Aligi Sassu

Biografia

Aligi Sassu (Milano, 1902 – Pollença, 2000) nasce a Milano da una famiglia di Sassari. Nel 1921, quando Aligi ha diciannove anni, si trasferisce con la famiglia a Thiesi, in Sardegna, e vi rimane per tre anni.

Si tratta di un periodo fondamentale per la sua crescita personale ed artistica, dato che è proprio in questi tre anni che si appassiona alla pittura e al paesaggio sardo, con i suoi cavalli.

Rientrato a Milano nel 1924, si avvicina al gruppo dei Futuristi, anche se già precedentemente, suo padre Antonio Sassu, uno dei fondatori del Partito Socialista di Sassari, lo aveva presentato al suo amico Carlo Carrà (1881-1966) in occasione della Mostra Futurista a Palazzo Cova del 1919.

L’ambiente artistico milanese

Nel 1925, inizia a lavorare come litografo in un’officina milanese, esperienza che lo avvicina ancor di più al disegno e alla pittura. Poco dopo, ha l’occasione di conoscere, insieme a Bruno Munari (1907-1998), Filippo Tommaso Marinetti, che li considera due promesse della pittura italiana e li invita ad esporre alla Biennale di Venezia del 1928.

Dal 1929 inizia a frequentare l’Accademia di Brera, ma la lasica dopo due anni per difficoltà economiche. Così, decide di prendere parte ai corsi dell’Accademia Libera creata da Barbaroux, direttore della Galleria di Milano che permette agli artisti di frequentarla in cambio di un quadro al mese.

Dopo la prima fase di influenza futurista, Aligi Sassu, a cominciare dagli anni Trenta, dà vita ad un espressionismo tenace e ruvido, che da una parte mostra uno spiccato primitivismo, dall’altra guarda alle figure tormentate di Scipione (1904-1933). Dopo aver esposto alla Galleria del Milione del 1932, nel 1934 decide di compiere un viaggio a Parigi per ampliare la sua formazione.

L’antifascismo e “Corrente”

Qui, studia l’Espressionismo matissiano, ma anche e soprattutto i grandi autori dell’Ottocento francese. Durante il soggiorno, conosce Lionello Venturi, uno dei pochi professori italiani a non aver appoggiato ufficialmente il fascismo.

È proprio in questo momento, dunque, che inizia l’attività politica di Aligi Sassu, che si dichiara apertamente antifascista e, rientrato in Italia, viene arrestato nel 1937 insieme a Carlo Levi (1902-1975) e a Renato Birolli (1905-1959).

L’anno successivo, inizia a contribuire alla rivista “Corrente”, fondata da Ernesto Treccani (1920-2009) nel 1938 con il nome di “Corrente di Vita giovanile”. Inizialmente il periodico sembrava appoggiare gli slogan mussoliniani, per poi piano piano apparire sempre più fermamente antifascista, proprio grazie ai contributi di artisti come Aligi Sassu, Birolli, Emilio Vedova (1919-2006) e Mario Mafai (1902-1965).

Durante la guerra, partecipa alla resistenza, collaborando con i partigiani sul Lago d’Iseo. Dopo la guerra, rientra a Milano e poi si trasferisce vicino Varese, dove lavora soprattutto a dipinti di matrice sacra e a scene di caffè, memoria della sua esperienza parigina. Dopodiché, si trasferisce ad Albisola, dove lavora insieme a Lucio Fontana (1899-1968) nella manifattura di ceramiche di Mazzotti.

Tra Spagna e Italia

Nel 1954, proprio in compagnia di Mazzotti, il pittore milanese compie un viaggio a Vallaurius, dove ha modo di conoscere Picasso. Continua a lavorare alle ceramiche, affrontando gli stessi temi pittorici: conversazioni al caffè, i cavalli, le crocifissioni, scenari di guerra, attraverso colori accesi ed espressivi, in un plasticismo tormentato e vivido.

Dagli anni Sessanta inizia a lavorare anche come scenografo e nel 1964 si trasferisce a Maiorca, dove ha modo di rendere ancora più infuocata la sua tavolozza, assecondando i colori dell’isola.

Qui, come ci suggerisce Dino Buzzati, vive una seconda giovinezza e lavora a soggetti naturalistici e mitologici, senza sosta, ancora e sempre più espressionista.

Non cede all’informale, anzi, pratica il mosaico e l’affresco, chiamato a decorare chiese per tutti gli anni Settanta. Nel corso della sua lunghissima carriera, il pittore tiene numerose personali in Italia e all’estero, ormai riconosciuto in tutto il mondo. Tra le antologiche più importanti è da segnalare quella a Palazzo dei Diamanti a Ferrara del 1984.

Nel 1996 nasce la Fondazione Aligi Sassu a Lugano, dopo una cospicua donazione di opere da parte dell’autore, realizzate a partire dal 1927. Dopo la grandiosa personale a Palazzo Strozzi del 1999, l’artista muore nella sua casa di Pollença, a Maiorca, nel 2000, a novantotto anni.

Aligi Sassu: dalle prime esperienze futuriste all’Espressionismo

L’esperienza di Aligi Sassu come pittore futurista è brevissima ma altrettanto importante ed intensa. Opera un sintetismo meccanico e quasi robotico, in moltissimi studi su carta realizzati tra il 1927 e il 1928, accanto all’amico Munari. Risalgono a questo periodo opere come Dinamismo di un robot, Motociclista, Gli sciatori e Auto in corsa.

Ma soprattutto sono da ricordare, di questa fase, i dipinti accesi e vitali, proposti alla Biennale del 1929, su invito di Marinetti, Nudo plastico e L’uomo che si abbevera alla sorgente. Nel 1929 illustra il testo di Marinetti Mafarka il futurista, in cui sembra ritornare a quel dinamismo futurista degli inizi, boccioniano.

Nel 1930 avviene il suo definitivo allontanamento dal Futurismo e l’inizio dell’avventura espressionista. Inizialmente la sua è una pittura primitivista, che guarda soprattutto ai suoi amati modelli Masolino e Beato Angelico.

È il periodo dei Ciclisti, immagini vere e dal cromatismo acceso, e anche dei dipinti a tema sacro, come dimostra la Resurrezione di Cristo presentata alla Sindacale fiorentina del 1933. E poi, il ciclo degli Uomini rossi, che portano una consapevolezza antropologica e allo stesso tempo aliena dalla realtà.

Contraddistinti da un rosso acceso ed energico, sono stati visti da Renato Barilli come pedine di una scacchiera, ma anche come “watussi”, uomini magici e allungati, quasi presenze estranee al mondo.

È dunque a questo punto che l’espressionismo di Aligi Sassu raggiunge il suo culmine, arrivando ad una sorta di lirismo visionario che continuerà per molti altri anni, anche attraverso rappresentazioni mitologiche che reinterpretano la cultura classica in maniera visionaria e fantastica, basti pensare al ciclo delle battaglie di cavalli o a dipinti come Gli Argonauti in Colchide del 1935.

Nel 1940, al Premio Bergamo espone Sortita di cavalli veneti a Famagosta, a quello del 1941 presenta Studio di caffè. Per tutta la sua carriera, tra rappresentazioni realistiche ed espressioniste nella sua amata Spagna, l’artista lavora ad opere a sfondo sociale.

Esse appaiono intrise di identità politica antifascista, fino alla composizione dello straziante Martiri di piazzale Loreto del 1944. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta lavora ai cicli delle Tauromachie, tra mito e realtà.

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