Francesco Menzio

Francesco Menzio. Nudo. Tecnica: Olio su tela
Nudo. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Francesco Menzio (Tempio Pausania, 1899 – Torino, 1979) figlio di piemontesi, nasce in Sardegna, dove il padre era stato mandato a dirigere una scuola media. Nel 1902 segue la famiglia in Abruzzo e poi nel 1912 a Torino. La sua grande attitudine verso il disegno lo porta ad iscriversi all’Accademia Albertina di Torino subito dopo il ginnasio.

La Torino degli anni Venti

Insofferente agli ambienti accademici, vi rimane solamente per un anno, per poi proseguire gli studi da autodidatta. Torino è, in questi anni, tutta concentrata sul linguaggio di Felice Casorati (1883-1963). Anche Francesco Menzio è attratto dal ritorno all’ordine casoratiano, incentrato sui valori classici e ponderati e sulla riscoperta del Quattrocento.

Pur non essendo stato allievo di Felice Casorati, Menzio ne ammira queste caratteristiche, rivalutando anche lui autori come Mantegna e trasportandoli nella modernità novecentesca. Esordisce alla Mostra della Mole Antonelliana del 1921, per poi partecipare alla II Biennale romana del 1923.

Ma l’Esposizione che più lo rende noto alla critica è quella dei Venti Artisti Italiani tenutasi alla Galleria Pesaro di Milano nel 1924, dove alcuni pittori che faranno parte del futuro nucleo dei “Sei di Torino”, si trovano ad esporre con il Novecento di Margherita Sarfatti.

Con il gruppo milanese, il giovane artista viene invitato ad esporre anche nel 1926. Ma già in questo periodo, la sua pittura si allontana dal classicismo casoratiano e da quella sensazione di calma assoluta, per avvicinarsi alla dimensione espressionista.

Il viaggio a Parigi e i “Sei di Torino”

A conferma di questa inversione di rotta, o meglio di questo sviluppo personale di Francesco Menzio, è il viaggio a Parigi del 1928. Qui, si affianca al linguaggio dei Fauves, assecondando un cromatismo veemente e un disegno mosso e vibrante, tipico dell’Espressionismo francese.

Le tinte piatte di Amedeo Modigliani (1884-1920), ma anche il riferimento a Henri Matisse (1869-1954), sotto la spinta di Lionello Venturi, portano il pittore sardo a far parte del gruppo dei “Sei di Torino”. Espone, infatti, con Jessie Boswell (1881-1956), con Gigi Chessa (1898-1935), Enrico Paolucci (1901-1999) e Nicola Galante (1883-1969), per la prima volta alla Galleria Guglielmi di Torino.

Purtroppo, il gruppo si scioglie solo nel 1931: non c’è una coesione e una comunità d’intenti, a parte il generale riferimento all’Espressionismo francese. Quindi partecipa fino a questa data alle mostre del gruppo anche a Londra (Bloomsbury Gallery) e a Parigi (Galerie de la Jeune Europe), per poi prendere parte, singolarmente, alle esposizioni italiane, come le Promotrici torinesi e le Sindacali fasciste degli anni Trenta.

Se la sua pittura, nei primi anni Trenta si era orientata verso una quasi totale assenza di contorni e un assorbimento generale delle figure nello spazio fluttuante, verso gli anni Quaranta, il suo linguaggio si fa più concreto.

Gli ultimi anni

Partecipa alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma e al Premio Bergamo, con dipinti che presentano variazioni sullo stesso tema, realizzato attraverso una ricerca cromatica che però non abbandona la linea di contorno, che si fa più scura e netta.
Durante la seconda guerra mondiale vive a Bossolasco, mentre alla fine del conflitto torna a Torino e diventa presidente dell’Unione Culturale Torinese.

Negli anni Cinquanta, Francesco Menzio insegna pittura all’Accademia Albertina e continua ad esporre i suoi dipinti sempre più matissiani. Nel 1960 riceve la nomina di Accademico di San Luca, che corona la sua carriera pittorica, insieme all’ottenimento della medaglia d’oro da parte del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1968. Muore a Torino nel 1979, a ottant’anni.

Francesco Menzio: la prima influenza di Felice Casorati

Negli anni Venti, la sua prima produzione viene sicuramente segnata dal ritorno all’ordine. Più precisamente, si può trovare un riferimento al classicismo di Felice Casorati e una riscoperta del Rinascimento.

Esordisce con Figura femminile alla Mostra della Mole Antonelliana del 1921, mentre nel 1924 espone il plastico e luminoso Giovane uomo all’Esposizione dei Venti Artisti Italiani alla Galleria Pesaro.

Ritratto compare alla Biennale veneziana del 1926, la prima cui partecipa Menzio, mentre a quella del 1928 espone Tulipano, Donna che scrive, Giocatore, Nudo di donna, Natura morta – cavallino e Natura morta – melagrana.

Sono ancora gli anni in cui è costante il riferimento di Francesco Menzio al plasticismo solido e del ritorno all’ordine, anche se già iniziano i primi accenni ad un cambiamento in senso espressionista. Tutto questo subirà una decisiva svolta dopo il viaggio a Parigi proprio del 1928.

La vicinanza all’Espressionismo francese: il gruppo dei “Sei di Torino”

Il viaggio parigino lo porta ad avvicinarsi alla linea e al colore espressionisti. I contorni si fanno labili ed indefiniti, mentre il cromatismo si fa più sciolto e libero, a tratti acceso e palpitante. Il linguaggio fauves è sicuramente lo stimolo maggiore per questi sviluppi, tanto quanto la vicinanza a Modigliani, con la sua linea netta e primitivista.

Tornato a Torino, espone nel 1929 con il neo gruppo dei “Sei di Torino”, il nucleo espressionista torinese. Alla Sindacale dello stesso anno, presenta nove dipinti tra cui Colline, Figura, Vicino al porto, Ritratto di poeta, La signora dal golf giallo. Alla Biennale di Venezia del 1930 espone invece Il corridore podista, Figure maschili, Signora in abito nero e Nudo.

La pittura di Francesco Menzio, in questi anni, è poetica e avvolgente, lirica nelle sue composizioni domestiche e naturalistiche, ma anche nella raffigurazione di nudi e ritratti. Ragazza compare alla I Quadriennale romana del 1931, La modella, Paese e Natura morta alla Biennale del 1932 e Figura, Vaso giallo, Margherita e Nudo alla Quadriennale di Roma del 1935.

Un espressionismo sentito e sempre più rivolto al linguaggio di Matisse caratterizza la produzione di Francesco Menzio per tutti gli anni Trenta e Quaranta. Apprezzatissimo per le sue immagini delicate e intime, espone in una sala personale alla Quadriennale del 1939. Tra i dodici dipinti emergono Figura in rosa, Veduta di Torino, Nudino I e II, Figura e frutta e Natura morta con teschio.

Al premio Bergamo dello stesso anno presenta Paesaggio delle Langhe e Campi di grano, mentre il tenue e soave Estate compare al Premio dell’anno successivo. La famiglia in campagna viene invece esposto al Premio Bergamo del 1942, ottenendo proprio il primo posto, davanti alla Crocifissione di Guttuso.

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