Eleuterio Pagliano

Eleuterio Pagliano. Nell’Harem (dettaglio). Tecnica: Olio su tavola, 40 x 26 cm. Firmato e datato
Nell’Harem (dettaglio). Tecnica: Olio su tavola. Firmato e datato: “E.Pagliano Napoli 1877”

Biografia

Eleuterio Pagliano (Casale Monferrato, 1826 – Milano, 1903) dimostra eccellenti doti artistiche sin da bambino. Il padre medico, sensibile a questa attitudine del figlio, riesce a farlo entrare a soli dieci anni, nel 1836, all’Accademia di Brera, dietro diretto interessamento di Luigi Sabatelli (1772-1850).

In Accademia, stringe subito amicizia con Giuseppe Bertini (1825-1898), a cui rimarrà legato per tutta la vita. Inizialmente, la sua produzione è essenzialmente ancorata alla tradizione neoclassica di stampo accademico, ma in seguito il suo linguaggio si modificherà anche in seno agli orientamenti patriottici.

Nel 1848, infatti, partecipa con fervore alle Cinque giornate di Milano e nel 1849 segue Garibaldi a Roma. Qui assiste all’eroica morte di Luciano Manara, cui dedicherà un dipinto molti anni dopo.

È proprio in questo momento che Eleuterio Pagliano abbandona gradualmente i soggetti e lo stile classico per fare suo un linguaggio più attuale, romantico, sempre legato alla tematica storica e risorgimentale.

Il clima artistico milanese e il fervore patriottico

Nel 1850, il pittore decide di stabilirsi definitivamente a Milano. Qui, partecipa assiduamente alle mostre braidensi, ma prende parte anche alle Promotrici torinesi e alle esposizioni di Napoli, Venezia e Firenze. Nel suo studio milanese, Eleuterio Pagliano accoglie amici e artisti, scrittori e politici, contrassegnato da una proverbiale affabilità.

È proprio attorno al 1850 che conosce una figura importantissima sia per la sua vita che per la sua carriera pittorica: Domenico Morelli (1826-1901). Tra il 1856 e il 1857 compie un lungo viaggio in Italia, per ampliare la sua formazione artistica.

Questa sarà l’occasione giusta per incontrare l’amico Morelli a Firenze e per conoscere, grazie al suo intervento, i pittori della generazione verista, legati, in un primo momento, alla tradizione risorgimentale.

Si lega dunque a Odoardo Borrani (1833-1905) e a Vito D’Ancona (1825-1866) che saranno importantissimi per l’approdo ad un cromatismo vivido e vero, da unire alla sua pittura di storia. Rientrato a Milano raggiunge un immediato successo, guadagnandosi la stima della Marchesa Poldi Pezzoli.

Un’altra importante tappa che cuce insieme eventi storici e personali dell’esistenza di Eleuterio Pagliano è la partecipazione alle campagne della guerra d’indipendenza. Nel 1859, infatti, si arruola tra i Cacciatori delle Alpi, sempre al seguito di Garibaldi.

Il sodalizio artistico con Morelli

Dopo aver guadagnato la medaglia al valore militare, rientra a Milano, dedicandosi quasi esclusivamente a dipinti risorgimentali, tratti anche dall’esperienza personale, a ritratti celebrativi e ad episodi storici.

Nel 1860 ospita nel suo studio Domenico Morelli, intensificando ancora di più il sodalizio artistico e personale con l’amico. È proprio a partire dal 1860 che Eleuterio Pagliano comincia a dipingere en plein air, proprio sulla scia di Morelli, unendo il linguaggio verista alla prospettiva storica. Il suo stile si fa più libero e sciolto, ormai lontano da ogni prescrizione accademica.

L’artista raggiunge un successo strepitoso negli anni Settanta, quando riceve riconoscimenti e commissioni. Oltre che a lavorare a grandi tele storiche, infatti, si dedica alla decorazione pubblica. Affresca i velari di teatri di Como e Verona, la Stazione Centrale di Milano e la Galleria Vittorio Emanuele II.

Dagli anni Ottanta, comincia a dedicarsi anche all’acquaforte e alla litografia, mentre le dimensioni delle tele diminuiscono. Il ritratto è il genere di cui si occupa di più negli anni Novanta e partecipa alla sua ultima esposizione nel 1891. Muore a Milano nel 1903, a settantasette anni.

Eleuterio Pagliano: la pittura di storia e i soggetti risorgimentali

Nel 1846, Eleuterio Pagliano, ancora ventenne, esordisce alla Promotrice di Torino con due Ritratti e con l’episodio Virginia nel deserto che accarezza una colomba. Nel 1850, dopo aver preso parte alle campagne garibaldine, espone a Brera Giuditta che si reca al campo di Oloferne e contemporaneamente a Torino presenta Contadina nella campagna di Roma e Una schiava.

In questa fase si nota il primo impatto di Eleuterio Pagliano con il linguaggio innovativo di Domenico Morelli. Il vero si unisce all’evento rappresentato, facendo della pittura di storia non più una celebrazione accademica, ma una narrazione reale, sensibile all’atmosfera e alle variazioni cromatiche.

Con uno studio dal vero di Baccante partecipa all’Esposizione di Torino del 1855, prima di compiere un viaggio in Italia. Rientrato da Firenze nel 1857, espone a Brera la grande tela con L’origine della Compagnia della Misericordia a Firenze, acquistato dalla marchesa Poldi Pezzoli. Il dipinto viene proposto anche a Torino nello stesso anno, insieme a Il cavalier Bajardo convalescente a Brescia e a L’incontro di Petrarca e Laura.

Tra il vero e la storia

Nel 1861, anno in cui ospita Morelli nel suo studio, mentre sta dipingendo Il paggio di Lara, Eleuterio Pagliano giunge a piena maturazione, unendo vero e storia. Espone a Firenze La famiglia Amidei collegata per vendicare la sorella dell’offesa recatale da Buondelmonte, muove da casa ad uccider Lui che passava pel Ponte Vecchio, insieme a Marietta Tintoretto.

Questi dipinti, come La presa del cimitero di Solferino del 1860, sono tutti realizzati seguendo i modelli en plein air, alla luce del sole. Nel 1870 partecipa alla Nazionale di Parma con La cucitrice e nel 1872 a quella di Milano con I coniugi Ponti, La musica popolare, La morte della figlia di Tintoretto e La figlia di Silvestro Aldobrandini rifiuta di ballare con Maramaldo, che gli fa ottenere il Premio Principe Umberto e l’acquisto da parte della Casa Reale d’Egitto.

Con Rivista dell’eredità partecipa alla Nazionale di Napoli del 1877 e con L’estate di San Martino, La lezione di geografia e Napoleone e Giuseppina alla Promotrice di Torino del 1880.

Nel 1884 espone un episodio legato alla sua partecipazione della difesa della Repubblica Romana nel 1849: Il corpo di Luciano Manara a Santa Maria della Scala a Roma. Con esso compaiono Il Natale, Lavandaia (Lago Maggiore) e Paesana (Lago Maggiore).

Risale poi al 1887 la sua partecipazione all’Esposizione Nazionale di Venezia, in cui invia Lettura sospesa, Il mio studio, Costume giapponese e Studio dal vero. Partecipa alla sua ultima esposizione a Torino nel 1891, presentando La figlia del Tintoretto.

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