Francesco Cangiullo

Biografia

Francesco Cangiullo (Napoli, 1883 – Livorno, 1976), figlio di un intagliatore in legno di Chiaia, si forma da autodidatta nei primi anni del Novecento, insofferente a qualsiasi studio accademico regolare. Non si dedica immediatamente alla pittura, ma sperimenta prima la musica, la poesia ed il teatro.

La poesia futurista

In +occasione di una serata futurista organizzata al Teatro Mercadante di Napoli nel 1910, incontra Carlo Carrà (1881-1966), Luigi Russolo (1885-1947), Umberto Boccioni (1882-1916), ma anche i letterati Palazzeschi e Marinetti, con cui si lega particolarmente.

Questi eventi cambiano completamente la vita del giovane Francesco Cangiullo che, tra gli anni Dieci e Venti, avvia una produzione musicale, poetica e teatrale di stampo futurista, intessuta, però, di accenti legati al folklore e alla popolarità napoletana.

Diversi sono i poemetti ideati dall’artista, nel segno di una sperimentazione sonora e semantica che si legge soprattutto in opere come Alfabeto a sorpresa del 1912 o Poesia pentagrammata del 1923. L’auspicio di una totale unione tra le arti è tipico della poetica dell’artista napoletano, che nel corso degli anni, non rimane legato solo al Futurismo, ma stringe le più svariate e fertili connessioni con le avanguardie europee.

Il contatto con le avanguardie europee e le opere teatrali

Conosce Jean Cocteau, Hugo Ball, Guillaume Apollinaire e scrive nella rivista zurighese “Cabaret Voltaire”, nel 1916 e successivamente collabora con “Lacerba” a Firenze. Nel corso degli anni, Francesco Cangiullo diventa il maggiore animatore della frangia futurista partenopea, non soltanto con opere letterarie, ma anche con una piccola produzione pittorica influenzata dal dinamismo boccioniano.

Nel primo dopoguerra viene messo in scena da Petrolini lo spettacolo di Cangiullo Radioscopia al Teatro Politeama e nel 1921, insieme a Marinetti, progetta il Teatro della sorpresa, che ha come sottotitolo Teatro sintetico-Fisicofollia-Parole in libertà sceneggiate-Declamazione dinamica e sinottica-Teatro-Giornale-Teattro-Galleria di quadri.

Contemporaneamente promuove alcune mostre futuriste in area campana, tra cui quella di Enrico Prampolini (1894-1956) a Capri. Al 1924 risale la rottura con il gruppo futurista, per alcune incomprensioni avute con Marinetti. Dopo l’ultima estrosa pubblicazione del Manifesto cangiullante del 1926, l’artista pone fine alla sua fase di forte sperimentazione, per chiudersi nella predilezione di una scrittura e una pittura tradizionali.

Si fa interprete, ora, di un naturalismo intriso di riferimenti impressionisti, che si avvicinano alla pittura di Luigi Crisconio (1893-1946). All’inizio degli anni Trenta, tenta un riavvicinamento al gruppo futurista, con la pubblicazione del racconto Marinetti al Vesuvio, su un’edizione de “Il Mattino” del 1930, ma per il resto della sua vita, rimane quasi completamente isolato.

Dalla fine degli anni Quaranta, Francesco Cangiullo abbandona anche la letteratura per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Trasferitosi a Livorno, porta avanti un realismo personale e vibrante, fatto di piccoli e veloci tocchi di luce e colore, almeno fino agli anni Sessanta. Muore nella città toscana nel 1976, alla veneranda età di novantatré anni.

Francesco Cangiullo: il Futurismo tra parolibere e segno dinamico

La produzione pittorica di Francesco Cangiullo si accompagna costantemente a quella grafica e letteraria. Dopo l’incontro con Marinetti, le prospettive del giovane artista si legano indissolubilmente al Futurismo, che rimane sua prerogativa stilistica per ben tre decenni.

Dal punto di vista pittorico, espone le prime opere in alcune mostre futuriste italiane ed europee a partire dal 1914, tra cui l’Esposizione Libera Futurista Internazionale alla Galleria Sprovieri di Roma e successivamente all’antologica futurista di Londra, presso le Doré Galleries.

Nella sua prima produzione non si annoverano soltanto dipinti ad olio, ma anche piccoli assemblage come Mademoseille Flic-Flic Chiap-Chiap eseguita in collaborazione con Marinetti, in cui usa diversi materiali come la carta velina e nastri, uniti a segni e parole.

Insieme a Marinetti e Balla, Francesco Cangiullo realizza Dinamismo delle colline di Adrianopoli, che nasce come olio e viene poi decorato da alcuni inserti a collage che presentano le parole marinettiane Zang Tumb-Tumb. Dello stesso periodo sono anche il collage su tavola Dinamismo di una serata futurista e Cavallo in corsa, che si riferisce esplicitamente alle riflessioni boccioniane sulla simultaneità, sul tempo e sul dinamismo.

Negli anni Dieci e Venti, l’artista sperimenta anche la produzione di testi e parolibere, in un contesto decisamente poliespressivo che unisce la scrittura alla grafica e alla recitazione, seguendo non solo le esperienze futuriste, ma anche quelle dadaiste.

Piedigrotta, ADDIoooo, la Firma Panorama si legano ai calligrammes di Apollinaire e denunciano una spiccata espressività visionaria, come si nota anche nel Ritratto di Marinetti e nel Ritratto di Cangiullo del 1916, piccoli capolavori calligrafici e segnici in cui Marinetti viene definito Uomo rosso e Cangiullo Uomo di velluto.

I disegni del Cafè Chantant compaiono in una mostra alla Casa d’Arte Bragaglia nel 1918, insieme all’Alfabeto a sorpresa scritto con Marinetti. Queste esperienze si accompagnano con quelle teatrali che lo accompagnano fino agli anni Venti.

Il ritorno al naturalismo

Nonostante più volte tenterà di riavvicinarsi al Futurismo, Francesco Cangiullo, intorno alla fine degli anni Venti, si ritira in un naturalismo personale e dal tratto veloce che non ha più nulla a che fare con la sperimentazione d’avanguardia.

Ritratti, scene, piccoli momenti quotidiani compaiono nella sua produzione tarda, molto simile a quella realistica di Crisconio. Un cromatismo acceso e vibrante si ritrova nel periodo livornese, in cui esegue una generosa quantità di dipinti pressoché dimenticati, rispetto alla brillante produzione futurista.

Tra di essi si ricordano: Donna sul balcone, Cangiullo e Mena, Donna su sentiero, Piazza san Jacopo, Livorno, Mena in abito bianco, Ischia, Anacronismo.  

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