Domenico Rambelli

Domenico Rambelli. Fante che dorme (dettaglio). Tecnica: Scultura in gesso
Fante che dorme (dettaglio). Tecnica: Scultura in gesso

Quotazioni Domenico Rambelli

Questo artista ha un mercato nazionale e ha prodotto sia sculture che tecniche miste. Queste ultime hanno un arco di valutazioni tra i 500 e i 1500 euro a seconda del soggetto e della grandezza.

Le sculture sono sicuramente più ricercate da un pubblico di nicchia molto attento: purtroppo le sue opere non compaiono spesso sul mercato perché sono andate invendute in quanto proposte a prezzi troppo alti. Le valutazioni per una scultura in bronzo di medio formato possono essere tra i 2.500 e i 5.000 euro, cifre oltre i 10.000 euro solamente per i capolavori

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Biografia

Domenico Rambelli (Faenza, 1886 – Roma, 1972) si forma presso la Scuola di Arti e Mestieri di Faenza, che frequenta dal 1899 al 1903. Sono anni cruciali per il giovane artista, non solo dal punto di vista accademico, ma anche da punto di vista umano: stringe un profondo rapporto di amicizia con gli artisti faentini Domenico Baccarini (1882-1907), Ercole Drei (1886-1973) e Pietro Melandri (1885-1976).

Firenze e Parigi

Domenico Rambelli, tra 1902 e il 1904 si trasferisce a Firenze per frequentare la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti. Firenze è una tappa fondamentale, non solo per la Scuola, ma anche per l’assiduo studio dello scultore all’interno dei musei, che lo mettono direttamente in contatto con la scultura antica e rinascimentale.

Nel 1905 esordisce alla Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, mentre nel 1906 prende parte alla Mostra di Milano per il Traforo del Sempione, nel 1907 è per la prima volta alla Biennale di Venezia e nel 1908 espone nella sua Faenza, insieme al “Cenacolo baccariniano”.

Dopo queste prime esperienze artistiche che ancora lo tengono legato alla scultura verista di fine Ottocento, Domenico Rambelli compie un soggiorno a Parigi che gli permette di conoscere l’operato di Auguste Rodin (1840-1917).

Il primo dopoguerra

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, l’artista faentino si arruola come volontario, ma viene congedato quasi subito a causa di una grave ferita. Rientrato a Faenza, nel 1919 gli viene affidato l’insegnamento di Plastica ornamentale presso la Regia Scuola di Ceramica di Faenza e mantiene questo incarico fino agli anni Quaranta.

Negli anni Venti, Domenico Rambelli diviene uno dei principali interpreti della scultura del ritorno all’ordine. Realizza soggetti dalle volumetrie monumentali, dalla linea fortemente sintetica e dalle dimensioni possenti. Si tratta di corpi che riflettono sicuramente la riscoperta della scultura arcaica, data la loro staticità ieratica e solenne.

Questo nuovo indirizzo scultoreo si compie a pieno con le opere esposte alla Fiorentina Primaverile del 1922 e alla Biennale di Venezia dello stesso anno. Nel corso degli anni Venti gli vengono commissionati diversi monumenti ai caduti che si inseriscono sempre nel contesto del ritorno all’ordine di Novecento, con cui espone nel 1926 alla Permanente di Milano.

Il successo, tra esposizioni e monumenti

Le sue figure piene e tornite si rifanno all’idea della sacralità formale delle statue greche antiche, con il loro tipico sorriso arcaico e le membra pesanti, che rielaborano anche il classicismo pittorico di Picasso (1881-1973).

Sintetismo, volumetrie maestose ed equilibrio compositivo nell’utilizzo del gesso o del bronzo sono le caratteristiche principali della scultura di Domenico Rambelli nel corso degli anni Venti e Trenta, quando espone alle Quadriennali romane.

Ma il successo dello scultore si deve soprattutto alle numerose opere ufficiali e di stampo fascista che gli vengono commissionate fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Negli anni Cinquanta, invece, la sua attività scultorea si fa sempre più diradata e privata, eccezion fatta per gli ultimi, importanti monumenti e opere funerarie.

Dopo essere stato nominato Accademico di San Luca nel 1960, passa gli ultimi anni a lavorare nel suo studio romano, fino alla morte, sopraggiunta nel 1972, all’età di ottantasei anni.

Domenico Rambelli, il ritorno all’ordine: una scultura arcaica e monumentale

La prima fase scultorea giovanile, in cui Domenico Rambelli entra a far parte del cenacolo artistico che si raccoglie attorno alla tormentata figura di Baccarini, è segnata da due importanti esposizioni.

Nel 1906, a quella milanese per il Traforo del Sempione espone il disegno La fornace e le due sculture in gesso Dramma e Sofferente, cariche di commistioni tra verismo e simbolismo. Alla Biennale di Venezia del 1907, si presenta invece con il ritratto di Francesco Beltramelli Il mio maestro. Già questa scultura contiene forti assonanze con il non finito sfuggente e suggestivo di Rodin o Medardo Rosso (1858-1928) che conoscerà a Parigi di lì a poco.

La poetica personale

Ma è a cominciare dal primo dopoguerra che si esprime al massimo la poetica personale di Domenico Rambelli. Si fa protagonista di un sintetismo dai volumi generosi e ascetici nella loro fissità ieratica. I corpi monumentali richiamano un primitivismo puro e primordiale, ricollegato al presente attraverso la scelta di soggetti tratti dalla realtà.

Sono esempio di questi sviluppi le iconiche opere presentate alla Fiorentina Primaverile del 1922 La portatrice e Il canto, ma anche la Piccola Susanna esposta alla Biennale di Venezia dello stesso anno.

Del 1927, è il Monumento all’aviatore Baracca per Lugo di Romagna, inaugurato nel 1936. Altrettanto importante è il Monumento ai caduti di Brisighella che Domenico Rambelli realizza nel 1928, attraverso la figura di Fante che dorme, il cui modello viene presentato alla Quadriennale di Roma del 1931.

Nel 1939 si trova di nuovo alla Quadriennale di Roma, dove ha una sala personale, in cui espone tredici opere, tra cui Fanciulla che canta, Il re imperatore, Eroe del mare, Signorina M.C., Uomo malato e Duce armato. Risale invece alla Quadriennale del 1943 Medaglia d’oro Bruno Mussolini.

Nel secondo dopoguerra, Domenico Rambelli si occupa della sistemazione della cappella di S. Francesco d’Assisi nella Basilica di S. Eugenio, mentre poco dopo si dedica al Monumento funerario di Francesco Balilla Pratella nel cimitero di Lugo.

 

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