Niccolò Cannicci

Niccolò Cannicci. La Guardianella di Tacchini. Tecnica: Olio su tela, 58 x 95 cm
La Guardianella di Tacchini. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Niccolò Cannicci (Firenze, 1846 – 1906) conosce i primi rudimenti artistici seguendo l’esempio del padre Gaetano, pittore di paesaggio. Dal 1862, ormai deciso ad intraprendere la carriera di pittore, frequenta l’Accademia di Firenze. Ha come insegnante Enrico Pollastrini (1817-1976), ma contemporaneamente segue la Scuola Libera del Nudo di Antonio Ciseri (1821-1891).

Il contatto con i Macchiaioli a Firenze

Sin dall’inizio, Niccolò Cannicci soffre di problemi di salute che lo costringeranno, per tutta la vita, ad interrompere saltuariamente l’attività artistica. Proprio nel 1868 ha luogo la sua prima pausa, che lo porta a curarsi al Poggetto, la casa di campagna di famiglia a San Gimignano.

A Firenze il pittore è entrato in contatto con i Macchiaioli e ne è rimasto potentemente affascinato. Quindi la formazione purista dell’Accademia, pian piano viene sostituita dallo studio dal vero, dall’osservazione della natura, di cui Niccolò Cannicci diverrà un magistrale interprete.

Sempre alla ricerca di motivi nuovi e attratto dal lavoro, dalle usanze della sua terra, Niccolò Cannicci diviene ben presto un rappresentante del verismo toscano della seconda generazione. Erede della pittura di macchia, inserisce però personali sensazioni liriche, sempre alla ricerca di una serenità agreste o marina che lo ispirerà per tutta la vita.

Il viaggio a Parigi e il contatto con Luigi Pisani

Niccolò Cannicci esordisce alla Promotrice di Torino del 1870, ma dal 1872 inizia ad esporre con regolarità a Firenze. Una fiorente attività espositiva lo porta a partecipare a mostre romane, veneziane, bolognesi e milanesi. Nel 1875 compie un viaggio formativo a Parigi insieme a Francesco Gioli (1846-1922), Egisto Ferroni (1835-1912) e Giovanni Fattori (1825-1908).

È proprio questo il momento di maggiore successo di Niccolò Cannicci: espone nella galleria di Lega e Borrani a Firenze e soprattutto riceve le attenzioni del mercante d’arte Luigi Pisani.
Espone nella sua galleria nel 1878, ottenendo subito il favore della critica. Nello stesso anno prende parte a mostre parigine, poi negli anni Ottanta alla Royal Academy di Londra. I suoi dipinti esprimono una dimensione intimista e agreste, quasi arcadica.

Un delicato tonalismo di derivazione macchiaiola accompagna le sue composizioni serene in cui esprime una sorta di fiducia incondizionata nella dimensione pastorale e contadina. Le esposizioni si susseguono, come i suoi successi, non solo in Italia, ma anche a Parigi e Londra. Nel 1889, infatti, espone con i Macchiaioli all’Universale di Parigi, dove viene premiato.

Le crisi nervose

Nel 1891, a causa di una grave crisi nervosa, Niccolò Cannicci viene ricoverato all’ospedale psichiatrico di Siena. Anche qui, nonostante sia lontano dalla sua campagna, dai colori e dai motivi che tanto ama, si dedica al disegno, ritraendo i malati in un taccuino poi donato a Diego Martelli.

Quando nel 1893 esce dal manicomio, Niccolò Cannicci ritrova la sua vitalità e ricomincia a dipingere. Soggiorna nella pace di Colle Val d’Elsa, più precisamente di Montemiccioli, per almeno un paio di anni. Lo vanno a trovare i suoi amici Gioli e Telemaco Signorini (1835-1901) con i quali condivide le esperienze pittoriche.

Nell’estate del 1895 si trova a Cecina, vicino al mare, presso la tenuta dei Guerrazzi. In questi anni prevale un forte interesse per la campagna del luogo, ma anche per le marine. La sua pennellata diventa più libera, e anche dal punto di vista cromatico la luce acquista un ruolo fondamentale.

