Sommario
Biografia
Alfredo Ravasco (Genova, 1873 – Ghiffa, 1958), orafo, si forma prima nella bottega di suo padre a Genova, poi si trasferisce a Milano per frequentare l’Accademia di Brera, dove è allievo dello scultore e cesellatore Eugenio Bellosio (1847-1927).
Già dalla fine dell’Ottocento inizia la sua brillante carriera di scultore, orafo ed argentiere, nobilitando il ruolo secondario che spesso veniva attribuito alle arti applicate. A partire dal 1906, partecipa alle esposizioni milanesi, per poi prendere parte alle più importanti rassegne italiane, tra cui la Biennale di Arti Decorative di Monza, la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano.
La nobilitazione delle arti applicate
Alle esposizioni, tra le opere d’arte più consuete, si fanno largo gli oggetti di oreficeria e di arredo di Alfredo Ravasco: coppe, piccoli scrigni e scatoline, bibelots di ogni genere, in cui unisce sapientemente diversi materiali, come l’argento, lo smalto, la malachite, l’avorio, i lapislazzuli e i rubini, per dare vita a preziosi pezzi d’arredo.
Roberto Papini, commentando su “Emporium” le opere esposte alla Triennale di Milano del 1933, parla dell’artista come «l’unico orafo italiano che mantenga viva la fiamma dell’arte sulla traccia dei nostri maggiori del Cinquecento e continui a ricercare, ad accordare materie preziose e colori e forme mentre tutti gli altri si gingillano nell’imitazione delle mode che vengono da Parigi».
Abile nella lavorazione di piccoli e raffinati coralli, esposti anche nella stessa Triennale milanese, Alfredo Ravasco è impegnato, sin dal 1925, nella direzione della Scuola del Corallo di Torre del Greco. Si occupa poi di alcuni restauri, come quello dell’Altare di Vuolvinio nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano.
Tra oreficeria e collezionismo
Come orafo e scultore, continua a lavorare fino al secondo dopoguerra, restando sempre fedele ad una lavorazione raffinata e preziosa, in cui sono evidenti sensazioni volumetriche e plastiche, soprattutto nei piccoli soggetti animalier o floreali applicati agli oggetti d’arredo, seguendo uno stile sobrio e brioso allo stesso tempo.
Da questo punto di vista, Alfredo Ravasco appare più interessato alla sostanza naturalistica che a quella decorativa, divenendo uno dei principali protagonisti dell’oreficeria moderna. La leggerezza di tocco, la sottigliezza decorativa, la lavorazione impeccabile e la freschezza compositiva accompagnano l’artista fino agli ultimi anni di attività.
Non soltanto orafo, ma anche collezionista, nella sua villa di Ghiffa, sul Lago Maggiore, nel corso della sua vita, raccoglie una vasta serie di opere, soprattutto della Scapigliatura e del Divisionismo italiani. Comparivano, nella sua collezione, opere di artisti come Federico Faruffini (1833-1869) e Angelo Morbelli (1853-1919). Muore nella sua villa nel 1958, ad ottantacinque anni.
Alfredo Ravasco: l’oreficeria moderna, tra preziosismo materico e naturalismo
L’arte orafa di Alfredo Ravasco si sprigiona nel particolare accostamento di materiali e tecniche, che rendono le sue opere piccoli oggetti preziosi e raffinati. Nel 1925, tiene una personale con più di trenta pezzi, tra suppellettili, scatoline, trousse, portasigari, gioielli e bibelots, alla Galleria Pesaro di Milano, dal titolo “L’arte decorativa moderna di Alfredo Ravasco”.
Tra gli oggetti in mostra vi sono un Braccialetto rigido, fascia in brillanti, piccoli motivi mezze lune in zaffiri, una Trousse in smalto nero e verde con fiocco in perle e smeraldi, un Pettine in tartaruga, un Portasigarette in onice, con motivo in brillanti e corallo, una Scatola in avorio con motivo di scarabeo di giada e un pendente a goccia di smeraldo ed infine, un Bibelot con base in malachite, smeraldo e cariatidi cesellate in oro e coppa con fiori e frutti in perle e brillanti.
Soprattutto in quest’ultima opera di percepisce la perizia artigianale e tecnica di Alfredo Ravasco, non solo in qualità di orafo, ma anche di scultore e cesellatore. Il pregio e la ricercatezza del bibelot stanno nell’uso e nella sapiente unione di materiali diversi, incastonati l’un l’altro offrendo una visione che ci riporta alla maestria di Benvenuto Cellini, grazie ai riferimenti allegorici, alla composizione calibrata e all’esaltazione del materiale attraverso l’ingegnosità tecnica.
Pietre dure, oro e argento si uniscono dando vita ad oggetti e suppellettili decorate con motivi naturalistici, come ben si nota anche dalle opere esposte nella sua sala personale alla Biennale di Venezia del 1930 e poi del 1936: una Scatola in agata erbata, due Coppe in argento dorato e lapislazzuli, un Calice in argento dorato, smalto, topazio inciso, rubini e smeraldi e un Centro tavola in cristallo di rocca con corallo inciso, smalto e rubini cabochons.
Quotazioni Alfredo Ravasco
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