Carlo Finelli

Carlo Finelli. Santa Cecilia (dettaglio). Scultura in marmo
Santa Cecilia (dettaglio). Scultura in marmo

Biografia

Carlo Finelli (Carrara, 1785 – Roma, 1853) viene introdotto alla scultura dal padre Vitale, scultore e scalpellino, erede di una lunga generazione di artisti carraresi. Successivamente, frequenta i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, ma a quindici anni si aggiudica il pensionato che gli consente di spostarsi prima all’Accademia di Firenze e poi a quella di Brera a Milano.

Il trasferimento a Roma

A Brera, vince di nuovo il pensionato, grazie al quale, nel 1805, può trasferirsi a Roma e quindi raggiungere il fratello maggiore Pietro (1770-1812), che lo ospita nella sua casa di via San Nicola da Tolentino. A questo punto, Carlo Finelli viene subito introdotto nell’ambiente scultoreo che gravita attorno alla figura di Antonio Canova (1757-1822).

Dal punto di vista stilistico, infatti, il giovane artista risponde pienamente alle esigenze del classicismo, adottando un modellato lieve ed aggraziato e soprattutto la scelta di soggetti mitologici. Tra statue a figura intera, busti, gruppi e bassorilievi, inizia ad ottenere i primi successi negli anni Dieci dell’Ottocento, quando ancora tiene un rapporto molto stretto con l’Accademia di Brera.

Nel 1812, viene scelto dall’architetto del Quirinale per la decorazione con un bassorilievo interamente in stucco della Sala dello Zodiaco, realizzata, insieme alle altre, per accogliere l’arrivo di Napoleone, che in realtà non si è mai verificato.

Nel 1814, Carlo Finelli viene nominato Accademico di San Luca e, nello stesso periodo, incoraggiato da Canova in persona, si occupa delle statue di personaggi illustri da collocare all’interno del Pantheon. Da questo momento in poi, comincia a configurarsi il successo dello scultore carrarese, apprezzato soprattutto per le sue opere a soggetto mitologico, ma anche per i ritratti, caratterizzati da armonia e sapienza compositiva.

Il successo europeo

Molto ricercato a livello europeo, riceve molti incarichi soprattutto dall’aristocrazia russa e inglese, in particolare nella sua prima parte di carriera che dura fino agli anni Trenta. Poi, con il cambiamento del gusto, dovuto al graduale passaggio al Romanticismo, Carlo Finelli si allontana dai soggetti mitologici, che lo avevano indentificato per tutta la sua produzione giovanile, per addentrarsi in tematiche sacre.

Attivo fino agli anni Quaranta, non solo a Roma, ma anche a Napoli, Urbino, Torino ed Imperia, lo scultore passa gli ultimi anni in una sorta di continua insoddisfazione, forse proprio dovuta al periodo di passaggio verso un gusto ormai lontano da quello classicista. Non siamo a conoscenza delle ultime opere in gesso eseguite, proprio perché distrutte dall’artista stesso. Muore a Roma nel 1853, a sessantotto anni.

Carlo Finelli: il classicismo canoviano

Giunto a Roma all’inizio dell’Ottocento, il giovane Carlo Finelli si avvale subito della vicinanza ad Antonio Canova, di cui frequenta con passione l’atelier. Cresciuto dunque prima tra i marmi di Carrara e poi tra le statue di Canova, lo scultore non può far altro che accogliere l’eredità classicista, che entra a pieno nel suo linguaggio anche grazie alle continue visite nei musei e negli scavi archeologici romani.

Ma il contatto con la matrice neoclassica non avviene soltanto a Roma, ma anche nel corso della sua formazione precedente, come si nota dal bassorilievo con l’Apoteosi di Vittorio Alfieri, con cui a Brera vince il pensionato a Roma.

Risale al 1808 il bassorilievo in gesso Ulisse che riconduce Astinome a Crise e al 1810 il busto in marmo Tiziano, entrambi saggi di pensionato dell’Accademia, insieme al bassorilievo marmoreo che ha come soggetto un’allegoria celebrativa di Napoleone: Napoleone assistito da Minerva distribuisce corone di alloro alla Scienza e alle Arti.

A partire dagli anni Dieci, Carlo Finelli porta avanti una produzione tutta concentrata sulla riscoperta dei valori classici, attraverso la proposta di temi mitologici o di raffigurazioni di Venere. La prima di esse risale al 1810 ed è Venere che abbraccia Adone rianimato da Proserpina, opera che consegna allo scultore il primo vero successo di critica.

In effetti, proprio grazie ad essa, viene scelto per eseguire il bassorilievo in stucco per il Quirinale con Il trionfo di Traianopendant del fregio di Bertel Thorvaldsen (1770-1844) raffigurante Il trionfo di Alessandro Magno.

Di pochi anni dopo sono GhibertiMasaccioAriosto Petrarca che fanno parte dei personaggi illustri rappresentati all’interno del Pantheon e per i quali lo scultore carrarese ha ricevuto piena approvazione da parte di Canova.

Amatissimo dai collezionisti russi ed inglesi, come accennato, inizia una vasta produzione di soggetti mitologici che oggi sono sparsi in diverse collezioni europee. La bellissima Venere nascente da una conchiglia, che sembra riproporre alcuni tratti della Venere accosciata di epoca antica, viene realizzata per lo zar Nicola I ed oggi è conservata all’Ermitage di San Pietroburgo.

Tra le opere dello stesso filone, vi sono le leggiadre Ebe, la Venere della colomba, e la Psiche, eseguita per il duca del Devorishire, ma anche Le ore danzanti per il conte Demidoff, sicuramente nate dall’osservazione delle Tre Grazie del maestro Canova.

Alcune statue, come la Venere che raccoglie le vesti Amore con farfalla, sempre vendute a collezionisti inglesi, confermano un forte debito di Carlo Finelli nei confronti delle opere esposte nella Tribuna degli Uffizi, nella sua amata Firenze, dove ha studiato da giovane prima di approdare a Milano.

Come premesso, dopo il 1830, si allontana da queste tematiche mitologiche e profane per addentrarsi nella composizione sacra, prima del definitivo abbandono della scultura. Sono suoi i modelli in gesso delle Storie delle Vergine per nella chiesa torinese della Gran Madre di Dio, ma anche San Michele che scaccia Lucifero, opera inserita nella collezione del Palazzo Reale dai Savoia.

Tra gli ultimi guizzi originali di Carlo Finelli vi è l’equilibrata statua di Raffaello per il Duomo di Urbino, che ormai presenta un carattere di aderenza storica quasi afferente alle novità del romanticismo.

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