Sommario
Biografia
Alberto Salietti (Ravenna, 1892 – Chiavari, 1961) nasce in una famiglia di decoratori musivi di Ravenna, per cui viene introdotto allo studio del disegno dal padre. Intenzionato a coltivare la sua attitudine verso l’arte, appena dodicenne, viene mandato a Milano per frequentare il ginnasio e per passare poco dopo all’Accademia di Brera.
Qui, il giovanissimo Alberto Salietti ha come maestri Giuseppe Mentessi (1857-1931) e Cesare Tallone (1853-1919). Terminata l’Accademia poco prima dello scoppio della guerra, inizia a lavorare come disegnatore e illustratore per il “Giornalino della domenica” e per “La Lettura”.
Gli anni Venti
Ben presto, parte per il fronte, momento che rappresenta per lui un momento di riflessione e di maturazione che porta avanti alla fine del conflitto. In effetti, a partire dagli anni Venti, il giovane pittore si fa interprete di un primitivismo lontano da qualsiasi intento imitativo, perché carico di personale lirismo e adesione al vero.
Il riferimento ai maestri del Quattrocento è chiaro, ma non pedissequo. La sensibilità disegnativa e cromatica di Alberto Salietti trova subito un piacevole riscontro da parte della critica, a partire dalla sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia del 1920, cui sarà presente regolarmente fino al 1952.
Il personale e delicato ritorno all’ordine del pittore ravennate è a metà tra la rielaborazione di stilemi protorinascimentali e modernità, in cui il presente si fa vivo tramite lo stretto rapporto che stabilisce con la tradizione dell’Italia contemporanea.
Ben presto, entra a far parte del gruppo Novecento italiano, divenendo addirittura segretario organizzativo per le mostre del 1926 e del 1929 nel Palazzo della Permanente Milano, in cui espone.
La fiorente attività espositiva
Il successo di Alberto Salietti giunge al suo culmine all’inizio degli anni Trenta, in corrispondenza della sua personale alla Galleria Pesaro del 1931. Nel corso del decennio, non si dedica soltanto alla pittura da cavalletto, ma anche alla pittura murale, ritornando in parte alle sue origini di decoratore.
Da punto di vista stilistico, in questo periodo e fino agli anni Quaranta e Cinquanta, la purezza originale di matrice quattrocentesca viene sostituita gradualmente da una semplicità compositiva verista che si rifà soprattutto al vero e al linguaggio postimpressionista e cézanniano.
Frequentando assiduamente la Liguria, comincia anche una cospicua produzione di paesaggi luminosi e ampi. Caratteristici della sua produzione sono poi i dipinti di figura che ritraggono donne italiane in costume tradizionale della propria regione, dalla Sardegna al Lazio, caratterizzate da vibrante cromatismo ma anche da un approccio sempre più convenzionale e meno originale.
Alberto Salietti continua ad esporre fino agli anni Cinquanta, ottenendo anche diversi premi e riconoscimenti. Muore a Chiavari nel 1961, a sessantanove anni.
Alberto Salietti: tra la purezza del Quattrocento e un sincero lirismo compositivo
L’esordio di Alberto Salietti avviene alla Biennale di Venezia del 1920, con Paese, Cortile, Donna che raccoglie le mele e Una madre. Si nota sin da subito l’adesione alla solennità statica del ritorno all’ordine, in un richiamo costante ai pittori del Trecento e del Quattrocento.
Un lirismo di fondo, del tutto personale, si ritrova in gran parte dei dipinti del pittore ravennate, che non cede mai ad una netta imitazione dei maestri del passato, perché accompagna costantemente questo linguaggio ad un sincero riferimento al vero.
Ciò si può notare nel Paesaggio umbro comparso alla Fiorentina Primaverile del 1922, ma anche nelle opere presentate alla Biennale dello stesso anno: Paesaggio ligure, Paesaggio di Valseriana, Ritratto. Un delicato postimpressionismo ben si adagia sulla proposta di ritorno all’ordine di Alberto Salietti, come avviene nell’Interno e in Città della Pieve a Valle del Lamone comparsi alla Biennale di Venezia del 1924.
Due anni dopo vi espone Bambina e Paese, nel 1928 La strada nel bosco, L’aranceto, Viole del pensiero, Bambina dell’Umbria, Mattino di primavera in Liguria, Figura seduta e Donna con scialle, che presenta un sensibile e vibrante andamento arcaico.
I riferimenti al postimpressionismo
Intorno agli anni Trenta, il cromatismo solenne e statico della prima fase si modifica gradualmente, per rivisitare con serenità la pennellata più sintetica del postimpressionismo cézanniano. Questo già si riscontra nella Ragazza che legge della Biennale di Venezia del 1930 e nella personale alla Galleria Pesaro del 1931, in cui espone Fanciulla dal fiore e Paesaggio della Riviera ligure, tra le altre opere.
Nel 1933 realizza la pittura murale La vendemmia per la Triennale di Milano e affresca il Palazzo di Giustizia con La Giustizia. La tradizione del costume italiano emerge tra gli interessi di Alberto Salietti, come si nota da Testa di Ragazza presentata alla Quadriennale di Roma del 1931.
L’anno successivo tiene una personale alla Biennale veneziana, in cui presenta più di trenta opere, tra cui Nudo, Riviera di Levante, Le amiche, Il salotto, Stradina di campagna a Chiavari, Ragazzo con cappello, Rose di maggio, Nudo di schiena e Ritorno dalla fonte.
La bellissima Donna di Sardegna compare alla Quadriennale romana del 1935, insieme a Maria Rosa, Cestino di funghi, Natura morta con le gardenie. Alla successiva Quadriennale tiene la sua ultima, importante personale, in cui espone Donna di Paestum, Matilde, Campagna di Chiavari, Domenica pomeriggio, Strada di Rapallo, Veduta di Setri Levante.
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