Dipinge la spiaggia, i bambini che fanno il bagno, le gramignaie al fiume, il mare grosso o calmo. Alcune composizioni acquisiscono un valore sensibilmente simbolico, soprattutto quelle degli ultimi anni. Tornato a Firenze, vi muore nel 1906 a soli sessant’anni.

Niccolò Cannicci: un intimo naturalismo erede della pittura di macchia

I primi temi di Niccolò Cannicci risentono fortemente delle sensazioni puriste ereditate dai mastri Ciseri e Pollastrini. I primi due dipinti presentati alla Promotrice di Torino del 1870 sono L’ora della messa e L’orfana, due dipinti di interni modulati su un sapiente equilibrio tonale e su toni intimisti.

L’influenza dei macchiaioli, però, gioca un ruolo fondamentale nella formazione di Niccolò Cannicci e questo già si nota dal dipinto presentato a Firenze nel 1871, Il ritorno dal lavoro, accompagnato da Un momento di riposo. Il tema del lavoro nei campi, del riposo nella campagna comincia a comparire nella produzione di Cannicci con grande rilevanza.

È un osservatore acuto della campagna, dei suoi ritmi, dei lavori che da secoli si svolgono con pazienza e misura. Paesaggi lirici ed evocativi, sempre pervasi da un sentimento di calma compaiono alle esposizioni fiorentine. Nel 1874 presenta Costume volterrano, nel 1875 si reca a Parigi e si aggiorna al naturalismo europeo.

Pochi anni dopo espone per la prima volta presso la Galleria fiorentina di Lega e Borrani Contadini che si dissetano alla fontana. Nel 1878 espone a Parigi Vita tranquilla, mentre nel 1881 a Milano compare Ritorno dai campi. Un dipinto intimo e crepuscolare, in cui una famiglia ritorna a casa alla fine di una giornata, insieme alle pecore, sul carretto ricolmo di fascine.

All’Esposizione di Belle Arti di Roma del 1883 presenta Lavoratrici di paglia, mentre Il taglio dell’erba e Ritorno dalla festa vengono inviati alla Royal Academy di Londra, ottenendo un grade successo di critica.

I suoi dipinti cominciano ad essere riprodotti in stampe e nelle riviste, soprattutto La benedizione dei campi e Ritorno da una festa presentato a Venezia nel 1887. Dipinti dedicati alla tranquillità agreste della sua Toscana fanno parte della produzione degli anni Novanta, come Tramonto d’inverno e Veduta di San Gimignano.

Gli ultimi anni tra Cecina e Firenze: tra dipinti agresti e marine

All’inizio del 1891, la crisi nervosa costringe Niccolò Cannicci ad interrompere l’attività artistica per riprendersi nel manicomio di Siena. Ma il suo ritorno alla pittura dopo questa pausa risulta molto proficuo.

La sua pennellata diventa più sciolta e libera, ormai è entrato nella fase più matura della sua ricerca. Mattino, La sementa, Aprile, Bracconiere, Intorno casa e Monti senesi vengono esposti a Firenze nel 1893.

Ma è alla Festa dell’Arte e dei Fiori del 1896 che Niccolò Cannicci dimostra di aver veramente portato a compimento la sua ricerca naturalistica. Vi espone i suoi dipinti più importanti: All’ovile, Estate, Le gramignaie al fiume – Maremma e In attesa di bonaccia.

Quest’ultimo dipinto, insieme a Estate sono due marine eseguite a Cecina, in uno dei suoi soggiorni estivi. Accenti simbolisti e sensazioni liriche, nella semplicità delle composizioni di Cannicci sono portate da una inaspettata passione per le marine, dopo un’infinità di dipinti pastorali.
Nel 1903 partecipa alla Biennale di Venezia con Ave Maria e Gaiezza, a quella del 1905, la sua ultima, con Maternitas, Etruria e All’ovile.

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