Antonio Ambrogio Alciati

Antonio Ambrogio Alciati. Armonie (dettaglio).Tecnica: Olio su Tela
Armonie (dettaglio).Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Antonio Ambrogio Alciati (Vercelli, 1878 – Milano, 1929), orfano di padre, viene cresciuto dalla madre, pittrice di insegne ed ex voto, tra difficoltà e stenti. Vive nell’ospizio dei poveri di Vercelli, dove sin da bambino inizia a dimostrare doti artistiche. Terminate infatti le scuole elementari, di mattina lavora come decoratore e la sera frequenta i corsi dell’Istituto di Belle Arti di Vercelli.

Qui studia sotto la guida di Carlo Costa (1826-1897) che, dopo aver notato le capacità pittoriche del ragazzo, lo aiuta ad iscriversi ai corsi diurni. Si specializza ben presto nel ritratto e ottiene una borsa di studio che, nel 1897, gli permette di trasferirsi a Milano per studiare presso l’Accademia di Brera.

Successo a Milano

I suoi maestri Cesare Tallone (1853-1919), Vespasiano Bignami (1841-1929) e Giuseppe Mentessi (1857-1931) lo incoraggiano nella pratica del ritratto. L’artista comincia a seguire i modi scapigliati di Tranquillo Cremona (1837-1878) e la pennellata vaporosa, quasi evanescente di Eugène Carrière (1849-1906). I ritratti di questo periodo risultano sfumati, dissolti e basati essenzialmente su toni scuri.

Nel 1901, appena ventunenne, vince il premio Baruffi, mentre nel 1906 il premio Gavazzi. Ormai è apprezzato dalla critica e partecipa regolarmente alle mostre milanesi, ma anche a numerose Biennali di Venezia tra il 1907 e il 1920.

Dall’utilizzo di toni scuri e dissolti, passa, in un secondo momento, ad una costruzione più presente e plastica, pur non abbandonando mai l’aura di mistero e di evanescenza chiaroscurale che circonda le figure rappresentate. Ai ritratti Antonio Ambrogio Alciati accompagna dipinti di figura e di genere che spesso rappresentano donne dell’alta società impegnate nelle loro attività mondane, sempre permeate da un senso di decadenza e lascivia scapigliata.

Decorazioni di edifici e l’insegnamento

Dal 1910 ritorna esclusivamente al ritratto femminile, dando alla sua tavolozza uno slancio cromatico e luminoso finora assente: si avvicina al linguaggio di Giovanni Boldini (1842-1931). Nel 1920 ottiene la cattedra di Pittura e Disegno del Nudo presso l’Accademia di Brera, ricoprendo questo ruolo fino alla morte.

Contemporaneamente, ritorna alla decorazione di interni: si occupa di una serie di edifici sul Lago di Como e a Milano, ma anche di una serie di chiese piemontesi e lombarde. Nel 1924 sposa Raffaella di Malta, da cui ha una figlia: passa gli ultimi anni a ritrarre le donne dell’alta società milanese e la sua famiglia, in intimi ed emozionanti dipinti. Muore a Milano nel 1929.

Ritratti di matrice scapigliata: una tavolozza scura

Notato già a Vercelli da Costa, quando realizza alcuni ritratti come quello del Re Umberto I e quello di Carlo Costa stesso, Antonio Ambrogio Alciati si mostra realmente al pubblico solo al suo arrivo a Milano. Nel 1905, alla Permanente espone Mia madre, un ritratto dall’evidente tono sentimentale che dà vita ad una serie di prove simili.

Si concentra infatti su una poetica degli affetti che pervade ritratti intimi e delicati, dalla pennellata sfuggente e appena accennata. Alla Mostra di Milano del 1906 espone un’Annunciazione, ispirata ai modelli segantiniani e un Ritratto, vincendo il Premio Gavazzi.

La critica comincia a notarlo seriamente, soprattutto quando, alla Biennale del 1907 presenta l’oscuro e simbolico Spasimo. Una pennellata dinamica che si esprime con una tavolozza sui toni del verde scuro e del giallo acido sembra rappresentare una dimensione onirica.

Alla Biennale del 1909 espone La nonna ammalata, mentre La pace perduta compare alla Biennale del 191. Autoritratto, Signora con cane e Signora con ventaglio a quella del 1920.
Da questi ultimi dipinti si intuisce l’inversione di rotta della pittura di Antonio Ambrogio Alciati: passa dai toni scuri e drammatici di composizioni come I minatori, duro sguardo sulla questione sociale, a ritratti squisitamente mondani.

Antonio Ambrogio Alciati: le figure muliebri e una tavolozza più luminosa

Il passaggio ad un ritratto sentimentale, più leggero e meno dilaniante dei precedenti si verifica a partire dagli anni Dieci. All’Esposizione internazionale di Roma del 1911 presenta Ritratto di Maria Luisa Pirotta, quello della Signora Guscetti e nel 1912 Lo scialle.

Già dai titoli si evince la scelta di una tematica più mondana che si avvicina al linguaggio boldiniano o di John Singer Sargent (1856-1925). Nel 1914 Antonio Ambrogio Alciati vince il Premio Principe Umberto con il ritratto della Signorina Ada Luisa Binda.

Allo stesso filone appartengono Donna sul sofà, Cappello nero, Armonie, La mammina, La gondola. Negli ultimi anni si dedica anche a delicati paesaggi denotati da una grande armonia cromatica e luministica.

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