Edgardo Sambo Cappelletti

Edgardo Sambo Cappelletti. Nudi al Sole, 1911 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Nudi al Sole, 1911 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Edgardo Sambo Cappelletti (Trieste, 1882 – 1966), cresciuto in un ambiente borghese della Trieste di fine secolo, è attratto dall’arte sin da bambino. Per volere paterno, però, compie gli studi tecnici con l’obiettivo di dirigere lo stabilimento tipografico di famiglia.

Per questo motivo, il suo vero accesso al mondo della pittura avviene solo intorno ai vent’anni. Dopo aver frequentato, per un breve periodo, lo studio del pittore triestino Giovanni Zangrando (1867-1941), nel 1906, si trasferisce a Venezia, dove rimane per un anno in Accademia.

La formazione a Monaco

La vera e propria esperienza formativa di Edgardo Sambo Cappelletti si svolge, in realtà, a Monaco di Baviera. Vi si trasferisce nel 1907, per frequentare l’Accademia, dove è allievo di Karl von Marr (1858-1936). Dopo un fugace ritorno in Italia per esporre alla Quadriennale di Torino del 1908, dove peraltro ottiene un immediato successo di critica, il suo spirito curioso e la sua natura di viaggiatore lo portano di nuovo in Germania e poi in Boemia. A Praga affianca l’attività di pittore da cavalletto a quella di decoratore. Si occupa, infatti, dell’esecuzione di un ciclo sacro per il convento di Emaus.

A questo punto, lo stile del pittore triestino risulta intessuto di reminiscenze post-impressioniste arricchite chiaramente dalle tendenze secessioniste che ha assorbito a Monaco. Nel convento boemo, ha saputo richiamare le atmosfere sospese e medievali della pittura giottesca, grazie ad una graduale stilizzazione plastica delle figure, all’uso del fondo oro e di uno spiccato simbolismo.

Il pensionato a Roma

Dopo aver esposto a Trieste nel 1911, Edgardo Sambo Cappelletti vince il pensionato a Roma. Preso uno studio alla Passeggiata di Ripetta, lavora incessantemente portando avanti una ricerca in prevalenza tonale e luministica dagli accenti decisamente espressionisti.

Le sue figure e i paesaggi urbani e agresti raccolti nella campagna romana, infatti, sono costruiti con una pittura ricca di sostanza luminosa e di campiture larghe di colore che lo affiancano ad alcuni artisti italiani, tra cui Amedeo Bocchi (1883-1976) e i divisionisti romani. Dal 1913 al 1915 partecipa alla Secessione di Roma, per poi partire come volontario per il fronte.

Il rientro a Trieste

Dopo la guerra, il pittore si stabilisce di nuovo a Trieste, impegnandosi nella vita culturale e politica della città. Dal 1922 al 1924, infatti, ricopre la carica di consigliere comunale, mentre dal 1929 e fino agli anni Cinquanta è conservatore del Museo Revoltella, contribuendo ad arricchirne la collezione.

Nel 1922, Edgardo Sambo Cappelletti partecipa, per la prima volta, alla Biennale di Venezia, dove poi ritorna fino al 1932. Gli anni Venti e Trenta rappresentano il raggiungimento di una magica eleganza espressiva, in cui gli studiati accordi cromatici e il disegno calibrato delineano un forte avvicinamento alle istanze di ritorno all’ordine e alla riscoperta del Quattrocento italiano.

Tornerà ad una pittura brillante e fatta di pennellate ampie e di impasto cromatico corposo e denso solo negli anni Quaranta, quando sembra riproporre i dipinti espressivi e luminosi degli anni Dieci. In qualità di conservatore del Museo Revoltella, durante la Seconda guerra mondiale si occupa della tutela e della vigilanza delle opere.

Continua a partecipare attivamente alla vita culturale della città anche negli anni Cinquanta, tanto da ottenere l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. A causa di un incidente nel 1959, smette di dipingere e si ritira in un isolamento che dura fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1966, all’età di ottantaquattro anni.

Edgardo Sambo Cappelletti: l’unione lirica di luce e colore, tra Secessione ed Espressionismo

L’opera d’esordio di Edgardo Sambo Cappelletti è il ritratto Nerina presentato alla Quadriennale di Torino del 1908. La matrice impressionista ereditata da Zangrando si sviluppa grazie a sapienti accordi tonali che si diffondono come masse chiaroscurali sulla tela. L’impostazione cromatica sciolta ed elegante nasconde una narrazione emotiva e lirica che proviene direttamente dall’esperienza monacense a contatto con la Secessione.

L’impresa decorativa del convento benedettino di Praga, invece, racchiude pienamente l’unione tra tendenze neogotiche e bizantineggianti. Esse provengono dalle nuove idee emanate dalla Scuola di Beuron, un’abbazia benedettina tedesca, che auspica il ritorno alle decorazioni paleocristiane, con una tendenza alla bidimensionalità e alla preziosità della colorazione.

Dopo questa breve parentesi così fortemente simbolica, Edgardo Sambo Cappelletti inizia il suo periodo romano. Luce e colore sono alla base della sua ricerca. Campiture larghe e ricche di materia pittorica si intervallano a suggestioni divisioniste, come ben si nota dai dipinti del 1911 che gli fanno ottenere il pensionato romano, Nudi al sole e Ritratto della sorella.

Interni, figure, paesaggi: tra espressionismo e ritorno all’ordine

Echi lirici ed evocazioni simboliche continuano ad emergere dalle opere di paesaggio e di figura che espone alle Secessioni romane. Uno Studio nel 1913, Bambola nel 1914 e Macchie di sole del 1915, conosciuto anche come Bambola. Opera particolarmente significativa di Edgardo Sambo Cappelletti, unisce le languide sensazioni di un interno con la luce che filtra dalle tende, dando all’ambiente una atmosfera ricca di riflessi estremamente cangianti ed armonici.

Dopo la guerra, il pittore riprende ad esporre alla Biennale di Venezia del 1922 con Frammento, non senza evidenziare l’influenza del ritorno all’ordine e di Novecento. Invece di recuperare modelli austeri e monumentali, accoglie del ritorno all’ordine solo alcuni elementi, come un formalismo più severo e un luminismo decisamente meno espressivo degli anni precedenti.

Questo si nota dalla silenziosa e solenne Natura morta della Biennale del 1928. Ma anche Modelli della Biennale successiva, in cui un’atmosfera sospesa e metafisica avvolge le figure di casoratiana memoria. Un plasticismo sicuro e classico pervade le figure di Fanciulla in rosa, presentata alla Quadriennale di Roma del 1931. Lo stesso avviene per la Serenità della Biennale del 1932, nudo perfetto ed enigmatico, così come il Nudo di donna in barca del 1933 e Guardando l’altra sponda del 1934.

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