Angelo Del Bon

Angelo Del Bon. Canal Grande a Venezia. Tecnica: Olio su tela
Canal Grande a Venezia. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Angelo Del Bon (Milano, 1898 – Desio, 1952) portato al disegno sin da bambino, si iscrive molto presto all’Accademia di Brera, contrastando i desideri dei genitori. Nel corso degli anni Dieci, ha come maestri Cesare Tallone (1853-1919) e Ambrogio Alciati (1878-1929).

Inizia subito a comporre ritratti che risentono profondamente dell’influenza di Alciati e Tallone e quindi rimane legato per un lungo periodo agli stilemi tardo ottocenteschi. Termina gli studi nel 1922 e ottiene subito la cattedra di pittura presso la Scuola Umanitaria di Milano.

Nel corso degli anni Venti, Angelo Del Bon si avvicina alla poetica di Novecento, dedicandosi a figure solenni e statiche, caratterizzate da una tavolozza molto scura. Ben presto, però, grazie soprattutto all’influenza di Emilio Gola (1851-1923), inizia a schiarire la sua gamma cromatica, fino a raggiungere una pittura delicatissima in cui i corpi iniziano ad avere l’aspetto di sottili ectoplasmi.

Il colore soffuso e tenue è contenuto da una linea di contorno visibile ma fine allo stesso tempo, costruttrice di figure, scene e paesaggi sospesi e chiarissimi. Espone per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1928, dopo aver già preso parte l’anno precedente alla Sindacale milanese.

Il Caffè Mokador e il Chiarismo lombardo

In ambito lombardo, Angelo Del Bon ottiene soprattutto il sostegno di Edoardo Persico, in particolar modo quando, a cominciare dagli anni Trenta, frequenta il caffè Mokador di Milano, insieme ad un folto gruppo di giovani alla ricerca di un linguaggio europeo, lontano dalla rigidità ormai passata di Novecento.

Gradualmente, il pittore opera un ancor più profondo schiarimento della tavolozza, raggiungendo gli esiti del Chiarismo lombardo. Luminosità, chiarezza, delicatezza della tavolozza e la preponderante presenza del bianco sono gli elementi principali della sua poetica, sia nell’elaborazione di paesaggi che nella costruzione di nudi aggraziati e morbidi.

Bonnard e Vuillard sono i riferimenti principali di Angelo Del Bon e non solo. Il gruppo, sostenuto da Edoardo Persico e formato da Umberto Lilloni (1898-1980), Francesco De Rocchi (1902-1978) e Adriano Spilimbergo (1908-1975) costituisce la tendenza verso uno schiarimento totale della tavolozza, in cui ogni oggetto ed elemento sfiora una bidimensionalità diafana e poetica.

L’ispirazione proviene sicuramente dal primo artista che opera in questo senso, Renato Birolli (1905-1959), sempre sostenuto da Persico, ma di fatto indipendente rispetto ai Chiaristi di Milano.

Ad ogni modo, Angelo Del Bon lavora senza tinte scure, ottenendo un immediato successo alle esposizioni italiane ed europee. Nei frequenti soggiorni a Castiglione delle Stiviere, vicino Mantova, elabora paesaggi dai toni pastello, dall’atmosfera incantata e magica, fino a tutti gli anni Quaranta.

Nel 1941 ottiene la cattedra di figura disegnata all’Accademia di Brera, posto che deve abbandonare all’inizio degli anni Cinquanta, quando viene colpito da una paresi che lo costringe a ritirarsi nella sua casa milanese.

Ciononostante, continua a lavorare incessantemente, giungendo anche ad una rievocazione dei toni accesi, lontani da quella tavolozza chiarissima che aveva denotato gran parte della sua carriera. Dopo aver tenuto una personale alla Galleria Gian Ferrari di Milano e dopo aver dipinto l’affresco di ingresso della Triennale, muore improvvisamente nel 1952, a soli cinquantotto anni.

Angelo Del Bon: una pittura delicata e sospesa nell’ambito del Chiarismo

Nei primi anni, quelli prossimi alla formazione, Angelo Del Bon segue principalmente le direttive dei suoi maestri Tallone ed Alciati, lavorando prevalentemente sul ritratto dai toni scuri.

Ne sono esempio Ritratto della sorella Anita, Autoritratto e Ritratto della sorella Pina, opere che seguono il linguaggio tardo ottocentesco, tutte realizzate nella prima metà degli anni Venti.

A cominciare dalla fine del decennio, Angelo Del Bon opera un netto schiarimento della tavolozza, soprattutto dovuto alla frequentazione del Caffè Mokador di Milano. Un folto gruppo di giovani artisti ispirato, come i Sei di Torino, dall’espressionismo francese, cerca di allontanarsi dalle pressioni novecentiste, per addentrarsi in un linguaggio più libero e di levatura europea.

Edoardo Persico, critico attivissimo, sostiene sia i Sei di Torino che i cosiddetti Chiaristi lombardi, con la mediazione di Renato Birolli. È proprio da questo artista che proviene una nuova stesura cromatica, che ben presto adotterà lo stesso Angelo Del Bon.

La superficie diafana e bidimensionale

La tela grezza viene preparata con uno spesso strato di zinco fresco su cui poi viene steso il colore puro, molto chiaro, che poi viene raschiato per far emergere lo strato preparatorio in tutta la sua luminosità e candida delicatezza.

Nel 1928, Angelo Del Bon partecipa alla Biennale di Venezia con Primavera – nudo e Signora allo specchio, dipinti che rappresentano il nuovo corso chiarista della sua pittura, e che gli garantiscono un immediato successo di critica.

Vi ritorna nel 1930 con Paesaggio e Paesaggio lombardo in cui i colori risultano tenui e gli elementi sospesi e bidimensionali, sono sorretti da una struttura disegnativa presente, seppur anch’essa delicatissima.

Alla Biennale del 1932 invia Paesaggio a S. Siro, Bambino e Natura morta, mentre alla II Quadriennale romana del 1935 si presenta con una Marina e a quella del 1939 con Mattino e Paesaggio.

La superficie dei dipinti risulta sempre minima, quasi assente, in questa bidimensionalità trasparente e dalle tinte pastello che caratterizza Angel Del Bon fino a tutti gli anni Quaranta.

Partecipa al Premio Bergamo del 1939, 1941 e 1942 con Rocca delle Caminate, Natura morta, Donna allo specchio e Tramonto. Tra le ultime opere, vi è la decorazione dell’ingresso della Triennale di Milano del 1951 con il tema espressionista della Gioia di vivere.

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