Ettore Ferrari

Ettore Ferrari. Il Pensiero moderno si libera dal Dogma. Scultura in marmo
Il Pensiero moderno si libera dal Dogma. Scultura in marmo

Biografia

Ettore Ferrari (Roma, 1845 – 1929), figlio dell’incisore e scultore Filippo Ferrari (1814-1897), famoso per la difesa della Repubblica Romana nel 1849, eredita da suo padre gli orientamenti risorgimentali. Nel 1867, infatti, partecipa alla progettazione dell’insurrezione antipapale, alla vigilia della Breccia di Porta Pia.

Dopo aver studiato giurisprudenza, entra a far parte della Sinistra storica e viene eletto consigliere del Comune di Roma dal 1877 al 1907: durante i suoi mandati, cerca di promuovere al meglio l’arte e la cultura, partecipando anche ai lavori decisionali per la costruzione del Palazzo delle Esposizioni.

Tra attività politica e scultura

Accanto al lavoro come politico, Ettore Ferrari porta avanti la sua attività di scultore e pittore. Esordisce al Concorso Albacini dell’Accademia di San Luca nel 1868 con una piccola scultura in terracotta, e poi prosegue con la Mostra Nazionale di Napoli del 1877, dove espone la scultura che lo rende famoso agli occhi del pubblico e della critica e che gli permette di avviare la sua carriera nel campo della realizzazione di monumenti, soprattutto a Roma.

Di indirizzo repubblicano e rivoluzionario, fa parte della Carboneria romana e della Massoneria. Molte riunioni politiche si svolgono nel suo grande atelier sulla via Salaria, luogo in cui Ettore Ferrari realizza le sue sculture, presentate al pubblico fino alla Secessione romana del 1913.

Inizialmente, il linguaggio dell’artista si orienta verso un deciso anti accademismo, che si collega con la sua opposizione all’ordine costituito e al governo papalino. Nelle prime sculture unisce l’intento scenografico baroccheggiante ad una visione romantica e risorgimentale della composizione.

Un indirizzo tematico ben preciso

Dal punto di vista tematico, i suoi soggetti prediletti sono personaggi della storia o della letteratura che rappresentano l’ideale rivoluzionario o ribelle, nel pieno rispetto del messaggio diffuso romanticismo storico.

Dal punto di vista monumentale, si può dire lo stesso, sia nella scelta di ritrarre personaggi fondamentali per l’Unità d’Italia, sia nella volontà di portare davanti al pubblico le storie di uomini e donne che hanno subito condanne ingiuste per i loro ideali.

Ma verso la fine dell’Ottocento, Ettore Ferrari si spinge verso uno stile più allegorico che risponde a pieno alle esigenze della scultura secessionista e Liberty, come si nota soprattutto dai bassorilievi eseguiti per i basamenti delle statue monumentali.

Un certo simbolismo si riscontra anche nei suoi paesaggi, eseguiti in seno alla nascita del gruppo dei XXV della Campagna Romana, di cui compare tra i fondatori nel 1904. Nel corso degli anni Venti, sempre in seno alla massoneria, svolge una capillare attività antifascista, ma viene denunciato nel 1929, poco prima della sua morte, avvenuta nello stesso anno a Roma, all’età di ottantaquattro anni.

Ettore Ferrari: dalla scultura romantica alla Secessione

In Ettore Ferrari, politica e scultura vanno di pari passo, in tutta la sua lunga avventura artistica. Di fermi ideali repubblicani e profondamente convito della necessità di allontanare il governo del papa, nel corso degli anni Sessanta dell’Ottocento, realizza le prime sculture di chiaro intento patriottico.

Vinto, nel 1867, il premio Albacini dell’Accademia di San Luca con parere favorevole di Pietro Tenerani (1789-1869), viene molto apprezzato per il suo bozzetto in terracotta Labano accoglie amorevolmente Giacobbe.

Il suo romanticismo storico si manifesta attraverso uno stile celebrativo e ricco di particolari descrittivi accompagnati da espressioni di pathos. Nel corso degli anni Settanta continua ad esporre in Accademia opere come Eudoro e Cimodicea, soggetti tratti da René de Chateaubriand.

Vi sono poi l’Ildegonda, ripresa da una novella di Tommaso Grossi e il Bruto del 1870, tutti personaggi che hanno un significato di ribellione personale o civile, fino ad arrivare alla prima opera realmente acclamata di Ettore Ferrari, il Suicidio di Jacopo Ortis presentato all’Esposizione di Napoli del 1877.

Una produzione di carattere fortemente rievocativo

Questa scultura dà vita alla successiva produzione di carattere fortemente rievocativo dell’eroismo ribelle di alcuni personaggi della storia, simbolo e richiamo all’Ottocento risorgimentale e patriottico, in difesa delle libertà.

In effetti, all’Esposizione di Torino del 1880, Ettore Ferrari invia Cum Spartaco pugnavit, gruppo che unisce la tendenza baroccheggiante degli atteggiamenti teatrali al pathos tipico della scultura romantica.

Nello stesso anno, vince il concorso per l’esecuzione della statua di Vittorio Emanuele II a Venezia, inaugurata solo nel 1887. All’Esposizione Nazionale di Roma del 1883, invia alcune sculture molto significative, tra cui Morte di E. Morosini (assedio di Roma del 1849) e il bassorilievo per il citato monumento a Vittorio Emanuele, con Il combattimento di Palestro.

A Torino, nel 1884, espone una statua di Ovidio, riproposta alla Mostra Nazionale di Venezia del 1887. Tra gli anni Settanta e Ottanta viene chiamato a realizzare numerosi monumenti a Garibaldi, in diverse città italiane, tra cui Pisa, Rovigo e Cortona.

Giordano Bruno

Ma la produzione di fine secolo dello scultore, che si può definire quella più significativa, comprende le due opere più conosciute, il Giordano Bruno di Piazza Campo de’ Fiori a Roma e il Giuseppe Mazzini sull’Aventino. Il primo, eseguito nel 1887, è stato eretto, per controversie politiche, solo tredici anni dopo, il secondo, addirittura dopo la sua morte e con la nascita della Repubblica italiana.

L’altorilievo in gesso con un Frammento del Monumento a Mazzini viene esposto alla Mostra di Milano del 1906 per il Traforo del Sempione e presenta già una interpretazione fortemente simbolica e celebrativa delle idee mazziniane.

Il basamento, infatti, ha un maestoso fregio continuo in cui si succedono incessantemente i fondamenti della politica di Mazzini: la Giovine Italia, La lotta trionfante sul dispotismo, La ricomposizione delle spoglie dei martiri, caduti per la libertà.

Nel 1911, prende parte alla Mostra Internazionale di Roma con Il pensiero moderno si libera dal dogma, bassorilievo di carattere simbolista, così come le due opere presentate alla Secessione romana del 1913, Capoccetta e Pecoraro, ispirate alla popolarità della campagna romana, molto frequentata dall’artista anche per i suoi paesaggi.

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