Sommario
Biografia
Giorgio Morandi (Bologna, 1890 – 1964) nasce da una famiglia della borghesia bolognese. Dimostrate spiccate doti artistiche, viene iscritto all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1907.
Negli anni di studio, comincia già produrre le prime opere, soprattutto paesaggi dall’atmosfera solitaria e malinconica, apprezzati sin da subito dalla critica.
Si diploma nel 1913 e, nell’estate dello stesso anno, si reca per la prima volta con la famiglia nella località appenninica di Grizzana, dove realizza una serie di paesaggi dal vero ispirati proprio a queste zone.
Nel frattempo, Giorgio Morandi, in Accademia, si è legato a giovani artisti come lui: Osvaldo Licini (1894-1958), Severo Pozzati (1895-1983) e Mario Bacchelli (1893-1951). Nel 1914, questo gruppo di artisti, insieme a Morandi, espone presso l’Hotel Baglioni, mostra visitata e ammirata dal musicista futurista Balilla Pratella.
Proprio attraverso il suo tramite, il pittore bolognese entra in contatto con il Futurismo. Espone alla Galleria Sprovieri di Roma insieme ai futuristi, ma è più una vicinanza che un rapporto vero e proprio.
La sua sperimentazione, più che futurista, infatti, è secessionista, con l’assiduo studio di André Derain (1880-1954), ma anche e soprattutto di Paul Cézanne (1839-1906) e poi del Cubismo di Picasso (1881-1973).
È un periodo di forte indagine pittorica, che lo fa entrare in contatto con l’arte europea e che giunge fino alla reinterpretazione dei modi di Henri Rousseau (1844-1910), soprattutto intorno al 1915.
“Valori Plastici”
In realtà, la vera svolta pittorica di Giorgio Morandi avviene nel 1918, quando, sulla rivista bolognese “La Raccolta”, ha modo di leggere pezzi critici sulla Metafisica di Alberto Savinio (1891-1952), di Giorgio De Chirico (1888-1978) e di Carlo Carrà (1881-1966).
Principalmente, viene attratto nell’orbita compositiva e sintetica di Carrà, adottandone la rielaborazione dello spazio prospettico del Trecento e del Quattrocento. Tra il 1918 e il 1919, il pittore inizia a realizzare una serie di dipinti contraddistinti da un formalismo compendiario e perfetto allo stesso tempo.
L’ambiente e gli oggetti sono i punti di ricerca fondamentali del pittore bolognese. Nel 1919 giunge a scoprire del tutto la presenza delle cose, il loro valore all’interno dello spazio di matrice rinascimentale.
Non a caso, si avvicina a Mario Broglio e nel numero autunnale di “Valori Plastici” compare una sua natura morta, che lo lega indissolubilmente al ritorno all’ordine, caratterizzato sempre, però, da una interpretazione personale e profondamente lirica.
Il successo di critica e di pubblico
Le sue nature morte e i suoi paesaggi minimali e “pierfrancescani”, nel corso degli anni subiscono piccole variazioni cromatiche e tonali. Giorgio Morandi porta avanti una poetica tradizionalista e introspettiva allo stesso tempo, che verrà celebrata tra le pagine de “L’Italiano”, nel 1932, da Ardengo Soffici (1879-1964).
«La sua pittura – come quella appunto degli antichi e di tutti i veri maestri di ogni epoca – è uno specchio dell’anima, specchio questa a sua volta del mondo». Soffici inserisce la pittura di Morandi nella tradizione classica italiana, integrandola nei «valori del nostro passato» e in effetti è stata proprio questa la fortuna critica del pittore.
Espone con Valori Plastici, con Novecento, alle Biennali veneziane, alle Quadriennali romane, ma anche al Premio Carnegie di Pittsburgh.
Negli anni Quaranta, si avvicina a Roberto Longhi che ne esalta la purezza formale, che raggiunge livelli di altissimo lirismo soprattutto negli anni Cinquanta, quando rimane immune all’ondata dell’informale.
Ormai rinchiuso nel suo linguaggio, privo dei condizionamenti dei tempi moderni, Giorgio Morandi continua a dipingere le sue preziose nature morte e i suoi paesaggi solitari e sempre più nostalgici fino agli anni Sessanta.
Muore nella sua Bologna nel 1964, a settantaquattro anni. ne seguiranno una lunga serie di antologiche in Italia e all’estere, che continuano ancora oggi, nell’esaltazione della sua poetica.
Giorgio Morandi: dalla Metafisica ai Valori Plastici
Nonostante gli esordi di Giorgio Morandi siano legati profondamente alla cultura europea e in parte anche al Futurismo, da cui viene attratto in minima parte intorno al 1914, la sua vocazione è classicista. Proprio nel ’14, partecipa alla Secessione romana con uno Studio.
Tramite l’approccio alle opere di Carlo Carrà, il pittore bolognese giunge, nel 1918, a eseguire una serie di nature morte di grande rigore compositivo. Caratterizzate dall’atmosfera rarefatta e onirica, in cui gli oggetti, spesso misteriosi come manichini, sono nitidi e portano ombre portate ben circoscritte.
Presto, però, Giorgio Morandi si fa più classicista, sia nella composizione che nella disposizione degli oggetti. Bottiglie, vasi e ciotole sono realizzati tenendo presente ormai solo la loro realtà fisica, semplice e scarna, senza riferimenti metafisici. È il momento del pieno ritorno all’ordine, quello di Valori Plastici.
Gli oggetti sono disposti seguendo un ordine spaziale preciso, quasi come fossero personaggi di un dipinto del Quattrocento, pieni e calibrati nella loro volumetria e rapporto armonico. Attraverso un tonalismo delicato, spesso le nature morte si confondono con l’atmosfera.
Alla Fiorentina primaverile del 1922, Giorgio Morandi, espone dieci opere tra cui Paese, Fruttiera e pane, Vasetto con rose e Anfora. Presentato da Giorgio De Chirico, le sue opere vengono definite “Metafisica delle cose quotidiane”.
Chiarezza formale e intimismo classicista
Dagli anni Venti in poi, Giorgio Morandi lavora solo su due tematiche, la natura morta, con tavoli che ospitano oggetti quasi sacri nella loro verità e i paesaggi, dei dintorni della sua Bologna. Un morbido tonalismo li accompagna, ma verso la fine degli anni Venti si trasforma, attraverso l’uso di colori più scuri e terrosi.
Il suo è un tradizionalismo puro, classico, come si nota dalle opere presentate alla Biennale del 1928, tre Paesaggi e una Natura morta. Nel 1930 vi espone Fiori, Natura morta n.1, Piccolo giardino e Natura morta n.2.
Una serie di Nature morte vibranti e quasi espressioniste, cominciano a comparire negli anni Trenta, precisamente alla Quadriennale romana del 1931 e del 1935.
Alla III Quadriennale, Giorgio Morandi tiene una personale con più di cinquanta opere, sempre le sue nature morte con gli stessi oggetti presentati sul tavolo, ma con un lirismo mai uguale a se stesso, in movimento continuo e con un costante riferimento al classico.
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