Benedetta Cappa Marinetti

Benedetta Cappa Marinetti. Cime Arse di Solitudine, 1936 (Dettaglio). Tecnica: Olio su tela, 130,5 x 95 cm
Cime Arse di Solitudine, 1936 (Dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Benedetta Cappa Marinetti (Roma, 1897 – Venezia, 1977) inizia la sua carriera nel campo della poesia. Ma una volta conosciuto Giacomo Balla (1871-1958), comincia ad interessarsi anche alla pittura.

Proprio nel periodo di apprendistato nello studio di Balla, conosce tra il 1917 e il 1918 Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) con cui si sposerà nel 1923. Ben presto, si dedica anche alla scenografia, affiancando le già avviate attività di scrittrice e di pittrice.

Dopo il trasferimento a Milano del 1920, comincia a mettere a punto l’idea delle cosiddette Tavole tattili, ovvero opere di carattere futurista accessibili attraverso il senso del tatto.

Assecondando le teorie della pedagogia montessoriana che auspicavano una didattica multisensoriale, Benedetta Cappa Marinetti dà vita, insieme al marito, al Manifesto Il tattilismo nel 1921.

Un’artista eclettica

Nel frattempo, l’artista continua a scrivere e nel 1924 pubblica il suo primo romanzo Le forze umane. Romanzo astratto con sintesi grafiche. In esso riesce ad unire, in seno alla ricerca futurista, le parolibere marinettiane al dinamismo grafico di Balla, contribuendo ampiamente al carattere multidisciplinare del Futurismo.

Risalgono alla metà degli anni Venti le sue prime opere conosciute, contrassegnate da una forte vicinanza alla pittura del suo maestro Balla. Nel 1925, insieme a Filippo Tommaso Marinetti, rientra a Roma, stabilendosi nella casa di Piazza Adriana.

Alternando Roma al Brasile e all’Argentina per tutto l’anno, ritorna in Italia carica di esperienze nuove, pronta ad esporre alla sua prima Biennale Veneziana nel 1926. Vi prenderà parte ancora nelle edizioni del 1930, 1932, 1934 e 1936. Sempre nel proficuo 1926, stende, insieme al marito, il testo introduttivo della mostra dei “34 pittori futuristi” presso la Galleria Pesaro di Milano.

Tra pittura, scrittura e scenografia

Il carattere eclettico e multidisciplinare di Benedetta Cappa Marinetti si propaga ancora per tutti gli anni Trenta e Quaranta. Nel 1929 firma il Manifesto dell’Aeropittura Futurista. Nel periodo successivo si dedica con intensità alla realizzazione di scenografie per gli spettacoli teatrali di Marinetti, come Simultanina.

Ancora, nel 1931 dà alle stampe il suo secondo libro, Viaggio di Gararà. Romanzo cosmico per il teatro. Continua ad esporre alle mostre e, soprattutto, dopo aver firmato il Manifesto La plastica murale, si occupa della realizzazione dei pannelli futuristi per il Palazzo delle Poste di Palermo.

Partecipa a diverse edizioni della Quadriennale romana e collabora con la vetreria Balzaretti e Modigliani di Livorno per la creazione di vetrate dipinte, spesso tratte dai suoi dipinti futuristi, ora influenzati dal paesaggio cosmico di Enrico Prampolini (1894-1956).

Al 1939 risale la prima monografia, scritta da Bruno G. Sanzin, dedicata alla pittrice, dal titolo iconico Benedetta aeroscrittrice aeropittrice futurista. Nel 1944, il marito muore e Benedetta Cappa Marinetti decide di smettere di dipingere.

Da questo momento in poi, si dedicherà solo alla critica e alla stesura di articoli e saggi sul Futurismo. Negli ultimi anni impiega tutte le sue forze per la creazione di un museo-archivio di lei e di Tommaso nella loro casa di Velletri. Il progetto, però, non verrà mai realizzato. Trasferitasi a Venezia, vi muore nel 1977 a ottant’anni.

Benedetta Cappa Marinetti: il Futurismo, dal dinamismo al paesaggio mistico

Dopo le esperienze con le Tavole Tattili, Benedetta Cappa Marinetti realizza le prime tele tra il 1924 e il 1925: Velocità di motoscafo e Luci + rumori di un treno notturno. Dai titoli si evince il dinamismo presente nelle opere dell’artista. Sinestesie visive ed uditive che ritornano anche nei suoi romanzi futuristi.

Con opere di questo tipo partecipa alla sua prima Biennale nel 1926. A quella del 1930, invece, espone Prendendo quota a spirale, Cirri più eliche a 3500 m, L’ala e l’isolotto, Lirismo di volo, Prendendo quota, Il deserto e Laghi salati argentini.

In queste opere si ritrova sia il recente legame con l’aeropittura, dato che solo l’anno precedente ne aveva firmato il Manifesto, sia la memoria del viaggio fatto con Marinetti in Argentina e in Brasile. Le opere di Benedetta Cappa Marinetti, a questo punto, sembrano esplosioni iridescenti, disposte in formulazioni geometriche di grande impatto dinamico, in cui le forme e i colori si intersecano.

La velocità, il movimento e l’espansione dei corpi nello spazio, ma anche l’esaltazione della guerra come soluzione sono così cari all’artista e a Marinetti che chiamano le loro figlie Vittoria, Ala e Luce.

Nelle opere si trova la stessa tensione verso l’assoluto e lo spazio aperto dei cieli, come si nota da Nuvole elica a 3500 m e Le ali sull’isola presentati alla Biennale del 1932.

Nel 1934, per il Palazzo delle Poste e Palermo realizza i pannelli con Le comunicazioni terrestri, marine, aeree telegrafiche, telefoniche, radio. Mentre nel 1936 espone alla sua ultima Biennale Cime arse di solitudine e Interpretazione mistica di un paesaggio.

In quest’ultimo dipinto si notano già i legami di Benedetta Cappa Marinetti con gli spirituali e arcani paesaggi cosmici di Prampolini, fatti di colori e forme geometriche che cominciano fra di loro in composizioni cosmiche e prismatiche. Seguono questi sviluppi i dipinti presentati alla Quadriennale di Roma del 1939, Monte Tabor e Aeropittura di un incontro con l’Isola.

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