Franz Pforr

Franz Pforr. Autoritratto, 1810 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Autoritratto, 1810 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Franz Pforr (Francoforte sul Meno, 1788 – Albano Laziale 1812), rimasto orfano in tenera età, viene inviato a Kassel dallo zio Wilhelm Tischbein (1751-1820), autore del famoso ritratto di Goethe nella campagna romana, professore di pittura all’Accademia di Vienna.

Il giovane Franz Pforr, di salute cagionevole, conduce una vita molto tranquilla e ritirata nella sua casa di Vienna, in cui si dedica al disegno, alla pittura di battaglie e allo studio della Bibbia, della letteratura e della filosofia tedesca di Schiller e Goethe.

Il clima in cui si forma è quindi quello classicista, intriso già di ideali romantici. Ma non gli appartiene completamente: riesce a capire questa sensazione di incertezza ed insoddisfazione solo quando, nel 1806, conosce Friedrich Overbeck (1789-1869) giunto all’Accademia di Vienna da Lubecca, che condivide i suoi stessi dubbi.

I due ragazzi stringono subito amicizia e si confrontano su un nuovo ideale artistico che corrisponde al completo rifiuto del classicismo accademico, ma anche al ritorno ad una pittura semplice e pura che sia ispirata da uno spiritualismo umile ed evangelico, ma anche dagli stilemi dell’arte del Quattrocento italiano.

Il Lukasbund

Insieme a Overbeck, Franz Pforr, fonda a Vienna una confraternita di artisti accomunati dagli stessi ideali di genuinità e dai valori di condivisione, nel segno della protezione di san Luca, patrono dei pittori.

Nasce così il Lukasbund, in cui gli artisti della confraternita indossano lunghe cappe e si fanno crescere i capelli, quasi ad indicare il ritorno ad uno stato di albore spirituale che corrisponde anche alla pittura primitiva di Giotto, Beato Angelico, Perugino, fino al primo Raffaello. Questi artisti, soprannominati “Nazareni” da Goethe, proprio per la loro aura di religiosità pura e sobria, hanno un ruolo molto attivo anche a Roma.

Il trasferimento a Roma e la confraternita dei Nazareni

Franz Pforr e Friedrich Overbeck raggiungono insieme Roma nel giugno del 1910, conducendo sempre una vita da frati, prima all’interno del convento abbandonato di Sant’Isidoro a Capolecase e poi nella bella Villa Malta poi diventata Accademia Tedesca.

Lavorano principalmente ad affreschi e pittura da cavalletto che affrontano temi legati alla Bibbia o alla letteratura, anticipando in qualche modo anche il programma poetico dei Preraffaelliti in Inghilterra.

Franz Pforr si fa promotore di un linguaggio dalla linea marcata ed asciutta, che rivisita non solo il Rinascimento italiano, ma anche quello nordico. Infatti, rispetto al suo amico Overbeck, specializzato in brani dalla valenza fortemente spirituale, Pforr è più inoltrato nella tematica storica e nella riproposizione di saghe medievali e cavalleresche.

Inoltre, colleziona incisioni di Dürer ed è forse per questo che il suo approccio risulta più duro e secco rispetto alla morbidezza aggraziata e raffaellesca di Overbeck. L’attenzione al dettaglio e alla prospettiva lo avvicina anche a Paolo Uccello, soprattutto nella stesura di scene affollate e storiche.

Purtroppo, l’avventura artistica di Franz Pforr dura pochissimo: durante un soggiorno ad Albano Laziale, le sue condizioni di salute si aggravano dopo aver contratto la tisi e muore lì, nel 1812, a soli ventiquattro anni.

Franz Pforr: una pittura asciutta nel segno della rilettura del Quattrocento

Affascinato sin dalla sua formazione viennese dall’arte e dalla letteratura medievale e protorinascimentale, Franz Pforr ha un approccio molto più saldo rispetto al suo amico Overbeck. Ciò che lo contraddistingue è una linea ben marcata che non proviene tanto da Raffaello, quando da Paolo Uccello e Mantegna, anche per la dura e concezione prospettica.

Tutte queste caratteristiche si riscontrano nel dipinto più famoso del pittore, conservato allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte: l’Ingresso del re Rodolfo d’Asburgo in Basilea nel 1273, del 1810.

L’opera, iniziata a Vienna e terminata a Roma, risulta caratterizzata da un’aura di semplicità bidimensionale, in cui la linea di contorno raggiunge il massimo dell’importanza, mentre il colore vivace sembra procedere ad incastri, come una tarsia marmorea, nell’imitazione del Rinascimento nordico, ricco di dettagli analitici.

Al 1810 risale anche il suo famoso Autoritratto, in cui non si può non ravvisare quella durezza incisiva di Dürer che lo ispira anche nell’esecuzione delle illustrazioni del Götz von Berlichingen di Goethe, conservate anch’esse allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte.

Tra le ultime testimonianze pittoriche di Franz Pforr è da segnalare la tavoletta allegorica con Sulamith e Maria, il cui tema sarà da ispirazione per l’Italia e Germania di Friedrich Overbeck.

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