Francesco Nagni

Francesco Nagni. Dormitio Virginis (dettaglio). Cera
Dormitio Virginis (dettaglio). Cera

Biografia

Francesco Nagni (Viterbo, 1897 – Roma, 1977), compiuti gli studi tecnici a Viterbo e scoperta una spiccata propensione verso la scultura, nel 1915 si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Qui, ha come insegnante Ettore Ferrari (1845-1929), che lo prende come apprendista nel suo studio fino all’inizio degli anni Venti.

Subito dopo, il giovane Francesco Nagni lavora nello studio di Giuseppe Guastalla (1867-1962) e poi in quello di Attilio Selva (1888-1970) da cui apprende quella solidità elegante che caratterizzerà tutta la sua produzione, attraverso una intonazione attenta alla verità delle anatomie e una linea salda e allo sesso tempo fantasiosa e raffinata.

La statuaria pubblica

Proprio queste qualità rendono la statuaria ufficiale dell’artista una delle più rappresentative del periodo tra le due guerre a Roma. Negli anni Trenta, arrivano le prime commissioni pubbliche: in collaborazione con l’architetto Petrucci, si occupa dell’esecuzione della Statua equestre del maresciallo Diaz per il Lungomare di Mergellina a Napoli.

Tra i grandi incarichi ufficiali, si inseriscono le partecipazioni di Francesco Nagni alle esposizioni nazionali, come le Quadriennali di Roma. Con il passare degli anni, la sua scultura sembra rielaborare con sapienza e studio gli stilemi del Quattrocento toscano, attraverso la scelta di figure stanti e solenni, dalle posizioni secche e dure, e mediante una spazialità ponderata e modellata sullo stiacciato donatelliano, come si nota dai numerosi bassorilievi.

La riscoperta dell’antico non si riscontra solamente nell’ambito formale, ma anche nella proposta di iconografie tradizionali, soprattutto per quanto riguarda la produzione sacra, cui si dedica in particolare tra gli anni Quaranta e Cinquanta.

Il dopoguerra

Nel dopoguerra, le committenze del regime vengono sostituite da quelle del Vaticano: Francesco Nagni si occupa di diverse sculture e ornamenti di numerose chiese romane, compresa la Basilica di San Pietro.

Ma la sua attività non si limita all’ambito romano. Gli incarichi giungono, infatti, da tutta Italia, ma anche dall’estero, come dimostrano le opere sacre realizzate per il Canada, per il Brasile e per le Filippine.

Numerose sono le personali che l’artista tiene tra gli anni Cinquanta e Sessanta e che si intervallano alle committenze religiose, che si protraggono fino agli ultimi anni, tutte eseguite nel suo studio di Villa Strohl Fern, insieme all’attività di insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Roma. Muore a Roma nel 1977, ad ottant’anni.

Francesco Nagni: la riscoperta del Quattrocento tra la scultura monumentale e quella sacra

Tra le prime opere pubbliche di Francesco Nagni, che costituiscono gran parte della sua produzione, è da segnalare il Monumento ai caduti di Fano nella guerra del 1915-18 del 1924, caratterizzato da una statica solennità delle figure, in un motivo celebrativo che si legge nella vocazione architettonica e piena del gruppo scultoreo.

Nel 1934, al concorso della Regina per la celebrazione degli eventi della Grande guerra, ottiene la medaglia d’oro per il busto in bronzo di Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi. Al 1938 risale la Dormitio Virginis per la Chiesa dell’Assunta di Amatrice, opera in cui si possono notare i primi veri accenti neoquattrocenteschi.

Lo stesso discorso vale per l’altorilievo con l’Ascensione in cera presentato alla Quadriennale di Roma del 1939, in cui, nelle figure degli angeli e della Vergine, si riscontrano tratti di solennità e di durezza compositiva tipici della scultura dei maestri del Trecento e del Quattrocento italiano.

Nel 1940, Francesco Nagni esegue un altro bassorilievo, con Bellerofonte e Pegaso, per il portico della stazione Ostiense a Roma e, nello stesso periodo si dedica anche alla realizzazione del S. Paolo per la scalinata Ss. Pietro e Paolo all’EUR.

La riscoperta del Quattrocento si coniuga spesso con un primitivismo ruvido e intenso, teso a riscoprire le salde e arcaiche virtutes romane, nell’ottica di un linguaggio liturgico tutto legato alle simbologie di regime.

Nel 1943, partecipa alla Quadriennale di Roma con Ritratto e Madonnina in cera, con Mia madre in bronzo e con San Paolo in gesso, bozzetto della statua precedente.

Al dopoguerra risale la maggior parte delle opere sacre, tra cui il Monumento di Pio XI Ratti nella basilica di S. Pietro e alcune opere realizzare in collaborazione con lo scultore Alessandro Monteleone (1897-1967), come le Allegorie della Giustizia e della Pace, sui portali e i Quattro Evangelisti della facciata di Sant’Eugenio.

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