Sommario
Biografia
Eugenio Pellini (Marchirolo, 1864 – Milano, 1934) nel 1878, appena quattordicenne, si trasferisce dalla provincia di Varese a Milano presso il fratello. Qui, inizia a studiare scultura nella bottega di Filippo Biganzoli (1823-1894), che lo introduce soprattutto alla composizione di ritratti intimisti e veristi.
Nella Milano degli anni Ottanta, Eugenio Pellini si inserisce immediatamente nel clima culturale scapigliato e si avvicina contemporaneamente alle idee di stampo socialista. Le sculture dei primi anni risultano inevitabilmente vicine al linguaggio di Medardo Rosso (1858-1928).
Nel 1884, inizia a frequentare l’Accademia di Brera, dove, durante le esposizioni annuali inizia ad ottenere i primi consensi da parte della critica, insieme a diverse medaglie. Le sue opere, caratterizzate da una nobile sintesi costruttiva, uniscono l’intimismo della resa spirituale all’attenzione per la questione sociale.
I viaggi formativi
I primi successi portano Eugenio Pellini a vincere il Pensionato Oggioni nel 1891, che gli permette di compiere un viaggio di studio tra Firenze, Roma, e la Sicilia. Tra le prime importanti esposizioni dello scultore, infatti, risulta quella di Nazionale di Palermo del 1892, dove presenta un bronzo incentrato sul tema del lavoro minorile.
L’anno successivo, il giovane scultore è a Parigi, dove studia approfonditamente l’opera di Rodin. Rientrato in Italia, prende parte regolarmente alle esposizioni più significative, dalle Promotrici genovesi, alla Triennale di Torino alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze del 1896, alle Biennali Veneziane dal 1905 al 1928.
Il successo di critica e di pubblico
I successi presso le esposizioni gli procurano le prime committenze pubbliche e private, soprattutto in ambiente lombardo. Gradualmente, il gusto scapigliato si indirizza sempre di più verso una scelta di tipo simbolista, che pone comunque le sue basi in un delicato verismo che rende le superfici e i volti protagonisti di una limpida narrazione emotiva.
Un susseguirsi di premi riempie tutta la prima parte del Novecento, a cominciare da quello ottenuto all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 e all’Internazionale di Barcellona del 1907.
Ancora di profonda fede socialista, in seguito agli scontri di Milano del 1898, è costretto a rifugiarsi a Varese, dove, oltre che a occuparsi delle sue sculture, insegna presso la Scuola di Arti Applicate. Nel 1900, rientra a Milano per insegnare nella Scuola degli artefici del Castello Sforzesco. Poco dopo, sposa una modella dell’Accademia di Brera, da cui ha tre figli.
Nel corso del Novecento, le committenze private si moltiplicano, soprattutto nell’ambito della scultura cimiteriale, insieme alla partecipazione di Eugenio Pellini alle Esposizioni italiane, dove continua ad ottenere premi e medaglie.
Dopo la guerra, lo scultore si occupa della realizzazione di numerosi monumenti ai caduti, come quello del suo paese Marchirolo. Nel 1918 e nel 1923, tiene due personali presso la Galleria Pesaro di Milano e, nel corso degli anni Venti, momento della sua piena maturità artistica, si dedica anche all’esecuzione di numerosi ritratti della borghesia milanese.
Nel 1928 partecipa alla sua ultima Biennale prima di essere colpito dalla lunga malattia che lo costringe ad abbandonare sia la scultura che l’attività espositiva. Muore a Milano nel 1934, all’età di settant’anni.
Eugenio Pellini: dalla Scapigliatura ad un delicato afflato simbolista
Le prime opere di Eugenio Pellini riflettono una chiara ascendenza scapigliata, come si nota da prove quali Sotto l’arco della pace, che si concentra sulla stanchezza di uno spazzacamino dopo il suo turno di lavoro.
Questione sociale e superfici preziose e vibranti si uniscono in una scultura che sin da subito colpisce la critica, a partire dall’Esposizione di Palermo del 1892, dove presenta La piscinina. Alla Promotrice di Genova del 1893, invece, compare la testa Stanca che denuncia sicuramente il passaggio di Eugenio Pellini a Parigi e quindi un approfondito studio di Rodin.
Primo dubbio compare alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze del 1896 e proprio negli stessi anni realizza la sua prima scultura funeraria, il Cristo nel Getsemani per il Cimitero Monumentale di Milano. Un delicatissimo ritratto di Vergine viene esposto da Eugenio Pellini alla Triennale di Torino del 1898, inserendolo proprio in un clima di dialogo tra verismo ed evocativo simbolismo.
Una scultura vibrante
Al 1905 risale la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia con il significativo Vox clamantis in deserto, mentre nel 1906, con Niobe rupe, Madre e Minatore partecipa alla Mostra milanese per il Traforo del Sempione.
L’idolo, Cassandra, Come Narciso e La gioia nel dolore compaiono rispettivamente alle Biennali del 1907, 1909, 1910 e 1912, mentre al 1913 risale il Ritratto di Marx. Partecipa poi alla Secessione romana del 1914 con Mammina, Vecchia e Cerchio e a quella del 1915 con Di casa in casa per poi riprendere l’attività espositiva dopo la Prima guerra mondiale.
Il 1918 è un anno importante per Eugenio Pellini: terminata la guerra, tiene la sua prima personale alla Galleria Pesaro di Milano, in cui espone più di sessanta opere, tra cui Cucitrice, Giglio, Bagnante, Bambina, Sull’erba, Il bacio, Pagine d’album, Preghiera di Silvana, Adolescente e Novelle della nonna.
Si tratta di statue caratterizzate da un modellato mosso e vibrante, su cui la luce produce delicati e danzanti effetti chiaroscurali che rendono le sculture animate ed emozionanti.
Dopo il successo dell’ulteriore personale alla Galleria Pesaro del 1923, dove espone opere come Nel sogno, meditazione e San Francesco, lo scultore prende parte alle ultime Biennali degli anni Venti, presentando pezzi come La donna mia, Piccola medusa e Sorriso.
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