Francesco Paolo Palizzi

Francesco Paolo Palizzi. Pesci. Tecnica: Olio su tela, 39 x 27 cm
Pesci. Tecnica: Olio su tela, 39 x 27 cm

Francesco Paolo Palizzi (Vasto, 1825 – Napoli, 1871) si trasferisce da giovane a Napoli per iscriversi al Reale Istituto di Belle Arti. Si forma sotto la guida di Camillo Guerra (1797-1874) e Gennaro Guglielmi (1804-1887).

Il primo lo introduce alla pittura di storia, il secondo alla natura morta. Questo genere era tradizionalmente diffuso a Napoli e diventerà quello prediletto di Francesco Paolo. Inizialmente si forma anche sugli esempi del fratello Filippo, ma in seguito, dopo due brevi tappe a Roma e Firenze, raggiunge il fratello Giuseppe a Parigi.

Da qui mantiene un fitto contatto epistolare con Filippo. Critica le evoluzioni veriste della pittura italiana, essendo legato a modelli più antichi e classici, come Jean-Baptiste Chardin. Pur non essendo a Napoli, Francesco Paolo Palizzi diventa socio della Promotrice napoletana nel 1862, per esporvi però solamente una volta, due anni dopo. Nel 1870, all’inizio della guerra tra Francia e Prussia torna in Italia.

Ben presto si ammala e muore un anno dopo a Napoli. Essendo ancora molto giovane non ha lasciato un grande corpus di opere, la maggior parte delle quali sono state donate dal fratello Filippo alla Galleria dell’Accademia di Napoli.

Pittura di storia e natura morta

La formazione iniziale di Francesco Paolo Palizzi all’Accademia denuncia una prima vicinanza alla pittura di storia, grazie agli insegnamenti di Camillo Guerra.
Non abbiamo molti esempi di questa prima fase a parte La guarigione del cieco di Gerico, tela realizzata per la chiesa di S. Pietro a Vasto e ora conservata nella Pinacoteca Civica della città.

Passaggio cruciale nella formazione di Palizzi è l’interesse per il paesaggio e la natura morta che scopre grazie a Guglielmi.
A rafforzare il suo interesse per questi temi concorre anche la famiglia Giusti, in particolar modo Salvatore, pittore ornato e decoratore molto attivo a Napoli nella prima metà dell’Ottocento.

Sulla scia di Salvatore Giusti, giunge alla tradizione napoletana della natura morta seicentesca di autori come Paolo Porpora, Giuseppe Recco e Giovan Battista Ruoppolo.

L’influenza dei fratelli Filippo e Nicola

Durante il soggiorno napoletano viene influenzato anche dal fratello Filippo, soprattutto nella descrittiva realizzazione di soggetti tratti dalla quotidianità contadina. I protagonisti sono spesso animali finemente caratterizzati. come in Pennuti nell’aia e All’abbeverata, entrambi conservati in collezioni private, ma anche Sull’aia e Monaca, ora alla Galleria dell’Accademia di belle arti di Napoli.

Ancora più importante nella formazione del linguaggio stilistico di Francesco Paolo Palizzi è l’apporto dell’altro fratello, Nicola, da cui trae spunto per una pennellata pastosa, ampia e corposa.

In questo modo dà vita ad una natura morta che si basa sicuramente su esempi della tradizione, ma che genera anche evoluzioni interessanti, dovute proprio al rinnovamento della stesura del colore.

Rispondono a questo trattamento moderno della natura morta dipinti come Ostriche, il famoso Natura morta con funghi conservato alla Galleria dell’Accademia di Napoli, Arancia mondata e Natura morta con crostacei.

Francesco Paolo Palizzi : il trasferimento a Parigi

Ancor più importante nella formazione e nella definizione delle scelte artistiche di Francesco Paolo è il trasferimento a Parigi.
L’artista infatti raggiunge il fratello nel 1857 ricevendo inevitabilmente la sua influenza, che manifesta in opera quali  La caccia alla volpe conservata al Museo di Capodimonte.

L’artista continua comunque la sua ricerca attorno la natura morta e a Parigi trova un terreno molto fertile, studiando da vicino la pittura di Chardin. In seguito a questa esperienza si rende critico nei confronti della declinazione strenuamente verista del fratello Filippo a Napoli.

Da Parigi nel 1864 partecipa alla Mostra della Società promotrice di belle arti di Napoli. Presenta La vielle bonne, giudicata positivamente da Francesco Netti (1832-1894) per la giusta applicazione della pittura tonale.

Nel 1867 partecipa all’Esposizione Universale di Parigi esponendo La fiera a Château-Landon. Tre anni dopo si vede costretto a lasciare la città e a tornare in Italia a causa della guerra franco-prussiana. Di quasi tutte le opere realizzate in Francia non si conosce ancora la collocazione.

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