Edina Altara

Edina Altara. Sulla Strada di Tonara, 1917. Tecnica: Collage di Carte Colorate
Sulla Strada di Tonara, 1917. Tecnica: Collage di Carte Colorate

Biografia

Edina Altara (Sassari, 1898 – Lanusei, 1983) figlia di un oculista, cresce a Sassari, città che piano piano, grazie alla figura del pittore Giuseppe Biasi (1885-1945), sta facendo conoscere la propria identità etnografica al mondo.

Ed è proprio seguendo l’esempio di questo artista sassarese come lei che Edina Altara, appena quindicenne, mentre Biasi ottiene un grande successo alla Secessione romana del 1913, comincia ad avvicinarsi all’arte.

Il suo approccio iniziale è estremamente creativo: dà alla luce piccole figure di carta e fili, che fungono da modellini di moda. Le bamboline di carta, realizzate con la tecnica del collage, colpiscono subito Biasi, che invita la giovane artista ad esporre a Sassari nel 1916, in occasione della Mostra della Mobilitazione Civile.

Tra la pittura e il giocattolo come forma d’arte

I soggetti prediletti di Edina Altara, sin da subito, sono le scene folkloriche sarde, he raffigurano prevalentemente donne intente nelle loro attività quotidiane e avvolte nei colorati e ampi vestiti tradizionali.

Le sue opere, piccoli mondi di carta che richiamano un universo favolistico ed infantile, suscitano subito meraviglia agli occhi della critica, in particolare di Raffaello Giolli, tanto che inizia anche a costruire figurine tridimensionali di cartone.

Alla Mostra Campionaria del Giocattolo, tenutasi a Milano nel 1916, l’artista ottiene la medaglia d’argento grazie ai suoi delicati giocattoli di cartone. L’anno successivo, espone alla Mostra Sarda al Caffè Cova, invitata da Biasi, l’organizzatore dell’esposizione.

Vi presenta una serie di collages di carta colorata, che già mostrano l’indirizzo stilistico di Edina Altara, pienamente corrispondente alle tendenze secessioniste, data la scelta di un cromatismo bidimensionale e di una linea sinuosa e decorativa, che conduce ad una essenziale stilizzazione delle forme.

L’attività illustrativa

A questo punto, le immagini evocative ed eleganti dell’artista sarda cominciano a comparire tra le pagine delle riviste del tempo, tra cui “Pagine d’Arte”, in cui riesce nell’intento di portare il costume tradizionale sardo, ma soprattutto la donna sarda all’attenzione nazionale.

Lavora poi alle copertine di diversi numeri di “Il giornalino” e di “Cuor d’oro”. A questo punto, all’inizio degli anni Venti, il tratto disegnativo di Edina Altara è giunto a maturazione si nutre anche di alcune novità introdotte dal ritorno all’ordine.

Pur mantenendo un cromatismo piatto e decorativo, sfrutta un certo ritorno al primitivismo per le sue figure tradizionali e regionali, elemento che intensificherà ancor di più con il trasferimento in Piemonte e poi a Milano, in seguito al matrimonio con il pittore Vittorio Accornero De Testa (1896-1982).

Negli anni Trenta, l’attività di Edina Altara si concentra soprattutto sulla progettazione di modelli di moda, sulla creazione di calendarietti per case di cosmesi, da vendere insieme ai prodotti, ma anche sulla decorazione della ceramica.

Gli ultimi anni

Il suo successo iniziale si smorza piano piano, sia perché inizia a lavorare con il marito, quasi rendendosi impersonale, sia perché ormai la critica è immersa negli sviluppi di Novecento. Gli ultimi anni sono caratterizzati quindi da una quasi completa deviazione nell’ambito decorativo, che suscitano le critiche di Cipriano Efisio Oppo (1891-1962), avverso all’arte puramente decorativa.

Tra il 1943 e il 1944 collabora invece con l’architetto Gio Ponti (1891-1979), che la stima molto, illustrando la sua rivista “Bellezza”. Mentre nel decennio successivo, realizza una serie di decorazioni in una casa da lui progettata a Milano, a tema fantastico e mitologico e i pannelli del Transatlantico Conte Biancamano.

L’attività di Edina Altara si riduce progressivamente all’illustrazione di libri per bambini e alla creazione di motivi per foulard e capi d’abbigliamento femminili. Muore a Sassari nel 1983, ad ottantacinque anni.

Edina Altara: il decorativismo e la tradizione sarda

Tra le prime mostre cui partecipa Edina Altara vi è quella del Caffè Cova a Milano, in cui espone alcuni collages di carta, tra cui Nella terra degli intrepidi, Sa Furistera e Santa di casa. Si tratta di immagini evocative e decorative allo stesso tempo, che tengono sicuramente conto della linea secessionista di Giuseppe Biasi.

Tra le rappresentazioni più significative di questi primi anni di attività vi è l’opera S’isposa del 1919, un collage di carte colorate che mostra una figura femminile stilizzata e caratterizzata da una linea decorativa e affusolata.

Tra i suoi soggetti più importanti vi sono donne sarde che cuciono, che si occupano del bucato, che camminano con i caratteristici cesti in testa. La sua abilità principale è stata quella di elevare il costume sardo ad un vero e proprio gusto alla moda, come mostrano anche La bella sciocca, collage degli anni Dieci e La sposa, dell’inizio degli anni Venti.

Già in quest’ultima opera si nota un passaggio ad un formalismo essenziale e primitivista, in cui semplici campiture di colore si affiancano, abbandonando in un certo senso, la linea secessionista iniziale.

Più o meno su questa direzione nascono tutte le opere degli anni Venti e Trenta, che raffigurano una Sardegna folklorica, affascinante e misterica, che verrà mostrata da Edina Altara anche nella sua produzione grafica e di arte applicata.

Nel 1933 compare alla Mostra Sindacale torinese con alcuni dipinti, tra cui La famiglia, Annunciazione, La donna del cieco, Adamo ed Eva e Le tre Grazie.

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