affermato, tra gli anni Cinquanta e Sessanta partecipa alle Ducumenta di Kassel, alle Quadriennali romane e alle Biennali veneziane. Ottiene premi e riconoscimenti ufficiali e le lodi della critica, ormai legato all’Informale.

Nel 1961 James Johnson Sweeney, curatore del Guggenheim di New York, gli dedica una monografia. Le personali in ambito internazionale si susseguono numerose e le partecipazioni alle mostre anche. La sua attività si fa meno intensa all’inizio degli anni Settanta, dopo la morte del fratello Mirko.

Afro inizia a dedicarsi alla grafica e agli arazzi, dopo il suo rientro ad Udine e la creazione del suo studio nel castello di Prempero. Muore a Zurigo nel 1976.

La Scuola Romana

I primi contati a Roma di Afro Basaldella lo fanno inserire naturalmente nell’ambiente della Scuola Romana. Il gruppo, senza un manifesto programmatico, si oppone comunque all’arte di Novecento, esaltando la visione espressionista e profondamente personale dei soggetti rappresentati.

Una sorta di allegoria visionaria permea i dipinti della Scuola Romana, con il loro intenso tonalismo. Così, nei primi anni, Afro aderisce al gruppo realizzando opere energiche sia dal punto di vista tematico che cromatico.

Ne sono esempio Pastorale del 1933, ma anche Natura morta con pesci, Pulcinella, L’ultimo circo, Pittore al cavalletto prime opere esposte alla Galleria del Milione di Milano. Alcune di esse vengono ripresentate alla Quadriennale romana del 1935, mentre la famosa opera Demolizioni risale al 1939.
Appartengono sempre alla metà degli anni Trenta e alla poetica della Scuola Romana Foro romano, Autoritratto, La basilica di Massenzio, Palatino, Seggiolone.

Le decorazioni murali

Forte è l’esperienza di Afro Basaldella nella realizzazione di opere murali. Inizia nel 1936 con la decorazione dell’Opera Nazionale Balilla di Udine che però viene subito demolita perché non aderente agli ideali fascisti. Nel 1937 realizza con Cagli una serie di pannelli con vedute di Roma per l’Esposizione Internazionale di Parigi.

L’anno successivo lavora alle tempere per la sala da pranzo di Casa Cavazzini a Udine e decora la Villa del Profeta a Rodi, con un tonalismo sempre più accentuato e vicino alla tradizione veneta.

Paesaggi, nature morte e ritratti che compaiono nella pittura da cavalletto degli anni Quaranta corrispondono alle opere monumentali per delicatezza cromatica. Nel 1941 esegue i cartoni per i mosaici del Palazzo dei Congressi all’Eur.

Nella metà degli anni Quaranta, l’avvicinamento all’Astrattismo e al Neocubismo si fa più preponderante. Gli impegni decorativi si interrompono per una decina d’anni, poi nel 1958 realizza il murale Il giardino della Speranza per il Palazzo dell’UNESCO a Parigi.

Afro Basaldella: dal Neocubismo all’Astrattismo

La produzione più significativa di Afro Basaldella è quella che parte dall’interessamento al Neocubismo e approda all’Astrattismo. Questo passaggio all’informale inizia intorno alla fine degli anni Quaranta e si fa vivo negli anni Cinquanta. Alla fase Cubista, in cui il segno si fa rigido e geometrico appartengono Il pianeta della fortuna, Giardino d’infanzia, Negro della Louisiana, Les yeux les matrices.

L’importane esperienza in America dell’inizio degli anni Cinquanta fa trasformare in giochi cromatici i segni geometrici di prima. La pittura diviene completamente astratta, anche grazie all’intenso rapporto con Gorky, che lo guida nella ricerca della “sincerità inconsapevole” delle cose.

Tutto questo coesiste nelle opere della metà degli anni Cinquanta in poi. Ne sono esempio La scheggia, Ombra bruciata, Pietra serena, La fabbrica di San Pietro. Si tratta di immagini sospese ed evocative, lontane dalla realtà ma vicinissime allo spazio della memoria e del sogno.

Nel 1968 alla personale presso la Viviano di New York espone La grande clessidra, Viale delle acacie e Il grande nero. Espressioni definitive del passaggio ormai compiuto dalla figura al gesto.

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