Sommario
Biografia
Domenico De Bernardi (Besozzo, 1892 – 1963) dopo essersi iscritto alla facoltà di ingegneria all’Università di Pavia, abbandona gli studi per dedicarsi alla pittura. Decide, infatti, di frequentare lo studio del pittore di paesaggio Ludovico Cavalleri (1867-1942) da cui apprende l’impostazione naturalista lombarda.
Una formazione da autodidatta
Quindi, si specializza ben presto nel paesaggio, ispirato in special modo dalle vedute di Besozzo, sua città natale, e del territorio di Varese. Si forma sostanzialmente da autodidatta, seguendo i consigli dell’amico e maestro Cavalleri, ma senza mai dipenderne completamente.
Moltissime vedute di Domenico De Bernardi sono dedicate alla natura innevata, trattata con una pennellata sciolta e sincera. La sua pittura, derivante da rimembranze scapigliate, poi filtrate dal naturalismo e da echi simbolisti, risulta ad un tempo lirica e sensibile alle variazioni atmosferiche.
Un linguaggio intimo, dunque, che lo porta ad esporre per la prima volta non troppo giovane, a ventotto anni, nel 1920, alla Biennale di Venezia. Per molti altri anni, partecipa alla rassegna veneziana, non mancando neanche le Quadriennali romane, le mostre Sindacali degli anni Trenta e il premio Bergamo.
Il ritorno all’ordine
Proprio tra gli anni Venti e Trenta, il naturalismo e l’impressionismo delle prime opere vanno modificandosi. Si trasformano infatti in un linguaggio che risente moltissimo del clima di ritorno all’ordine. Per cui, linee razionali, forme equilibrate, statiche e geometriche pervadono i paesaggi di Domenico De Bernardi, che si aggiornano alla pittura contemporanea.
Perdono quel lirismo iniziale per cedere alle masse e ai volumi che richiamano la tradizione italiana del Trecento e del Quattrocento. Il colore, da intimo, sfumato e delicato qual era, si fa netto, definito, come il disegno.
A questo mutamento contribuisce anche un suo viaggio in Libia degli anni Trenta, che gli permette di schiarire la sua tavolozza e di introdurre vedute nuove, lontane dai suoi luoghi natali.
La propaganda fascista
La necessità di crescita industriale e sociale autarchiche che chiedeva il regime fascista, porta Domenico De Bernerdi a tralasciare piano piano il paesaggio naturalistico. Esso viene infatti sostituito da vedute urbane, con scorci di ferrovie, di palazzi in costruzione, di incessanti attività lavorative, a celebrazione della propaganda fascista. Per questo, si reca anche a Roma con la volontà di ritrarre le fasi delle demolizioni e delle nuoce costruzioni, come Via dei Fori Imperiali.
I risultati di queste osservazioni vengono esposti proprio con il titolo I lavori di Roma nell’anno X, sostenendo apertamente l’attività del Duce.
Negli ultimi anni, dopo la guerra, tiene una serie di importanti personali a Varese, Milano e Besozzo stessa. La sua pittura si fa più leggera, come quella iniziale. Ma questa volta il colore è quasi assente e il segno si fa impalpabile a favore dell’atmosfera.
Emerge negli ultimi tempi anche l’interesse verso la tecnica litografica. Dopo un soggiorno a Londra degli anni Cinquanta, da cui riporta una serie di impressioni, muore a Besozzo nel 1963.
Domenico De Bernardi: gli esordi nel solco del naturalismo lombardo
L’esordio di Domenico De Bernardi avviene alla Biennale di Venezia del 1920, quando presenta la suggestiva opera Nebbie. Questo soggetto sarà più volte trattato dal pennello del pittore, insieme a quello della neve, soprattutto nella sua prima fase di produzione.
Essa è caratterizzata dall’inconfondibile segno del naturalismo lombardo ereditato da Cavalleri, come è ben visibile da opere come Temporale, Autunno e Nel prato. Sensibili alle variazioni atmosferiche e caratterizzate da una pennellata impressionista e da una luce delicata e diffusa. Sotto questo aspetto appare anche Ultimo raggio, presentato alla Biennale del 1922 e le opere esposte nella personale alla Galleria Pesaro di Milano del 1925.
Tra di esse si segnalano Riflessi verdi, La raccolta delle castagne, Campagna lombarda, Autunno in villa, Lavandaie, Il ponte del mio paese, La stalla, Besozzo dal Sasso, Sera d’inverno e Armonie autunnali. Ma in questa personale compaiono anche le prime opere dedicate alle nuove costruzioni e alle demolizioni imposte dal regime fascista da poco instaurato.
Una pittura più razionale: l’influenza di Novecento
Giunta alla metà degli anni Venti, la pittura di Domenico De Bernardi subisce un sostanziale mutamento. Risente fortemente dell’influsso del ritorno all’ordine operato dal gruppo Novecento a Milano, sotto la guida di Margherita Sarfatti.
I suoi sfumati e lirici paesaggi della prima fase si trasformano in vedute razionali dai colori e dal segno netto e imponente. Le vedute di campagna lasciano il passo a paesaggi urbani in costante divenire, sotto il lavorio incessante della propaganda di regime.
Una seconda mostra alla Galleria Pesaro del 1929 segna questa maturazione, con opere come Ferrovia, Milano con la neve, Cavalcavia, La strada, Vecchia ferriera, Cimbro, Locomotive, Smistamento, vapori in attesa a Genova, Stazione, Disegno per la ferrovia in allestimento.
Significativo dipinto di questa fase è Costruzioni – lavori nuova ferrovia F.F.S.S – Milano, presentato alla Biennale di Venezia del 1930. S’approssima il temporale e Il porto di Genova vengono esposti, invece, alla I Quadriennale romana del 1931, Sarigo, Strada in costruzione e Mattino a quella del 1935.
Negli anni Trenta partecipa a molte Sindacali fasciste in tutta Italia e al Premio Bergamo del 1939, in cui espone Varesotto e Strada lombarda. Nel dopoguerra, invece, il suo linguaggio ritorna in parte al lirismo dei primi tempi, abbandonando quel fiero incastro di volumi e di cromie nette e precise, attente alla spazialità razionale del ritorno all’ordine.
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