Sommario
Biografia
Carlo De Veroli (Carrara, 1890 – Napoli, 1938), figlio di Enza Dazzi, sorella del futuro scultore Arturo Dazzi (1881-1966), inizia sin da bambino a dimostrare un’evidente propensione per il disegno. Decide così di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Carrara e si diploma nel 1909.
In seguito, per completare la sua formazione, entra nello studio di Carlo Nicoli (1843-1915), importante scultore carrarese. Poco dopo, nel 1911, Carlo De Veroli si reca a Roma insieme allo zio Arturo, in qualità di aiutante nella realizzazione del fregio dell’Altare della Patria.
La guerra e il trasferimento a Napoli
Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruola volontario come sergente d’artiglieria. Alla fine del conflitto, viene trasferito all’Arsenale di Napoli, dove decide di rimanere stabilmente. A questo punto, a partire dal 1919, inizia a frequentare lo studio del grande scultore napoletano Vincenzo Gemito (1852-1929).
Qui, conosce la modella Carolina Pelanti, che sposa in tempo brevissimo. In questo periodo, partecipa alla realizzazione di diversi monumenti dedicati alla Vittoria, fino a quando, nel 1920, espone per la prima volta alla Biennale napoletana con tre sculture di tematica mitologica, che gli fanno ottenere un immediato successo di critica.
Il suo maestro Gemito, che lo ammira molto, gli trova uno studio al Vomero, vicino al suo, che gli permette di lavorare in maniera adeguata alle sculture che dovrà portare alla Biennale di Venezia del 1922. Da questo momento in poi, Carlo De Veroli parteciperà con regolarità alle Biennali veneziane per altri dieci anni, fino al 1932.
E proprio con il suo esordio veneziano lo scultore mostra di aver già trasformato il suo linguaggio ancora acerbo e giovanile in una piena adesione ai modi del ritorno all’ordine. La maturità dell’artista di Carrara è quindi legata al novecentismo, declinato, però, in uno stile estremamente personale.
Nudi di donna, ritratti, teste, corpi di atleti ci suggeriscono una netta riscoperta della scultura primitiva, attraverso una rilettura di alcune rigidità delle strutture fisiche che uniscono la solennità dei kouroi e delle korai ad una linea flessuosa e moderna, originalissima.
Gli incarichi ufficiali
Presente alle più importanti esposizioni nazionali fino agli anni Trenta, è però coinvolto anche in numerosi incarichi ufficiali per la realizzazione di monumenti durante il regime fascista. Nel 1929 gli viene commissionata l’esecuzione di otto statue per lo Stadio dei Marmi a Roma, seguite poi da molte altre opere monumentali realizzate a Napoli.
Nel corso degli anni Trenta, comunque, Carlo De Veroli continua a partecipare alle mostre più importanti, come le Quadriennali romane e le Sindacali Fasciste di Napoli. Al 1936 risale l’ottenimento della cattedra di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che deve interrompere nel 1938, a causa delle leggi razziali (era infatti di religione ebraica). Muore esattamente nello stesso anno a Napoli, a soli quarantanove anni.
Carlo De Veroli: l’energico plasticismo primitivista del ritorno all’ordine
Dopo le prime esperienze al fianco dello zio Arturo Dazzi e dunque dopo aver acquisito una concezione formale chiara e robusta, Carlo De Veroli emerge in seguito all’esperienza della guerra.
La vicinanza a Gemito gli permette di tirare fuori le sue caratteristiche peculiari, tra cui quel plasticismo pieno che, negli anni Venti, si coniuga alla riscoperta di sensazioni arcaizzanti.
A Napoli nel 1920 espone Gruppo di Fauno e Ninfa, Satiro e Testa di donna, opere che gli procurano l’invito alla Biennale di Venezia del 1922, in cui presenta Testa virile e Testa di giovane.
Pentimento compare all’edizione del 1924 e Testa e Mia moglie a quella del 1926. Sono opere ancora morbide, ancora non completamente votate al ritorno all’ordine, come invece si verifica per quelle presentate sempre a Venezia nel 1928, Testa di giovinetta e Bambina che mostrano una superficie ruvida e scabra, segno di un’interessante evoluzione verso un personale primitivismo.
Lavorazione del bronzo e del gesso
Le forme cominciano ad apparire plasticamente immobili e senza tempo, in una lavorazione sicuramente elegante del bronzo o del gesso, ma a tratti anche molto sintetica e quasi ancestrale. I risultati di questi sviluppi si riscontrano nella personale che Carlo De Veroli tiene alla Sindacale napoletana del 1929.
Vi espone Riposo, Ritratto, Susanna, Giovanetta, Ritratto della Signora Carmela Matarazzo, Dopo il bagno e Bambina con frutta. In particolare la scultura Dopo il bagno si presenta nelle sue forme flessuose e primitive allo stesso tempo, in un chiaro richiamo al mondo classico, senza eccessi o intenti imitativi.
Nel 1930 è alla Sindacale di Napoli con Dormiente e Mezza figura di vecchio e alla Biennale di Venezia con L’ovaiola. Adolescente e Leopoldo Gatti vengono esposti dallo scultore alla Quadriennale di Roma del 1931, Risveglio alla sua ultima Biennale di Venezia del 1932.
Nel frattempo, inizia a lavorare a livello monumentale, con la realizzazione delle statue per lo Stadio dei Marmi e del Monumento ad Aurelio Padovani, fondatore del partito fascista di Napoli. Partecipa di nuovo alla Quadriennale di Roma del 1935 con Testa di signora in terracotta, Bagnante e Nudo, tre delle sue opere più significative.
Fino al 1938 Carlo De Veroli è sempre presente alle Sindacali di Napoli con opere quali Donna sportiva, Il Re, Nudo.
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