Carlo Arpini

Carlo Arpini. Il Lambro a Monza - Olio su Tela, 120 x 175 cm
Il Lambro a Monza. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Carlo Arpini (Ancona, 1866 – Monza, 1922) inizia prima gli studi commerciali, per poi dedicarsi alla pittura frequentando l’Accademia di Brera a Milano. Instancabile viaggiatore, si sposta frequentemente sia in Italia che all’estero, stabilendosi poi definitivamente a Monza. Si specializza nel paesaggio dal vero, realizzando vedute della pianura lombarda, ma anche apprezzabili marine ricche di effetti luministici.

Esordisce a Brera nel 1885, dando vita ad un’intensa attività espositiva, soprattutto tra Milano e Torino. Abile anche nei soggetti di genere, in un secondo momento Carlo Arpini si dedica con passione e partecipazione alla questione sociale, pur non abbandonando mai l’amato genere del paesaggio.

Sempre legato all’accezione verista della veduta, le sue opere risultano spesso pervase da una traccia simbolista e da una vena poetica. Partecipa alle esposizioni di Milano e Torino fino al 1919. Muore a Monza nel 1922.

Carlo Arpini: paesaggio tra verismo e tracce di simbolismo

Carlo Arpini esordisce all’esposizione di Brera del 1885 con un ciclo di paesaggi dal vero dedicati allo studio delle stagioni. L’attenzione alle variazioni temporali ed atmosferiche è preponderante nella ricerca dell’artista, che vi ritorna più volte nel corso della sua carriera.

Sono proprio gli accenti cromatici e luministici, attentamente modulati sulla realtà, che lo fanno notare alla critica e al pubblico. Anche la presenza di una vena simbolista e malinconica, tesa a rendere la natura veicolo di sensazioni nascoste, permea gran parte dei suoi paesaggi. Attraverso una pennellata poco definita, spesso sbozzata, il colore emerge come principale protagonista.

L’attenzione al tempo atmosferico

Sono esempio di questa attitudine i paesaggi presentati nel 1892 all’Esposizione di Torino: Crepuscolo e Impressione. Nello stesso anno, a Palermo, espone D’inverno, un dipinto già presentato l’anno precedente alla Triennale di Milano.

Riproposto di nuovo, sempre nel 1892 a Genova, insieme a Primavera, conferma la fondamentale importanza che Carlo Arpini dà al passaggio del tempo e ai suoi effetti sulla natura. L’accezione simbolica emerge invece dal paesaggio presentato nel 1898 a Torino, Poesia dei monti, che conferisce alla veduta un significato quasi letterario.

Così, alla Mostra Nazionale di Milano del 1906 Carlo Arpini presenta due dipinti fortemente ispirati da una vena poetica: Tristi ricordi e soprattutto l’opera che ha come titolo alcuni versi del XX canto dell’Inferno dantesco. Si tratta di Suso in Italia bella giace un lago / Appiè dell’Alpe che serra Lamagna / sovra Tiralli ed ha nome Benaco.

Per titolare una veduta del Lago di Garda, Arpini sceglie le parole di Virgilio mentre sta descrivendo a Dante il territorio che gli ha dato i natali, quello attorno Mantova.
Alla Promotrice genovese del 1907 risale Sole di primavera, mentre a quella del 1908 Pace, Nel giardino del convento, Vespero e Barche da pesca. Nel 1910, espone Bosco, Gli ulivi, nel 1914 Sera d’inverno, nel 1915 Autunno.

La questione sociale

Accanto ai soggetti paesaggistici, Carlo Arpini si dedica spesso anche a dipinti che sollevano l’annosa questione sociale italiana. Affronta queste particolari tematiche nel dipinto I reietti, esposto a Milano nel 1894, ma anche ne Il figlio della colpa, presentato sempre a Milano nel 1897.

Lo stesso avviene per il dipinto caratterizzato da una pennellata dinamica e movimentata I nostri operai vanno a lavoro, che trasmette il gelo di una fredda alba lombarda.

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