Clemente Alberi

Clemente Alberi. Ritratto di signora, 1853. Olio su tela, 114 x 87 cm
Ritratto di signora, 1853 (dettaglio). Olio su tela

Biografia

Clemente Alberi (Bologna, 1803-1864) è figlio di Francesco, uno dei più affermati pittori accademici bolognesi. Francesco ha una grande ascendenza sul figlio che esordisce come pittore a soli vent’anni, con la copia della Comunione di San Girolamo di Agostino Carracci (Bologna, 1557-Parma, 1602).

Insegna fino al 1839 nelle Scuole Comunali di Pesaro per poi ottenere la cattedra di pittura all’Accademia di Bologna, fino al 1860. Clemente Alberi nel corso degli anni si afferma come il maggior pittore accademico e canonico dell’area bolognese. 

È molto ammirato da diversi epigoni come Alessandro Guardassoni (Bologna, 1819-1888), ma anche dal pittore più anziano Giuseppe Bezzuoli (Firenze, 1784-1855).

Formazione nella tradizione bolognese

Durante la formazione all’Accademia di Bologna, sotto la guida del padre, Clemente Alberi studia approfonditamente gli artisti della tradizione bolognese come Guido Reni (1575-1642) o i Carracci.

Le sue prime prove pittoriche sono copie di questi autori o comunque dipinti che richiamano la cultura felsinea. Tra queste opere Pitagora con seguaci determina co’ pesi della bilancia le proporzioni armoniche, per cui riceve il premio dell’Accademia nel 1825.

Influenze artistiche

Importantissimo per la sua formazione è lo scambio continuo con l’ambiente artistico toscano, nell’ambito della pittura di storia e nella pittura celebrativa e ritrattistica.

Nei ritratti degli anni Trenta, come quello della Contessa Giulia Tomani Amiani, in cui emerge una certa rigidità accademica nel solco neoclassico o in quello di Teresa Gavaruzzi, si scorgono le novità toscane apprese anche da Bezzuoli.

L’ “ingrisme”

Le novità riguardano soprattutto quello che viene definito “ingrisme”, ovvero un certo riferimento ai modi pittorici e stilistici di Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 1780, Parigi, 1867) che soggiorna prima a Roma e poi proprio a  Firenze dal 1820 al 1824.

Clemente Alberi: opere

Il ritratto che più aiuta Alberi ad affermarsi nell’ambiente bolognese è quello del Conte Filippo Bentivoglio, dai chiari riferimenti neoclassici. Importante anche il dipinto La scoperta del delitto di caino, saggio assolutamente legato alla cultura settecentesca.

È una rappresentazione che richiama il topos del pathos contenuto, in cui i gesti tragici dei personaggi vengono attentamente calcolati in una sorta di palcoscenico.

I sentimenti sono sì espressi, ma con un contegno esemplare. I corpi e la composizione sono quelli dell’Atalanta e Ippomene di Guido Reni, attentamente studiato da Clemente Alberi negli anni della formazione.

Ritratti e committenze religiose

Negli anni Cinquanta si dedica ad una committenza religiosa, affresca la cappella del Santo in San Domenico di Bologna, brano accademico ampiamente ammirato dai suoi allievi.

Inizia ad avere richieste e committenze dallo zar Nicola I, soprattutto nell’ambito dei ritratti. È proprio in questi anni infatti che i suoi ritratti cominciano a cedere ad un certo naturalismo che inizia a diffondersi a Bologna.
Piano piano il realismo di metà Ottocento eclisserà la figura di Alberi come rappresentate della pittura accademica della città.

Negli ultimi anni si ritira a poco a poco dalla scena pubblica e artistica e contemporaneamente, nel 1860, perde la cattedra di pittura che va ad Antonio Puccinelli (Castelfranco di Sotto, 1822-Firenze, 1897). Muore quattro anni dopo.

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