Antonino Calcagnadoro

Antonino Calcagnadoro. Inno al Sole. Tecnica: Olio su tela
Inno al Sole. Tecnica: Olio su tela

Quotazioni Antonino Calcagnadoro

Il record d’asta è di 14.470 euro per una grande tela divisionista di primo periodo.
In seguito il pittore abbandonò questa tecnica e i suoi quadri ad olio su tela sono stimabili tra i 2.000 e i 4.000 euro. Cifre al di sotto dei 1.000 euro invece i dipinti dal carattere meno impegnato. Le stime sono ovviamente indicative.

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Biografia

Antonino Calcagnadoro (Rieti, 1876 – Roma, 1935) viene introdotto alla pittura dal padre decoratore e frescante, soprattutto attivo nell’area reatina. Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Rieti, in cui perfeziona il suo approccio al disegno, appena quattordicenne, viene preso come apprendista nella bottega del pittore Giuseppe Casa, con cui inizia a lavorare a diverse decorazioni, come quella del palazzo della prefettura di Rieti.

Nel 1892, Antonino Calcagnadoro, grazie all’ottenimento di una borsa di studio, riesce a trasferirsi a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Qui, ha come insegnanti Domenico Bruschi (1840-1910) e Filippo Prosperi (1831-1913), ma risulta fondamentale anche la frequentazione della Scuola Libera del Nudo e l’amicizia con il pittore di genere Francesco Bergamini (1851-1900).

L’attività artistica tra Rieti e Terni

È dunque alla fine dell’Ottocento che si forma il linguaggio del giovane artista, che sarà attivo come decoratore soprattutto nel reatino, in Umbria ed in particolare nell’area di Terni.

La sua prima produzione, impostata sui toni scuri e sullo studio del vero, si fonda soprattutto sulle imprese decorative sacre, come dimostrano i primi affreschi che realizza nella chiesa di San Rufo a Rieti.

Tra pittura e decorazione

Per quanto riguarda la pittura da cavalletto, il suo esordio avviene all’Esposizione Umbra di Perugia del 1900, in cui già si nota la sua propensione verso la rappresentazione dei più sinceri aspetti del reale.

In effetti, nelle opere dei primi anni del Novecento, Antonino Calcagnadoro si mostra profondamente impegnato nell’elaborazione di una pittura a sfondo sociale, tesa a rappresentare le difficoltà dei lavoratori, degli emigrati e degli ultimi.

Il suo realismo sociale ed umanitario è arricchito da un intenso sentimento che gli proviene da un’accezione pietistica e religiosa. Contemporaneamente, il pittore continua a lavorare nel campo della decorazione, a cominciare dall’Aula Consiliare del Municipio di Rieti, cui lavora dal 1909.

La svolta Lliberty

A questo momento si può datare la definitiva svolta liberty di Antonino Calcagnadoro, che consiste soprattutto nell’abbandono di quella tavolozza forte e scura dei primi anni, in favore di un cromatismo chiaro e ricco di trasparenze.

Nei dipinti dello stesso periodo si rileva la stessa volontà di alleggerire la tavolozza rendendola più luminosa. Contestualmente, le figure si fanno più vaporose e tornite, a tratti i contorni scompaiono per favorire l’importanza del colore, quasi ricalcando la maniera di Tiepolo, ma a volte invece, le linee si fanno più dure, soprattutto in risposta alle istanze secessioniste.

Quello di Antonino Calcagnadoro è dunque un dialogo costante tra la pittura decorativa del Seicento e del Settecento, i riferimenti di matrice strettamente secessionista e liberty ed un verismo sentito e spesso drammatico, soprattutto nell’elaborazione di epopee umane o di allegorie.

L’illustrazione degli anni Venti

Attivo anche nel campo dell’illustrazione, Antonino Calcagnadoro collabora con diverse riviste e giornali e realizza anche alcuni francobolli su incarico del Ministero delle Colonie all’inizio degli anni Venti.

Per dare vita alle tipiche atmosfere orientaliste ed esotiche, il pittore compie un soggiorno a Tripoli nel 1923, da cui riporta anche una serie di studi ed impressioni che poi confluiranno non solo nei francobolli ma anche nelle opere decorative.

Affresco, encausto, mosaico

Affresco, encausto, mosaico, olio e illustrazione caratterizzano gli ultimi due decenni dell’attività di Antoninoo Calcagnadoro, designandolo definitivamente come artista fortemente eclettico e versato nell’utilizzo di numerose tecniche.

