Tranquillo Cremona

Tranquillo Cremona. Melodie - Tecnica: Olio su Tela, 115 x 129 cm
Melodie. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Tranquillo Cremona (Pavia, 1837 – Milano, 1878) resta orfano molto giovane. Si avvicina ben presto alla pittura e inizia a frequentare la Civica Scuola di Pittura di Pavia. Si forma sotto la guida di Giacomo Trecourt (1812-1882) e subisce l’influenza di Giovanni Carnovali detto il Piccio (1804-1874).

Approfondisce ancora di più i suoi studi quando si trasferisce a Venezia nel 1852 e poco dopo a Milano. Dal 1863 inizia a frequentare una cerchia di pittori che costituirà il nucleo fondamentale della Scapigliatura milanese, tra cui Daniele Ranzoni (1843-1889).

L’importanza del Piccio e di Faruffini

In questo modo Cremona si distacca del tutto dall’ambiente accademico in cui si è formato. Trae ispirazione soprattutto dalla trattazione del colore e della luce che eredita dal Piccio e dall’amico che aveva conosciuto a Pavia Federico Faruffini (1833-1896).

Quest’ultimo, con la sua particolare attenzione a tematiche perturbanti ed intime e con l’introduzione di un colore sfaldato che faceva emergere le trame della tela, aveva in qualche modo dato inizio al cambiamento della pittura lombarda in senso decadente.
È proprio Cremona che accoglie l’eredità di Faruffini, operando prevalentemente a Milano, senza allontanarsi a Parigi come lui.

Nel 1874 diventa socio onorario dell’Accademia di Brera e nel 1878 direttore della Scuola d’Arte di Pavia. Sempre nel 1878 il Teatro alla Scala gli dedica una retrospettiva che lo rende definitivamente famoso, anche donandogli l’attributo di artista bohèmien.

Improvvisamente muore nello stesso anno. Molti attribuiscono la sua prematura morte ad un avvelenamento dovuto al fatto che usava il braccio come tavolozza, ma dal referto medico non è sicuro che sia così.

Tranquillo Cremona e la pittura di storia

Quando Cremona si trasferisce a Venezia, si iscrive all’Accademia di Belle Arti e diviene allievo di Michelangelo Grigoletti (1801-1870) e di Ludovico Lipparini (1800-1856), avvicinandosi alla pittura di storia e al Cinquecento veneziano.
I suoi primi riconoscimenti derivano dal dipinto Un falconiere nel XVI secolo, presentato nel 1859 all’Esposizione dell’Accademia di Brera.

Per evitare l’arruolamento nell’esercito austriaco, nel 1863 si trasferisce a Milano, continuando a dedicarsi al genere storico. Realizza Una visita alla tomba di Giulietta e Romeo, Marco Polo alla corte del gran Kan e un’altra versione del Falconiere.

Soprattutto il Marco Polo, conservato ne La Galleria Nazionale di Roma presenta già un’anticipazione dell’ambientazione esotica, lontana e dal sapore decadente che caratterizzerà i quadri della fase scapigliata dell’artista.

Ovviamente non è ancora stato raggiunto quello sfaldamento cromatico delle opere successive. Il colore è steso liberamente ed impera il decorativismo, che da una parte ricorda il Settecento veneziano, dall’altra un deciso allontanamento dalla pittura accademica.

La Scapigliatura

Dagli anni Sessanta si fa sempre più evidente la tendenza di Cremona Tranquillo ad utilizzare un colore molto vicino a quello di Faruffini. Una stesura inquieta, vibrante, intensa e sfaldata e una lucentezza cromatica quasi confusa e annebbiata, assolutamente cangiante.

Tutto questo coincide con la frequentazione dei rappresentanti della Scapigliatura letteraria e pittorica: i letterati Arrigo Boito, Cletto Arrighi, Giuseppe Rovani, Emilio Praga e il pittore Daniele Ranzoni.

Questo cenacolo intellettuale si separa fortemente dalla cultura ufficiale ed è pervaso da un’aura di maledettismo e dandysmo che contraddistingue lo stesso Cremona e che si riflette nelle sue composizioni.

Cremona Tranquillo elabora scene di matrice romantica e sentimentale, estremamente affascinanti e di immediata comprensione ai più. Basta far riferimento a La Tradita o a Idillio del 1866, primi dipinti rappresentanti di questa tendenza di Cremona verso una pittura dal tocco leggero e disgregato che in qualche modo riesce a unire sfondo e figura.

Una pittura dinamica

Ecco che si giunge al famoso dipinto I due cugini, conservato a Roma a La Galleria Nazionale. È il simbolo del raggiungimento di un linguaggio del tutto diverso da quello del passato lombardo.

I protagonisti sono resi tramite una pennellata vaporosa ed evanescente che tende a contribuire anche alla vaghezza della scena: un incontro affettuoso tra due cuginetti in abiti da festa che si stagliano su uno sfondo indefinito, quasi assente.

Le tematiche amorose, leggere, mondane sono accompagnate da una resa pittorica dinamica, movimentata. Le origini di questo modus operandi sono da rintracciare nel tormento di Faruffini o del Piccio.

I toni scuri sfumano delicatamente verso quelli chiari, in dipinti come In Ascolto o L’edera, in cui un giovane  innamorato sembra quasi implorare la fanciulla a cedere al suo abbraccio. Quest’ultima appare sfuggente, proprio come la pennellata di Cremona.

La ritrattistica

Dello stesso valore sono i ritratti degli anni Settanta, come quello di Vittore Grubicy o quello di Benedetto Junck. Il musicista amico del pittore sembra preso in una situazione di movimento, quasi come se volesse sfuggire al ritrattista, mentre legge uno spartito.
La sua figura evanescente si confonde con lo sfondo in un annebbiamento cromatico sui toni del rossastro e del nero.

La leggerezza e l’eleganza dei ritratti appare anche nell’adozione da parte di Cremona della tecnica dell’acquarello. Con essa realizza opere come High-Life del 1877, in cui quattro giovani donne inserite in un’atmosfera vaporosa passano un pomeriggio mondano in compagnia.

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