Bernardo Celentano

Bernardo Celentano. Le ultime ore di Pergolesi. Tecnica: Olio su Tela, 25 x 32 cm
Le ultime ore di Pergolesi. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Bernardo Celentano (Napoli, 1835 – Roma, 1863) si avvia sin da giovane allo studio artistico con il pittore di storia Luigi Stabile (1822-1891). Successivamente si iscrive al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli per frequentare il corso di pittura di Camillo Guerra (1797-1874). Nel frattempo si appassiona alla letteratura classica e romantica, espressioni che lo porteranno ben presto a prediligere la pittura di storia.

Nel 1854 l’amico Domenico Morelli (1826-1901) lo incoraggia ad andare a Roma e poi, insieme a lui, a Firenze. Qui entra in contatto con i frequentatori del Caffè Michelangelo.

Dopo aver girato gran parte dell’Italia centrale Bernardo Celentano si ferma a Roma e poi riparte per il Veneto e per la Lombardia, dove studia i maestri del Cinquecento.
A Padova entra in contatto con Stefano Ussi (1822-1901) e a Milano con i fratelli Domenico (1815-1878) e Gerolamo Induno (1825-1890).

Si afferma come pittore di storia caratterizzato da importanti ricerche nel campo delle espressioni emotive dei personaggi che ritrae. I suoi numerosi bozzetti sono conservati presso La Galleria Nazionale di Roma. Muore a Roma a soli 28 anni, nel 1863.

La pittura di storia

Gli esordi

Nel 1851 partecipa alla Mostra Borbonica di Napoli con diversi dipinti di carattere storico, come Caino spaventato dalla voce di Dio dopo aver ucciso il fratello e Un inutile pentimento, tratto dal testo La battaglia di Benevento dello scrittore risorgimentale Domenico Guerrazzi.

Il dipinto, premiato con la medaglia d’argento, stabilisce l’inizio della carriera come pittore di storia di Bernardo Celentano. Allo stesso tempo cominciano i suoi studi sulle espressioni del corpo e del viso. Questi saranno importantissimi per la sua ricerca successiva, quando frequenta il corso di nudo alla scuola privata di Giuseppe Mancinelli (1813-1875).

Il viaggio a Roma: l’influenza purista

Nel 1854 Domenico Morelli, amico di Celentano, lo spinge a compiere un viaggio a Roma per ampliare la sua formazione. Nella Capitale infatti si dedica allo studio dell’arte antica e delle espressioni rinascimentali e barocche romane.
Si sbizzarrisce con una serie di bozzetti realizzati dal vero all’interno di musei e aree archeologiche. Prove che lo ispireranno successivamente per le ambientazioni dei suoi dipinti di storia.

A Roma, grazie all’amico Achille Vertunni (1826-1897) entra in contatto con Tommaso Minardi (1787-1871), con Francesco Coghetti (1801-1875) e soprattutto con Friedrich Overbeck (1789-1869) e la cerchia dei pittori Nazareni e Puristi.

Questa vicinanza si riscontra in diversi dipinti del periodo romano che evidenziano una scelta di temi legati strettamente alla religione nella sua espressione più umile e veritiera, quindi alle storie di martiri come nel San Stanislao morente e nel Seppellimento di Santo Stefano dopo il martirio.

Quest’ultimo dipinto rivela elementi di pittura purista che si innestano con il verismo napoletano di Bernardo Celentano. Basta guardare la commistione tra le intense notazioni espressive tratte da un modello chiaramente reale e i richiami al primo Raffaello.

Il viaggio a Firenze: l’influenza del verismo

Nella metà degli anni Cinquanta Celentano parte da Roma, insieme a Domenico Morelli, alla volta di Firenze. È inevitabile il contatto con i pittori che animano il Caffè Michelangelo proprio nel periodo di più intensa e fervente lavorazione e ideazione del verismo toscano.

Bernardo Celentano già ritraeva i suoi modelli dal vero, come si nota dalle esperienze pittoriche romane, ma dal momento del contatto con l’ambiente fiorentino in poi, la sua pittura appare veramente rivoluzionaria e, insieme a quella di Domenico Morelli, ormai completamente staccata dalla lezione accademica.

L’unione tra vero e sentimento appare in Celentano molto accentuata grazie allo studio della luce e del suo effetto sugli oggetti da una parte e grazie alla sapiente documentazione storica e delle espressioni emotive di ciascun personaggio dall’altra.

Bernardo Celentano. Le Opere

Lo studio degli “affetti”

Quando torna a Roma nel 1856 Bernardo Celentano si dedica prevalentemente alla realizzazione del dipinto Benvenuto Cellini bombardiere a Castel Sant’Angelo.
Quest’opera è caratterizzata dal meticoloso studio che il pittore fa della vita di Benvenuto Cellini. Legge la sua Autobiografia e cerca di rendere al meglio le espressioni dei personaggi, lavorando quasi come regista di un melodramma.

È chiaro che per questo dipinto fa posare i suoi amici pittori per ritrarli dal vero e per fotografarli.
Queste operazioni avevano due scopi diversi: la prima serviva a catturare le espressioni del viso e dei corpi per aderire quasi ad una moderna teoria degli affetti, la seconda aveva il fine di studiare gli effetti della luce e dei colori nell’atmosfera del dipinto, per far sì che, pur essendo un dipinto di storia, apparisse veritiero e aderente alla realtà.

Dopo un breve soggiorno nel nord Italia, Bernardo Celentano torna a Roma per eseguire San Francesco Saverio, committenza dei Gesuiti per la Cattedrale di Dublino.

Dagli anni Sessanta in poi approfondisce ancora di più lo studio delle espressioni psicologiche dedicandosi spesso a ritratti dal vero o a dipinti con pochi personaggi raccolti in umili interni, caratterizzati da un’intensa emotività. Appartiene a questo periodo Masaniello a colloquio con duca D’Arcos.

Il Consiglio dei Dieci

Sulla scia di questi approfonditi studi, Bernardo Celentano realizza la sua opera più importante ed innovativa: Il Consiglio dei Dieci, ora appartenente a La Galleria Nazionale di Roma. Il dipinto è veramente rivoluzionario nell’uso che Celentano fa della lezione appresa a Firenze. I Dieci dogi veneziani si stagliano sulla piazza con le loro vesti nere, come se fossero pure macchie di colore.

Il taglio è assolutamente fotografico e i personaggi non rappresentano un dramma corale. Questa volta sono quasi tutti a se stanti, isolati e assorti nei loro affari mentre salgono o stanno per salire le scale del Palazzo Ducale.

L’opera viene commissionata dal napoletano Giovanni Vonwiller ed ottiene un enorme successo all’Esposizione di Firenze del 1861.
Purtroppo all’Esposizione Universale di Parigi del 1867 non viene inviata quest’opera, ma Tasso a Bisaccia, l’ultima tela di Bernardo Celentano tra l’altro rimasta incompiuta prima della sua prematura morte.

Torquato Tasso, malinconico e quasi in preda alla follia si trasferisce da Napoli al castello di Bisaccia per ritrovare vigore e vivere in un clima più tranquillo e sano.
Il meraviglioso dipinto sembra fare un passo indietro secondo alcuni rispetto al Consiglio dei Dieci, ma in realtà, la trattazione psicologica dei personaggi rimane di alto livello, insieme allo studio tonale e coloristico.

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