Anche dal punto di vista stilistico, non afferisce mai strettamente ad un linguaggio specifico, spaziando come già detto, dal liberty delle allegorie e delle decorazioni alla rielaborazione del cromatismo sei e settecentesco, fino a giungere a stilemi prettamente ottocenteschi nel ritratto.

Protagonista attivo delle mostre alla Società degli Amatori e Cultori di Roma, vi espone fino al 1928, per poi partecipare alle Sindacali fasciste del 1930 e del 1932. Insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma e alla Scuola di Arti Ornamentali. Muore a Roma nel 1937, a sessantuno anni.

Nel Museo Civico di Rieti, esiste una sala interamente dedicata al pittore, grazie alle opere della collezione donata da sua moglie al Comune di Rieti nel 1935.

Antonino Calcagnadoro: tra la decorazione liberty e la pittura di sfondo sociale

Tra le primissime opere di Antonino Calcagnadoro, realizzate ancora durante il suo periodo di formazione, compaiono Scena eroica e Autoritratto degli anni Novanta dell’Ottocento.

Nel 1900, all’Esposizione dell’Umbria presenta il dipinto In chiesa, che rappresenta l’inizio della sua produzione verista, impostata sui toni scuri e su forti riferimenti al realismo della seconda metà dell’Ottocento.

A questa prima prova segue l’opera a sfondo sociale I disoccupati, comparsa all’Esposizione di Firenze del 1904.  Nel 1909 si occupa del fregio a tempera del Municipio di Rieti, con una serie di allegorie di gusto liberty, le Arti fabbrili, le Belle Arti, la Giustizia e l’Agricoltura.

I Propilei del Vittoriano

Risale invece al 1912 l’esecuzione di sette bozzetti per il concorso della decorazione musiva delle lunette dei Propilei del Vittoriano: La Visione, il Risveglio, il Rinascimento, la Preparazione, l’Olocausto, il Risorgimento, la Nuova Italia. 

L’anno successivo, Antonino Calcagnadoro inizia a lavorare alla decorazione del sipario del Teatro Politeama di Terni, con motivi a grottesche e una cadenza floreale di dichiarato stampo liberty. Esperienza anticipata da quella simile per il Teatro Vespasiano di Rieti con La resa di Gerusalemme a Vespasiano.

Un artista eclettico

L’industria che offre la Produzione all’Italia è invece l’affresco della mensa degli ufficiali a Scanzano, vicino Perugia, opera del 1914 che anticipa l’ispirazione tiepolesca che emerge dalle successive decorazioni degli anni Venti. Nel bienno compreso tra il 1916 e il 1917, durante i drammatici anni della guerra, elabora un sostanzioso nucleo di opere in cui si inoltra nella ricerca divisionista. Lunghi filamenti di colore sostengono composizioni che narrano un’intima familiarità domestica, misteriosi notturni di matrice secessionista e allegoriche scene agresti e animalier.

Contemporaneamente, però, si nota un forte appiattimento delle figure e una sempre maggiore importanza della linea, che lo affianca alle modalità della Secessione viennese. Questo tratto fortemente simbolista si riscontra a pieno nei pannelli decorativi del foyer del Teatro Vespasiano di Rieti con la Danza, la Poesia, la Tragedia, la Commedia e il Dramma.

Le decorazioni del Sanatorio di Ariccia

Lo stesso vale per le decorazioni del Sanatorio di Ariccia con La Carità, Il soccorso e La Munificenza e anche per l’opera presentata alla Biennale di Roma del 1925. Le madri è un dipinto fondamentale di Antonino Calcagnadoro, conservato presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Il tratto nervoso della linea di contorno e il sapore tormentato della rappresentazione sembra rimandare ad una xilografia della Secessione viennese, ricca di riferimenti simbolisti e drammatici alla morte di Cristo.

Il tema sociale

Il dipinto è legato ad un’altra tavola del 1928, rifiutata dalla Biennale di Venezia, in cui La morte del pastore, tema sociale, rimanda direttamente all’iconografia della Deposizione di Cristo, trasportato dai compagni, con il braccio che pende esanime, circondato dal gregge di pecore.

Al posto del Golgota, vi sono le vette innevate del Terminillo, nesso sentimentale con la sua terra d’origine, dove la tavola secessionista è conservata presso il Museo Civico di Rieti.

Nel frattempo, alla Mostra degli Amatori e Cultori del 1922 espone Inno al sole e Un’umile luce, dipinti di forte impianto verista, mentre l’opera profondamente simbolista Il buco del diavolo compare a quella del 1926. L’ultima esposizione cui prende parte il pittore reatino è la Sindacale di Roma del 1932, in cui presenta Giorno triste.

 

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