Timo Bortolotti

Timo Bortolotti. Massaia rurale (dettaglio). Tecnica: Bronzo
Massaia rurale (dettaglio). Tecnica: Bronzo

Quotazioni Timo Bortolotti

Il valore delle sue sculture varia molto a secondo del soggetto. Sebbene abbia un record di aggiudicazione di 4.300 euro, le sculture in bronzo di grande dimensione a soggetto piacevole potrebbero superarlo.
I bozzetti in terracotta hanno in media una quotazione di 1.000 euro mentre i disegni sono stimabili attorno ai 500 euro.

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Biografia

Timo Bortolotti (Darfo, 1887 – Milano, 1954), figlio di un gestore di una cava di marmo in Val Camonica, sin da bambino viene abituato al contatto con questo tipo di materiale. Ben presto, sviluppa una notevole abilità disegnativa e, costretto a lavorare nella cava dopo la morte del padre, conserva il sogno di diventare scultore.

Frequenta per qualche tempo l’Accademia di Brera a Milano, ma richiamato dai doveri di figlio, rientra quasi subito nella natale Darfo. Nel frattempo, si sposa ed ha una figlia, ma nel 1910 vive la tragica perdita della moglie, che lo spinge verso una chiusura nei confronti del mondo esterno.

Partecipa alla Prima guerra mondiale sulle Alpi, riportando gravi ferite, non soltanto fisiche ma anche spirituali. Al termine della guerra, Timo Bortolotti, ormai trentunenne, decide di dedicarsi finalmente alla scultura, dopo le prime prove giovanili che lo avevano visto decisamente indirizzato verso il gusto liberty.

Uno scultore profondo e solitario

Nel 1921, lo scultore prende uno studio a Brescia, dove inizia a lavorare all’opera che lo ha reso famoso agli occhi della critica e del pubblico, il Monumento – Ossario al Passo del Tonale. Nel corso degli anni Venti, l’artista lombardo si distacca sempre di più dal gusto liberty degli esordi, per inoltrarsi verso un rigoroso ritorno all’ordine, unito ad una visione intensa e drammatica della realtà.

Scultore dalla personalità schiva e riservata, partecipa comunque alle maggiori esposizioni italiane tra gli anni Trenta e Quaranta, dalla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, alle Sindacali fasciste di diverse città, suscitando lodi ed ammirazioni anche da parte degli artisti a lui contemporanei, uno tra tutti, Carlo Carrà (1881-1966).

La terracotta

Uno dei suoi materiali prediletti è la terracotta, medium grazie al quale riesce ad evidenziare superfici scabre e ruvide, nell’elaborazione di ritratti energici che uniscono modernità e primitivismo.

Tra le opere di Timo Bortolotti compaiono anche gruppi in marmo, in gesso o in bronzo, quasi sempre caratterizzati da un’attenta descrizione della realtà quotidiana e delle condizioni lavorative dell’Italia del tempo.

Continua a lavorare anche durante la Seconda guerra mondiale, portando avanti una scultura densa di significati e legata alle condizioni della sua terra. L’artista, sempre più appartato e isolato, si ritira, dopo la guerra, tra le Alpi della Val Camonica, occupandosi, negli ultimi tempi, soprattutto dei ritratti dei suoi familiari. Muore a Milano nel 1954, a sessantasette anni.

Timo Bortolotti: un realismo intenso nel solco del ritorno all’ordine

Dopo il Monumento – Ossario dei Caduti della Prima guerra mondiale in Val Tonale, Timo Bortolotti inizia a lavorare anche a sculture di dimensioni più piccole, dal lirismo intimo e reale allo stesso tempo.

Lasciatosi alle spalle reminiscenze liberty, lo scultore, nel 1930 partecipa alla sua prima Biennale Veneziana con il Ritratto di Arturo Tosi. Già si nota in queste prime sculture degli Trenta un allontanamento dal linguaggio simbolista presente in sculture come La pietà del 1921, in favore di una trattazione più tormentata e sentita della materia, come si nota in Busto di ginnasta.

Il ritorno all’ordine si unisce ad una personalissima volontà di trasmettere alle superfici un movimento vibrante e scabro. Contadinella e Bevitore in bronzo, che rispettano questi nuovi canini, compaiono alla Quadriennale romana del 1931, mentre Prima pesca e Contadinello a quella del 1935.

Una scultura ricca di riferimenti all’antico

Il mondo agreste e semplice viene analizzato e studiato da Timo Bortolotti donandogli un significato nobile, attraverso una scultura ricca di riferimenti all’antico, come dimostrano L’Annunciazione in bronzo del 1933 e La lavandaia in terracotta del 1934.

La pittrice, Figlia di Maria e Dattilografa vengono esposte alla Mostra Sindacale di Firenze del 1936, mentre l’anno successivo partecipa ad una collettiva alla Galleria Pesaro di Milano in cui presenta dodici opere. Tra di esse compaiono il San Giovanni decollato, Massaia rurale – busto, Mondina, Danza ritmica, Al sole, Ritratto di signora e Adolescente.

Alla Quadriennale del 1939 e a quella del 1943 espone invece Figura di ragazza, Bambino malato, Bimbo che dorme, La primula e La preda.

 

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