Antonio Bortone

Antonio Bortone. Fanfulla da Lodi. Scultura in bronzo
Fanfulla da Lodi. Scultura in bronzo

Biografia

Antonio Bortone (Lecce, 1844 – 1938), figlio di un fabbro di un paesino vicino Lecce, inizia a mostrare le sue doti di modellatore quando lavora, giovanissimo, in alcune botteghe di scultori in cartapesta.

Notato da un intendente provinciale, di cui era stato incaricato di eseguire il ritratto, viene incoraggiato e aiutato ad entrare nell’Ospizio di San Ferdinando di Lecce, dove segue i corsi di plastica e disegno.

Allievo di Antonio Maccagnani (1809-1892), zio dello scultore Eugenio (1852-1930), riesce ad ottenere una borsa di studio che gli permette di continuare la sua formazione a Napoli, al seguito di Tito Angelini (1806-1878). Durante questi anni di studio, Antonio Bortone sviluppa un linguaggio molto legato agli stilemi puristi e anche alla scelta di soggetti sacri e storici.

Il trasferimento a Firenze

Con il trasferimento a Firenze, avvenuto nel 1865, lo scultore ventunenne comincia ad essere notato da Giovanni Duprè (1817-1882) che lo introduce ad un equilibrato ed armonioso verismo, ancora molto legato a soggetti tratti dalla storia o dalla letteratura.

Ma, nel corso del tempo, fino a giungere agli anni Settanta, il naturalismo di Antonio Bortone si fa sempre più profondo ed evidente, sino alla realizzazione di monumenti storici ed encomiastici che, in realtà, non hanno nulla dello sfarzo celebrativo, perché risultano immersi in una visione anti monumentale, umile e verista.

Lo stesso vale per le numerose statue che è chiamato a realizzare nel corso degli anni Ottanta e Novanta, e per le opere che presenta a partire dall’Esposizione Nazionale di Parma del 1870.

Numerose sculture di Antonio Bortone popolano e simboleggiano alcune tra le piazze più importanti del nostro Paese, caratterizzate dall’uso di un linguaggio decisamente anticonvenzionale, proprio grazie ad una costante adesione al vero, all’analisi profonda dei personaggi e del loro valore spirituale.

Impegnato nella realizzazione di opere pubbliche e di ritratti, è attivo fino agli anni Venti del Novecento. Rientrato a Lecce, vi muore nel 1938, all’età di novantaquattro anni.

Antonio Bortone: un verismo schietto ed anti celebrativo, tra ritratti e monumenti

La prima opera che Antonio Bortone realizza dopo il trasferimento a Firenze è il Gladiatore morente, che suscita l’immediata attenzione di Giovanni Duprè. In seguito, esegue il busto di Garibaldi l’Ospizio di Lecce in cui aveva studiato fino a pochi anni prima, in segno di riconoscimento.

Il Gladiatore ferito in galvanoplastica compare all’Esposizione Nazionale di Parma del 1870, mentre risale a sei anni dopo la sua opera più importante, il Fanfulla da Lodi, esposto alla Nazionale di Napoli del 1877, con grande successo, e poi eretto in Piazza Raimondello Orsini a Lecce.

Il condottiero di Lodi, distintosi nella disfida di Barletta del 1503, non viene presentato nel pieno di un’azione eroica, ma in un momento di stasi, con la spada nascosta nella manica e il volto reclinato verso il basso.

Questa stessa accezione anti celebrativa, accompagnata da una straordinaria perizia tecnica, si ritrova in molte delle sculture realizzate da Antonio Bortone, come il Ritratto di Stefano Ussi, esposto alla Mostra di Firenze del 1883 o il monumento a Quintino Sella, eretto a Biella.

Nel monumento a Gino Capponi in Santa Croce, invece, si nota ancora un legame con il purismo, soprattutto nella riscoperta della solidità volumetrica della scultura del Quattrocento toscano. Al 1895 risale la statua di Michele di Lando per la Loggia del Mercato Nuovo a Firenze e all’anno successivo la partecipazione alla Mostra dell’Arte e dei Fiori di Firenze con il Ritratto di Ubaldino Peruzzi.

Verso la fine degli anni Novanta, lo scultore pugliese esegue il Monumento a Sigismondo Castromediano in Piazza Matteo a Lecce, ma anche il Busto di Vittorio Emanuele II, conservato al Senato.

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