Emilio Rizzi

Emilio Rizzi. Toilette (La Vasca da Bagno), 1913. Tecnica: Olio su tela, 92 x 98 cm
Toilette (La Vasca da Bagno), 1913. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Emilio Rizzi (Cremona, 1881 – Brescia, 1952) sin da bambino dimostra una spiccata propensione verso il disegno. Nel 1895, si iscrive all’Accademia di Brera, dove ha come maestri Cesare Tallone (1853-1919) e Giuseppe Mentessi (1857-1931), importantissimi per la sua formazione.

Fondamentale è anche l’apporto della cultura scapigliata che rimarrà sempre un punto di riferimento certo nella sua produzione anche novecentesca. Grazie al pensionato Fanny Ferrari di Cremona, nel 1903 riesce a compiere un viaggio di studio a Roma della durata di tre anni.

Presso l’Accademia di Belle Arti, segue il corso di pittura di Antonio Mancini (1852-1930), con cui instaura un rapporto profondo, divenendone collaboratore. Immediatamente, l’impatto con il maestro emerge dalle tele romane di Emilio Rizzi, caratterizzate da una pennellata vibrante e da intense accensioni cromatiche e luministiche.

Tra Roma e Parigi

Le opere del pittore, ritratti di matrice liberty, si presentano spedite e dinamiche, costruite attraverso una pennellata sferzante che a tratti ricorda Giovanni Boldini (1842-1931), a tratti alcuni dinamismi di Giacomo Balla (1871-1958). Anche i paesaggi, realizzati nelle frequenti passeggiate nella campagna romana, spesso realizzati con la tecnica divisionista, presentano un attento studio della luce e del colore.

Emilio Rizzi, nel primo decennio del Novecento, risulta poi intensamente legato alla questione sociale, come la maggior parte dei divisionisti. Molte sue tele sono dedicate alla narrazione della fatica, al duro racconto del lavoro in fabbrica o in miniera, sempre velate da un riferimento allegorico e caratterizzate da partecipazione emotiva e da uno spesso sostrato epico.

Nel 1909 il pittore si trasferisce a Parigi, partecipando con energia al clima edonistico e leggero della belle époque: i dipinti dedicati al lavoro e al sacrificio umano vengono gradualmente abbandonati e sostituiti da ritratti muliebri che hanno come protagoniste bellissime donne dell’alta borghesia.

Qui, il riferimento a Boldini si fa ormai esplicito, soprattutto nella caratterizzazione vorticosa della pennellata nella resa di vestiti e capigliature eleganti e raffinate. Il tocco diviso e pulviscolare della fase romana si trasforma ormai in questo movimento vivido e vitale, che lo porta ad un indiscusso successo di critica e di pubblico.

Espone con regolarità a Parigi, dove rimane fino allo scoppio della Prima guerra mondiale. Nel frattempo, espone anche alla Secessione romana e, nel 1915, si arruola nell’artiglieria e viene inviato a Napoli.

Il ritiro a Brescia

Prima e dopo la guerra, Emilio Rizzi non si vede mai coinvolto negli sviluppi futuristi, nonostante venga costantemente corteggiato da Marinetti. Negli anni Venti, dopo il suo trasferimento a Brescia, si ripete lo stesso meccanismo anche con Novecento: il pittore non aderisce alle istanze del ritorno all’ordine, anzi, rimane costantemente legato al suo linguaggio.

Negli ultimi anni, si verifica un quasi completo abbandono della figura. Si dedica prevalentemente al paesaggio, spostandosi frequentemente tra i laghi della Lombardia e la costa adriatica, tra Cattolica e Gradara.

Alla fine degli anni Trenta rientra per un breve periodo a Roma, dove ritrae con piacere e delicatezza la campagna romana. Infine, negli ultimi anni, insegna a Brescia nell’Associazione Artistica di cui è socio fondatore. Muore dopo aver tenuto una grandiosa personale proprio presso l’Associazione, nel 1952, a settantuno anni.

Emilio Rizzi: ritratti e questione sociale in seno al Divisionismo

La prima fase lombarda di Emilio Rizzi è caratterizzata da un’attenta reinterpretazione dei modi scapigliati, soprattutto nell’utilizzo di una tavolozza evanescente e nella scelta della figura come principale protagonista dell’opera.

All’arrivo a Roma, Antonio Mancini produce una svolta nella pittura del ragazzo, poiché il suo tratto diventa più sfaldato e vibrante, con picchi di luminosità e di introspezione psicologica dovuti sicuramente all’osservazione delle tele del maestro.

È importante sottolineare come all’inizio del Novecento Emilio Rizzi sia interessato tanto al ritratto quanto alla questione lavorativa e sociale, trattata con impegno politico e coscienza critica. Alla Mostra di Milano per il Traforo del Sempione del 1906 presenta, infatti, Orfanella, Silenzio e la famosa opera di grandi dimensioni I lavoratori del gas, importantissima per il suo significato storico e simbolico.

Opere simili, sempre dedicate al tema del lavoro e dello sfruttamento, trattati con accezione eroica, quasi come epopee dei tempi moderni, sono Minatore ferito, L’infortunio e Minatori. Per quanto riguarda il ritratto, invece, compaiono già dai primi anni del Novecento dipinti quali Ritratto di Jole, Profilo di donna in lettura e Ritratto della cugina Augusta Rizzi, trattati con spiccata adesione al gusto liberty e pennellata rapida e divisa, sull’esempio di Balla.

Lo stesso avviene per i paesaggi della campagna romana, cui Emilio Rizzi si dedica nel periodo che va dal 1907 fino al suo trasferimento a Parigi: visita il viterbese e la Ciociaria, traendone spunto per la realizzazione di numerosi paesaggi di intenso valore simbolico.

I ritratti della belle époque a Parigi e il paesaggio a Brescia

Il 1909 segna il trasferimento di Emilio Rizzi a Parigi. Qui emerge con vigore il cambiamento della pennellata in favore di tratti sferzanti e dinamici che ricordano il linguaggio di Boldini. Affascinanti donne della borghesia diventano le protagoniste dei suoi dipinti ambientati in caffè o in interni eleganti.

Espone con assiduità al Salon des Indipendants opere come Donna che si pettina, Toilette (ermonie in bianco), La vasca da bagno e Dolce far niente. All’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma del 1911 presenta La posa e Allo specchio.

Dopo la guerra, il pittore lombardo non aderisce al ritorno all’ordine, ma si dedica invece ad una interpretazione intimista del paesaggio. La sua pennellata dinamica si fa più tenue e anche il divisionismo degli inizi scopare quasi del tutto.

Compaiono nella sua ultima produzione vedute del lago di Garda, di Cattolica e di altre città dell’Adriatico, ma anche dell’amata campagna romana, in particolare della zona di Soriano nel Cimino.

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