Franco Asco: quotazioni, vita e opere dello scultore

Franco Asco. Homo, 1928. (Dettaglio). Tecnica: Marmo
Homo, 1928. (Dettaglio). Tecnica: Marmo

Quotazioni e valutazione Franco Asco

Tipologia opere Periodo Quotazione
Sculture in bronzo e marmo anni Trenta e Quaranta  dai 1.500 ai 5.000 euro con picchi più alti per opere eccezionali
Sculture in bronzo e marmo Maturità (di sapore espressionista o astrattista) intorno ai 1.000/2.000 euro o oltre a seconda della dimensione
Sculture in gesso dagli anni Trenta agli anni Sessanta dai 200 euro ai 500 euro
Disegni e tele astratte Maturità e anni Sessanta dai 20 ai 100 euro

In media le sue sculture in marmo e in bronzo degli anni Trenta e Quaranta, quelle legate al gusto secessionista e al ritorno all’ordine, sono quotate tra i 1.500 e i 5.000 euro; le sculture in gesso tra i 200 e i 500 euro

Poco interesse per i disegni e per le tarde tele astratte che hanno quotazioni tra i 20 e i 100 euro laddove disponibili.
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Biografia di Franco Asco: vita e storia dello scultore

Franco Asco (Trieste, 1899 – Milano, 1970) nasce a Trieste da madre polacca: il suo vero cognome è infatti Atschko, trasformato nell’italiano Asco solamente nel 1929, in età fascista. La sua prima formazione avviene a Trieste, ospitato nella Pia Casa dei Poveri, data l’impossibilità economica della madre di dare un’istruzione adeguata al figlio.

In seguito, viste le sue ottime doti di modellatore, notate dal direttore della Casa, riesce a spostarsi all’Accademia di Vienna, poi a quella di Venezia. Completa i suoi studi a Roma, dove giunge negli anni iniziali della dittatura fascista.

L’attività scultorea a Trieste

Ben presto, però, Franco Asco rientra a Trieste, dove avviene il suo esordio come scultore di opere religiose, di monumenti funebri e di ritratti. La scultura dell’artista triestino appare sin da subito permeata da uno stile asciutto e severo, che coniuga sapientemente la severitas della scultura repubblicana romana, con gli stilemi del simbolismo di ambito secessionista.

A Trieste, il suo lavoro si affianca a quello del più giovane artista e allievo nel suo studio Marcello Mascherini (1906-1983), con cui realizza numerose opere, tra cui i ritratti dei giuristi romani del Palazzo di Giustizia di Trieste. Esordisce nella sua città nel 1923, mentre nel 1926 prende parte per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove ritorna nel 1930 e nel 1932.

Il trasferimento a Milano e gli ultimi anni

Risale al 1933 il trasferimento di Franco Asco a Milano, dove stabilisce la sua dimora e il suo studio. A questo punto, diviene uno dei principali esecutori delle sculture del Cimitero Monumentale di Milano, dopo l’esperienza già maturata nel cimitero di Sant’Anna a Trieste e nella realizzazione di diverse opere funerarie, come il sepolcro per il musicista triestino Eugenio Visnoviz.

Nel 1937, tiene una prestigiosa personale alla Galleria Pesaro di Milano, mentre è di nuovo alla Biennale di Venezia nel 1941. Artista pressoché isolato e lontano da qualsiasi corrente ufficiale o sodalizio artistico, nel dopoguerra si ritira nella sua casa milanese, partecipando sempre meno alle esposizioni. Muore a Milano, ormai totalmente lontano dai riflettori della critica, nel 1970, a settantuno anni.

Franco Asco: una scultura severa e asciutta

Ancora molto giovane, Franco Asco realizza un ritratto di Francesco Giuseppe che convince il direttore della Pia Casa dei Poveri a finanziargli gli studi a Vienna e poi a Firenze. Nel contesto internazionale, si adegua agli stilemi della Secessione viennese, da cui prende la lavorazione spigolosa e levigata del marmo, che lo assimila allo stile di Adolfo Wildt (1868-1931).

La sua scultura si anima, a questo punto, di un simbolismo drammatico e a tratti angoscioso che impiega principalmente nell’esecuzione di sculture funerarie a Trieste. Realizza, infatti, il portale del cimitero di Sant’Anna e soprattutto alcuni monumenti sepolcrali per numerose famiglie locali.

Figure di martiri

La scultura di Franco Asco presenta tratti asciutti e severi, spesso utilizzati nella definizione fantasmatica o sofferente di figure di martiri o dei busti degli apostoli dell’Ultima cena, disposti, come unità separate ed espressive, attorno alla solenne e primitiva figura di Cristo, dal volto allungato e spigoloso.

Donna compare alla Biennale di Venezia del 1930, Figura decorativa a quella del 1932, dove già il suo rigore compositivo si accorda perfettamente agli stilemi del ritorno all’ordine. Nel dopoguerra, esegue la statua della Vergine dorata da porre sulla sommità della colonna di Piazza Garibaldi a Trieste.

Nel Museo Revoltella, è conservata la suggestiva testa dell’apostolo Giovanni dell’Ultima cena, che, disperato e colpito dall’annuncio di Gesù, si copre il volto con le mani.

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