Francesco Mancini

Francesco Mancini. Da Castellammare a Sorrento, 1882. Tecnica: Olio su tela.
Da Castellammare a Sorrento, 1882. Tecnica: Olio su tela. Firmato in basso a destra

Biografia

Francesco Mancini (Napoli, 1830 – 1905) inizia a studiare presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli nel 1844. Ben presto, inizia a frequentare il corso di paesaggio di Gabriele Smargiassi (1798-1882). Si interessa al vero, tanto che piano piano si allontana dall’Accademia per seguire l’esempio di Filippo Palizzi (1818-1899), nella resa di una natura dettagliata e realistica.

L’importanza di Filippo Palizzi

Francesco Mancini si avventura in peregrinazioni che lo spingono in Abruzzo, in Calabria e in Puglia, alla ricerca di motivi nuovi e variegati. I suoi esordi sono dunque seganti da una pittura attentissima al dato reale, dalla descrizione precisa e minuziosa.

Partecipa sin dal 1851 alle Mostre Borboniche, per poi passare, dagli anni Sessanta, alle Promotrici non solo napoletane, ma anche genovesi, torinesi e alle esposizioni romane, milanesi e veneziane.

Frequentando l’affollato studio di Filippo Palizzi, l’artista  fa la conoscenza dei maggiori rappresentanti della pittura del tempo, da Achille Vertunni (1826-1897) a Domenico Morelli (1826-1901). Instaura poi un buon rapporto soprattutto con la colonia di artisti calabresi a Napoli.

Esponente del paesaggio dal vero e del rinnovamento in senso verista della Scuola napoletana, Francesco Mancini si avventura anche nella realizzazione di scene di storia risorgimentale o legati alla questione sociale.

Il successo degli anni Ottanta e la pittura di genere

Se fino a tutti gli anni Sessanta Mancini si inserisce nel contesto del verismo partenopeo, non senza critiche da parte di personalità come Francesco Netti (1832-1894), dalla fine degli anni Settanta si avvicina alla pittura di genere. Proprio perché gradita al mercato internazionale, si fa protagonista di una pittura mondana che richiama i modi di Giuseppe De Nittis (1846-1884).

Il pittore comincia ad affermarsi anche in ambito europeo: i suoi dipinti di genere vengono esposti a Vienna, Parigi e Monaco. Francesco Mancini descrive scene di vita mondana, tra corse di cavalli, svaghi frivoli e cornici eleganti, spesso riprese nei suoi viaggi a Parigi e Londra. Proprio per questo, negli anni Ottanta, il pittore comincia ad essere chiamato “Lord Mancini” soprattutto all’estero.

Fuori dall’Italia si fa conoscere soprattutto con scenette di genere ispirate alla vita quotidiana del sud, con riferimenti alla tradizione e al folklore. Con una pennellata veloce e sintetica, Francesco Mancini rappresenta così il costume dell’Italia meridionale.

Nel 1888 è fondatore, insieme a Morelli e al principe di Sirignano del Circolo Artistico napoletano e nel frattempo, è professore onorario del Real istituto di Belle Arti. Continua a dipingere e ad esporre fino all’inizio del Novecento: nel 1901 partecipa alla Biennale di Venezia. Muore pochi anni dopo, nel 1905, a settantacinque anni, nella sua Napoli.

Francesco Mancini: gli esordi veristi

Attirato dal sapiente e minuzioso realismo palizziano, Francesco Mancini inizia la sua carriera proprio nel solco del verismo più sentito. Esordisce alla Mostra Borbonica del 1951 con Studio di paesaggio dalla Villa Gallo a Capodimonte. Nel 1855 espone invece Paesaggio con sassi, figure ed armamenti e I Crociati che legnano in un bosco per costruire macchine da guerra.

Si tratta di due opere che uniscono realtà e storia, in uno studio accurato degli elementi naturalistici e delle armi. Il dettaglio preciso e minuzioso si nota anche e soprattutto nelle opere esposte all’ultima Mostra Borbonica del 1859, in cui presenta tre Paesaggi di composizione che gli permettono di sfoggiare l’esercizio di stile nella resa degli animali.

Nel 1861 Francesco Mancini partecipa all’Esposizione di Firenze con due dipinti di identità patriottica, Episodio del 1 ottobre860 sulle pianure di Capua e Riposo di Garibaldi con garibaldini, nelle foreste di Calabria.

L’anno successivo espone a Napoli Paesaggio e Avamposto garibaldino. Gli aspetti più intimi della natura fanno parte del linguaggio schietto e veloce del pittore napoletano, che se nei primi anni è molto vicino a Palizzi, in un secondo momento si unirà più a De Nittis.

Ciò che gli interessa è il folklore e la tradizione del meridione, con questione sociale annessa, come si evince dalle opere presentate alla promotrice napoletana del 1864. Vi compaiono La malata delle Maremme, I lavoratori, Dopo il lavoro, Una selva e Bersaglieri in azione.

Lo studio dal vero e la descrizione del dettaglio naturalistico sono ancora al centro della poetica di Francesco Mancini fino agli anni Settanta. All’Esposizione di Parma del 1970 espone infatti una serie di studi di piante come Spino e platano, Buoi con fondo d’alberi, Gruppo di querce.
Il carretto, Lo spacca pietra e Il piccolo zappatore, opere di sfondo sociale, vengono presentate invece alla Promotrice genovese del 1873.

Il pittore napoletano partecipa con successo all’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 con Campagna di Foggia con animali, Una rupe, La strada ferrata e Torcino. Prende parte poi all’Esposizione di Torino del 1880 con alcuni intensi e luminosi paesaggi, Veduta dei Tre Monti (Popoli – Abruzzo), Marina a Pozzuoli, Marina di Napoli, Marina di Capri, Casamicciola, Capo Pescara.

La pittura di genere, tra scene mondane e folklore meridionale

Dagli anni Ottanta in poi, come premesso, Francesco Mancini si avvicina alla pittura di genere e alla maniera di De Nittis. Viaggia tra Londra e Parigi e ne scaturiscono scene frivole che piacciono al gusto del mercato mondano, ambientate tra corse di cavalli, battute di caccia e salotti. Ciò che colpisce è l’estrema definizione che il pittore mantiene nella descrizione degli animali e soprattutto dei cavalli.

Sempre presente è poi la raffigurazione di vita quotidiana nella sua Napoli e nel Meridione in generale. A Napoli, nel 1882 presenta Da Castellammare a Sorrento, Nel bosco, Amalfi, Mercato di Popoli.

Mentre all’Esposizione di Belle Arti di Roma del 1883 invia Dopo la vendemmia, Dopo il pascolo, Una zingara e Sport. Dipinti mondani realizzati durante i suoi soggiorni inglesi sono Paper Hunt e Hyde Park, presentati a Napoli nel 1884.

Francesco Mancini partecipa all’Esposizione Nazionale di Venezia del 1887 con Pompei, Amalfi, Pattuglia e Da Vietri ad Amalfi. La sua ultima mostra importante è la Biennale di Venezia del 1901, in cui espone Sulla vetta.

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