Annibale Carracci

Annibale Carracci. Deposizione. Tecnica: Olio su tela
Deposizione. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Annibale Carracci (Bologna, 1560 – Roma, 1609) si forma con suo fratello Agostino (1557-1602) nella bottega del cugino Ludovico (1555-1619). I tre, pur lavorando insieme e apportando nella pittura emiliana una serie di novità rivoluzionarie, hanno saputo manifestare le rispettive peculiarità, sempre tenendo presente il riferimento al vero.

Tra le prime opere di Annibale Carracci vi sono delle nature morte che denunciano la vicinanza alla pittura popolare di Bartolomeo Passarotti (1529-1592), ma senza intento caricaturale.

Annibale Carracci: una sensibilità, tra classicismo e naturalismo

La chiave naturalistica che traspare dalla Macelleria del 1583, conservata al Kimbell Art Museum trasmette la piena adesione ai modi del verismo lombardo del tardo Cinquecento.

Gli zii dei Carracci erano macellai, quindi è un soggetto che il pittore affronta a diverse riprese, senza mai cadere nell’aneddotico. La chiave burlesca di Passarotti viene sostituita da un intento verista di sobrietà e ordine che lo allontana anche dalle nature morte o dalle bambocciate fiamminghe.

Sin ai suoi esordi, quindi, Annibale rivela una sensibilità del tutto personale: allontanandosi dal freddo manierismo, si avvicina alle formule più coinvolgenti dei veneti Tiziano e Veronese, ma allo stesso tempo mostra anche l’influenza di Correggio, dopo un viaggio tra il Veneto e Parma nel 1585.

In questa fase, molti sono i dipinti che provengono dal linguaggio del caldo colorismo veneto di Veronese o Bassano, come Venere e Adone del Prado o la Madonna con san Luca e santa Caterina del Louvre.

L’Accademia degli Incamminati e il trasferimento a Roma

Intorno al 1582, insieme al fratello e al cugino, fonda l’Accademia degli Incamminati, che risulta rivoluzionaria a livello didattico e pittorico, visto che incoraggiava la pittura dal modello naturale.

All’inizio degli anni Novanta si datano i primi soggiorni a Roma, mentre ancora si sta occupando della decorazione di palazzo Magnani a Bologna. Il suo definitivo trasferimento nella città papalina avviene nel 1595.

Lo stretto rapporto con il cardinale Odoardo Farnese segna fortemente l’esperienza romana di Annibale Carracci. Ospitato in palazzo Farnese, si occupa subito della decorazione del camerino con le Virtù di Odoardo Farnese. Nel momento in cui Caravaggio (1571-1610) a Roma rappresentava l’estrema adesione alla natura più tangibile, Carracci era il punto di riferimento di un nuovo accademismo vivace e ideale.

Nel camerino di Odoardo, con al centro L’Ercole al bivio, un’opera ancora giovanile, il colorismo veneto ed emiliano si unisce al tratto disegnativo che il pittore studia da Michelangelo. Questa perfetta sintesi confluisce e matura definitivamente nella decorazione della volta della Galleria, eseguita insieme al fratello Agostino.

La volta della Galleria Farnese

Gli affreschi, eseguiti tra il 1597 e il 1600, rappresentano il vertice più alto della pittura di Annibale Carracci, insieme ai lunettoni della Galleria Doria Pamphilij. Nella volta della Galleria si ritrova la perfetta estrinsecazione della teoria degli affetti, ma anche una sottile linea di confine tra finzione e verità.

Le tonalità chiare di Veronese si uniscono allo sfumato tizianesco, il disegno di Michelangelo alle delicatezze di Raffaello, generando una fantasia compositiva che ci conduce alle soglie del Barocco. Toni coinvolgenti, finte architetture, illusione, narrazione, sorpresa si impostano ancora su un linguaggio classicista che però prelude a quello Barocco, come si nota nel riquadro centrale con il Trionfo di Bacco e Arianna.

Decisivo trionfo della pittura

Le rievocazioni della cappella Sistina e della volta raffaellesca della Farnesina sono evidenti, ma con un apporto del tutto nuovo e originale, animato dal decisivo trionfo della pittura e dell’arte come illusione e mimesis. Non da ultimo, emerge l’elemento fondamentale dell’ut pictura poësis, in cui già si intravede il gusto del meraviglioso tipico del Seicento.

Il trionfo dell’Amore, argomento princeps della composizione, si unisce quindi alla fantasia creatrice, alla celebrazione della composizione, al manifesto di una nuova pittura.

Negli anni romani, Annibale esegue anche la famosa Pietà conservata al Museo di Capodimonte di Napoli. Dipinto che colpì fortemente Pietro Bellori, con la sua ricchezza cromatica data dall’equilibrio chiaroscurale, trasmette il tragico sentimento della Vergine che piange il figlio: espressione e classicismo delle pose si uniscono in un capolavoro immerso in un notturno emozionante, simbolo del dolore.

Le lunette Aldobrandini

L’inizio del Seicento segna anche la committenza delle lunette Aldobrandini. La fuga in Egitto e la Deposizione sono i soggetti di queste cruciali opere che forniscono la base di tutto il successivo sviluppo del paesaggio “ideale” seicentesco.

Le figurine sono immerse nella natura, nell’atmosfera circostante. Idillio ed elegia, storia e natura si uniscono in due brani unici. Nel 1605, il pittore comincia ad avere disturbi mentali, forse dovuti alla delusione per il compenso degli affreschi nel palazzo Farnese.

Si ammala gravemente negli anni successivi e gran parte delle ultime opere viene eseguita nella sua bottega dai discepoli, tra cui Francesco Albani (1578-1660), che lo affianca nella decorazione di San Giacomo degli Spagnoli. Muore a Roma nel 1609.

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