Cesare Sofianopulo

Cesare Sofianopulo. Ultima Nota. Tecnica: Olio su tela
Ultima Nota. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Cesare Sofianopulo (Trieste, 1889 – 1968), nato da una benestante famiglia di origini greche, compie gli studi classici a Trieste, ma li abbandona al secondo anno volendo assecondare la sua vocazione artistica.

Inizia a dipingere da autodidatta, per poi compiere un apprendistato nello studio del pittore Argio Orell (1884-1942), pittore triestino legato al linguaggio europeo delle Secessioni, che lo introduce ad artisti come Gustav Klimt (1862-1918) e Alberto Martini (1876-1954).

Gli anni giovanili tra Monaco e Parigi

Come naturale prosecuzione di questo primo approccio allo stile secessionista, Cesare Sofianopulo, tra il 1910 e il 1911, decide di continuare gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco, dove segue le lezioni di pittura di Angelo Yank (1868-1940).

Poco dopo, intraprende un soggiorno a Parigi, dove entra in contatto con i maggiori rappresentati della cultura avanguardistica del tempo, tra cui Amedeo Modigliani (1884-1920) e lo scultore cubista lituano Jacques Lipchitz (1891-1973). Nel frattempo, studia all’Académie Julian, per poi rientrare a Monaco nel 1912, certo che l’ambiente tedesco sia molto più stimolante di quello parigino.

A questo punto, Cesare Sofianopulo dà una completa svolta alla sua formazione, frequentando la scuola di composizione di Franz von Stuck (1863-1928) e avvicinandosi dunque definitivamente ad un approccio tematico fortemente simbolista ed allegorico, impostato su un disegno sicuro e su un cromatismo personale.

Assiduo frequentatore dei concerti di musica sinfonica, crea numerose corrispondenze sinestetiche tra musica e pittura, dando vita ad una “nuova teoria dei colori”, che già si può osservare nei dipinti esposti nel 1913 all’Esposizione internazionale del Glaspalast a Monaco.

Trieste

Nella pittura di Cesare Sofianopulo coesistono due elementi principali: da una parte uno sfrenato iperrealismo dell’immagine, che risulta analizzata minuziosamente nelle sue minime componenti; dall’altra una trasposizione simbolista di questo formalismo realista, che genera inevitabilmente una pittura quasi metafisica, oscura, misteriosa e profondamente allegorica.

Negli anni Venti e Trenta, animatore attivissimo della cultura triestina, conosciuto da tutti e grande amico di Vito Timmel (1886-1949), partecipa ad alcune edizioni della Biennale di Venezia, ma anche alla Quadriennale di Torino del 1923 e mostre Sindacali torinesi.

Nel frattempo continua la sua ricerca estetica senza mai aderire alle correnti di ritorno all’ordine e rimanendo, di fatto, un outsider apprezzato dalla critica, proprio per la sua inarrestabile diversità.

Intellettuale e studioso, instancabile sperimentatore, si avvicina all’arte bizantina tardoantica, di cui apprezza gli elementi preziosi e decorativi. Versato nella ritrattistica, è in grado di indagare gli antri più oscuri e nascosti della psiche umana, dando vita a rappresentazioni profonde e spesso accompagnate da allegorie della vanitas o della morte.

Molto importanti nella sua produzione sono anche gli autoritratti, in cui l’autore riesce perfettamente ad indagare le molteplici sfaccettature dell’io. Negli ultimi anni, Cesare Sofianopulo si dedica soprattutto alla scrittura, tenendo alcuni diari che lo impegnano dal 1906 alla morte. Traduce poi alcune opere di Baudelaire, di Edgar Allan Poe e di Verlaine. Muore a Trieste nel 1968, a settantanove anni.

Cesare Sofianopulo: il “poetico pictor” tra simbolismo e allegoria

Definendo se stesso un “poetico pictor e un pingente vate”, Cesare Sofianopulo sfocia inevitabilmente nella cifra oraziana ut pictura pöesis, stabilendo infinite corrispondenze tra poesia e arte figurativa.

In effetti, l’artista triestino, eclettico e infaticabile sperimentatore, basa tutta la sua produzione su molteplici corrispondenze tra immagine e allegoria, tra versi poetici e esiti formali realistici e misteriosi allo stesso tempo.

Già negli anni Dieci il simbolo è presente nelle sue tele giovanili, quali Morte al chiaro di luna, Eburnea e Ultima nota. All’Esposizione Internazionale di Monaco del 1913 espone La malata, dipinto dalle forti evocazioni stuckiane e, nello stesso anno, inizia il Ritratto di Frances, su cui passa moltissimi anni della sua vita.

Biennale di Venezia

Al 1919 risale Ultima nota, mentre nel 1924, partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia con Mia sorella Maria Assunta. Sono invece del 1930 Maschere e Meditazione. Ritratto della signora L.W. compare alla Sindacale torinese del 1931 e Mia madre a quella del 1932.

Nel 1933 espone il bozzetto di Ego sum vita alla Biennale di Venezia, seguito da Maschere e Imeneo a quella del 1935 e da Specchio Infranto e Ritratto di Elsa Douzak a quella del 1937.

Sono di questi anni diversi autoritratti, tra cui quello Bifronte, uno dei più importanti, in cui mostra le due metà del suo volto, simmetricamente al di là di un tempio greco che si riflette nell’acqua nel denso buio della notte.
Il suo ultimo autoritratto compare nella Cicchina di Dorothy del 1952, per poi abbandonare quasi definitivamente la pittura, fino alla morte.

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