Marco Benefial

Marco Benefial. Santa Margherita scopre il cadavere di Arsenio, 1729-32. Tecnica: Olio su tela
Santa Margherita scopre il cadavere di Arsenio, 1729-32. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Marco Benefial (Roma, 1684 – 1764), nato da genitori di origine francese, dimostra sin dalla tenera età una spiccata propensione verso la pittura. Viene affidato, dunque, agli insegnamenti dell’artista di Carpi Bonaventura Lamberti (1653-1721), carraccesco autore, tra le altre cose, delle decorazioni ad affresco nel palazzo Montegiordano.

Le prime esperienze pittoriche di Marco Benefial si collocano proprio al fianco del maestro, a cominciare dall’esecuzione del modello per il mosaico degli archi di scarico della Cappella degli Angeli e di Santa Petronilla a San Pietro, del 1719.

Un pittore controcorrente: i contrasti con l’Accademia di San Luca

Sin dagli anni Venti, il pittore mostra un atteggiamento decisamente controcorrente: severo propugnatore di un ritorno al classicismo sobrio e armonioso, si oppone decisamente alla retorica dell’Accademia di San Luca.

Con Clemente XI Albani, di fatto, si era assistito ad una netta riorganizzazione dell’Accademia, come primo strumento di diffusione del programma stilistico voluto dal papa e dagli altri committenti a lui legati.

In particolare Carlo Maratta (1625-1713), principe perpetuo dell’Accademia dal 1699, si era dimostrato il più grande rappresentante dell’Idea del Bello di Bellori e il campione della trasmissione di una koinè iconografica ed espressiva, coniugando con enfasi gli aspetti scenografici del Barocco ad un classicismo moderato e cromaticamente verosimile.

Negli anni Trenta, il cardinal nipote Nero Corsini, sotto il pontificato di Clemente XII, si riallaccia all’impresa artistica del papa Albani, affidandola agli eredi pittorici di Maratta, come Sebastiano Conca (1680-1764) e Francesco Trevisani (1656-1746), che riescono a conferire una leggerezza decisamente arcadica e definitivamente settecentesca alla pittura ancora barocca di Maratta.

Un pittore indipendente ma apprezzato

Come accennato, a tutto ciò si oppone Marco Benefial, allontanandosi di netto dal sentimentalismo pietistico di Maratta e Trevisani. Il conflitto con l’Accademia di San Luca si fa subito acceso, infatti verrà accolto tra le fila dei suoi membri soltanto negli anni Quaranta, per poi entrarne di nuovo in contrasto nel 1755, anno in cui ne sarà espulso.

Ciononostante, il pittore verrà sempre apprezzato dal cardinale Ottoboni e dal Valenti Gonzaga, soprattutto nel periodo più fiorente della sua produzione, tra gli anni Trenta e Quaranta. Domenichino (1581-1641) e i Carracci rimangono i modelli immortali della pittura di Marco Benefial, riempita di una poetica fortemente naturalista, lontana da qualsiasi intento retorico o magniloquente del Barocco.

Pittore del vero e degli affetti, come i Carracci, vive tutta la sua carriera in un irrequieto contrasto con le tendenze accademiche, ma a partire dagli anni Cinquanta, ormai maturo, potrà vivere gli ultimi quindici anni in tranquillità, grazie alla protezione del conte mecenate Nicola Soderini.

Seguirà, a questo punto, la sua ispirazione più autentica, quella che deriva dalla pittura bolognese del Seicento, dalla verità, dal dettaglio rigoroso. Muore a Roma nel 1764, ad ottant’anni, senza alcun allievo che potesse far sopravvivere la sua personalità antiaccademica e il suo linguaggio tutt’altro che scontato.

Marco Benefial: l’eredità del classicismo carraccesco a Roma

Il percorso artistico di Marco Benefial è decisamente poco lineare e non privo di interruzioni. A partire dal 1705 si occupa di alcune commissioni di area marchigiana, come la decorazione del Duomo di Iesi e nella chiesa di S. Francesco a Fermo.

Ma per gli incarichi successivi, deve aspettare il 1716, con l’esecuzione del S. Saturnino per SS. Giovanni e Paolo a Roma. Nel frattempo, sfortunato a causa del contrasto con l’Accademia, per qualche anno non aveva potuto ottenere commissioni, proprio perché non legato all’istituzione.

Aveva quindi ceduto all’insoddisfacente collaborazione con il pittore Filippo Germisoni (1664-1743). Sono di questo periodo Giona in S. Giovanni in Laterano, del 1718 e la Madonna addolorata per la chiesa di S. Maria dei Sette Dolori, opere che esprimono un marattismo che non appartiene al linguaggio personale di Marco Benefial e che quindi manifestano un compromesso che sembra interrompersi nel 1722, con le tele carraccesche per la collegiata di Monreale: la Deposizione, le Marie al sepolcro, la Resurrezione e l’Ascensione.

Lo stesso si può dire per il S. Francesco eseguito nel 1723 per la Chiesa dei cappuccini di Bagnoregio. Risalgono, invece, agli anni Trenta le lunette in S. Maria delle Fornaci e le tele della chiesa della Trinità degli Spagnoli, dove l’autore sembra esprimere a pieno l’eredità di Annibale Carracci, così come gli undici dipinti per il duomo di Viterbo.

Tra le opere più conosciute di Marco Benefial vi sono le Storie di s. Margherita da Cortona per la cappella Boccapaduli di Santa Maria in Aracoeli: nella S. Margherita che scopre il cadavere di Arsenio, si nota tutto l’intento naturalistico della messa in scena, con un chiaroscuro potente e una semplicità pura e senza fronzoli.

Ma in alcune opere, come la Flagellazione per S. Francesco delle Stimmate a Roma e la Visione di S. Caterina da Genova, a palazzo Corsini sembra invece orientarsi verso un accademismo più marcato, proprio in corrispondenza della sua ammissione a San Luca nel 1741.

La stessa personale autenticità si nota nella Decapitazione del Battista del 1752, in alcuni ritratti e nelle numerose pale d’altare degli anni Cinquanta, seguite all’espulsione dall’Accademia di San Luca, come l’iconico Ritratto di famiglia con Francesco Saverio del 1766, conservato a Palazzo Barberini, insieme al bell’Ercole e Onfale e al Piramo e Tisbe, in cui il pittore esprime a pieno la sua delicatezza cromatica e la definizione classicista dei volumi e delle pose.

Tra le ultime opere significative di Marco Benefial vi è la Strage degli innocenti del palazzo di Propaganda Fide.

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