Ermenegildo Agazzi

Ermenegildo Agazzi. Riflessioni - Tecnica: Olio su Tela
Riflessioni. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Ermenegildo Agazzi (Mapello, 1866 – Bergamo, 1945) è il fratello minore di Rinaldo (1857-1939), da cui viene introdotto allo studio della pittura e da cui riceve i primi insegnamenti. Lo introduce al verismo della scuola napoletana e al linguaggio di Antonio Mancini (1852-1930), molto presente nelle sue opere della prima fase.

Nel 1885 si iscrive all’Accademia Carrara di Bergamo dove segue i corsi di Cesare Tallone (1853-1919). Esordisce l’anno successivo alla mostra dell’Accademia con un ritratto, ma nel corso della sua carriera si dedicherà anche al paesaggio e a scene di genere.

A differenza del fratello, interprete di un verismo a tratti drammatico e dai toni scuri, Ermenegildo Agazzi si fa promotore di un cromatismo più acceso. 

Ispirato comunque dal realismo napoletano, lo mitiga attraverso una personale vivacità che rende i suoi dipinti più luminosi, anche grazie al colore che emerge dalla tela quasi in modo materico. Dunque, unendo il sostrato naturalistico formale e cromatico ad una sapienza poetica romantica e del tutto peculiare, tenta di dare vita ad una pittura nuova.

Il trasferimento a Milano

All’inizio degli anni Novanta, troppo stretto nella piccola Bergamo, si trasferisce a Milano, dove entra in contatto con l’ambiente divisionista. Per un certo periodo ne adotta la tecnica, senza mai cedere a rigorismi, ma preservando sempre la sua personale e spontanea trattazione del colore e del segno.

In questi anni, Ermenegildo Agazzi espone con regolarità tra Milano, Torino, Genova e Venezia. Nel 1931 partecipa anche alla I Quadriennale romana, nello stesso anno in cui decide di compiere un viaggio in Francia. Qui si dedica soprattutto ai paesaggi della Bretagna, riportando una serie di sensazioni cromatiche nuove.

Lavora fino gli anni Quaranta, rendendo sempre più brillanti i suoi paesaggi e le sue figure, evocative di suggestioni e di valori lirici. Nel 1942, durante la guerra, il suo studio milanese viene colpito da un bombardamento e gran parte dei suoi disegni e studi preparatori vengono distrutti e dispersi. Muore a Milano nel 1945.

Ermenegildo Agazzi: un’evocativa vivacità cromatica

Come premesso, Ermenegildo Agazzi esordisce all’Accademia Carrara nel 1886 con Ritratto della zia. In questa prova è ancora ben visibile l’influenza del fratello e del verismo di matrice napoletana. Uscito dalla scuola di Tallone e ormai dotato di un senso coloristico e plastico veramente eccellente, non può far altro che personalizzare il suo linguaggio.

Nel numero 273 di “Emporium” del 1917, Guido Marangoni scrive a proposito di Ermenegildo Agazzi: «I primi impressionisti francesi rivendicarono nelle loro opere questa grande e incontrovertibile verità. La natura è più colore che linea. L’Agazzi va oltre.

Sostiene che la maggior sensazione prodotta dal quadro sul pubblico non può scaturire dalla sua composizione, dalla novellistica, dal valore morale o cerebrale del tema. L‘arte del colore, soltanto col colore può ottenere il suo massimo risultato estetico e raggiungere la sua autentica finalità sociale.»

Paesaggi, scene di genere, figure

Dunque, la principale missione di Ermenegildo Agazzi non è quella tematica, ma quella di un rinnovamento cromatico, tutto personale, faticato, agognato. È per questo che tratta il paesaggio tanto quanto la figura, senza mai dimenticare che il vero protagonista comunicativo è il colore.

L’evocazione, l’espressione e il sentimento dipendono da esso: è per questo che lo rende così consistente, per far vibrare su di lui la luce naturale. È un’interpretazione originale e fantasiosa, quella che scaturisce da due dipinti giovanili di grande successo: L’arrotino e La raccolta delle ostriche.

Due dipinti aneddotici questi, che comunque rivelano le grandi qualità dell’artista nella trattazione del colore, anche all’inizio della sua carriera. Nel 1892 presenta un’altra opera simile, Il calzolaio, presso la Promotrice di Genova. Mentre risale al 1898 il meraviglioso Riflessioni, che ha come protagonista il volto giovane e innocente di una  fanciulla.

Con due ritratti partecipa alla Biennale del 1899 e a quella del 1903. Ma il vero successo arriva all’Esposizione di Parigi del 1900, quando ottiene la medaglia d’oro con una vigorosa Testa d’uomo, acclamatissima dalla critica.

Tra colore e sentimento

La maturazione di Ermenegildo Agazzi e la completa separazione dalle prove giovanili avviene negli anni Dieci, quando ormai riesce a padroneggiare completamente la sua evoluzione. Sono esempio di questa maturazione Case rustiche (Biennale di Venezia del 1910), Sorelle e La calza (Biennale del 1912) e Le mie anitre e Stagione estiva (Biennale del 1914).

I contrasti chiaroscurali di queste opere, la forte vibrazione della luce e l’evocazione emotiva che ne consegue fanno la loro fortuna. Lo stesso vale per Bambina e Il Barbone di Brera presentate rispettivamente alla Biennale del 1924 e a quella del 1926.

Paesaggi come In mezzo al prato o Paesaggio montano, ma anche Venezia, Alta montagna e Valle Seriana sono caratterizzati da una spiccata valenza materica ed espressionistica del colore.

La sperimentazione accompagna Ermenegildo Agazzi fino alla fine, anche quando tratta i paesaggi della Bretagna negli anni Trenta, prima della guerra. Le belle vedute di Venezia e di Burano fanno del colore una componente decorativa naturale, spontanea e immediata dell’artista.

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