Giovanni Costetti

Giovanni Costetti. Il Pizzicagnolo Preoccupato (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Il Pizzicagnolo Preoccupato (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Giovanni Costetti (Reggio Emilia, 1874 – Settignano, 1949) fratello minore di Romeo Costetti (1871-1957), nato da una famiglia di artigiani, viene avviato subito allo studio del disegno. Ma l’ambiente accademico gli sta stretto, così, quando compie il servizio militare a Torino nel 1895, comincia ad interessarsi al paesaggio lirico e verista di Antonio Fontanesi (1818-1882).

E non solo, infatti, con la sua ricerca si avvicina anche alle opere simboliste di Puvis de Chavennes (1824-1898) e di Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), ma anche a quelle di Giovanni Segantini (1858-1899).

Da Berna a Firenze

Dopo il servizio militare, nel 1897, Giovanni Costetti compie un viaggio di studio a Berna, dove inizia a dedicarsi all’illustrazione, lavorando per alcune riviste locali. Si avvicina sempre di più al tratto secessionista e per questo viene notato dalla critica. Rientrato in Italia, vince il pensionato Sanguinetti e quindi può trasferirsi da Reggio a Firenze.

Qui, frequenta la Scuola del Nudo di Giovanni Fattori (1825-1908), dove conosce Ardengo Soffici (1879-1964), Giuseppe Graziosi (1879-1942) e Armando Spadini (1883-1925). Ma Firenze gli offre anche la possibilità di avvicinarsi ai maestri del Rinascimento, che, negli anni, riuscirà a coniugare al sempre più vivo interesse per il Simbolismo.

L’esperienza parigina e il rientro a Firenze

Infatti, quando nel 1900 si reca a Parigi insieme a Melkiorre Melis (1889-1982), Soffici, Umberto Brunelleschi (1879-1949), può finalmente approfondire la componente simbolista della pittura francese, quasi ignorando, col disappunto di Soffici, quella impressionista.

Rientrato a Firenze, non può far altro che condividere questa tensione secessionista e simbolista con gli artisti Giuseppe Beccarini (1882-1907) e Domenico Rambelli (1886-1972). Nel 1902, partecipa al Concorso Alinari per l’illustrazione della nuova edizione della Divina Commedia. L’anno successivo, espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, prendendovi parte per molti altre edizioni.

Nel 1914 poi, Giovanni Costetti partecipa alla Secessione romana, e, nel frattempo, collabora come illustratore alle riviste “Hermes” e “Leonardo”. Sono gli anni in cui comincia a dedicarsi con impegno al genere del ritratto, lasciando alcuni memorabili rappresentazioni che uniscono il tratto secessionista all’ispirazione rinascimentale.

Fano parte di questo ciclo i ritratti di alcuni suoi amici pittori, ma anche quello di Gabriele D’Annunzio che conosce proprio in questi anni e con cui stringe amicizia.

L’interesse per le filosofie mistiche

In questa fase, Giovanni Costetti si avvicina ai circoli fiorentini interessati alla diffusione e allo studio delle filosofie mistiche. Verso il 1910 stringe anche amicizia con il collezionista di Cézanne Gustavo Sorni.

È proprio in questo momento, dunque, che il suo simbolismo di ispirazione mistica e secessionista si unisce al tratto duro cézanniano e si avvicina al cromatismo fauve.

Negli anni Venti, travolto dal ritorno all’ordine, sembra condividere gli stilemi di Valori Plastici, come si nota da alcuni ritratti volumetrici e saldi, seppur sempre denotati da un afflato ideale memore della sua impronta simbolista. Così, espone anche con Novecento in Italia e all’estero e nel 1931 si tiene la sua personale presso la Galleria Bernheim-Jeune di Parigi che consacra la sua carriera.

Durante gli anni della guerra, si trasferisce in nord Europa, soggiornando tra la Norvegia e l’Olanda. Solo alla fine degli anni Quaranta rientra in Italia per stabilirsi a Settignano, dove muore nel 1949, a causa di una fulminea malattia al cervello.

Giovanni Costetti: il Simbolismo

L’interesse di Giovanni Costetti per il simbolismo nasce evidentemente dallo studio, ancora molto giovane, di opere di Rossetti e de Chavennes. Ben presto, questa passione trova un vivido punto di incontro con gli autori proto rinascimentali e rinascimentali che conosce a Firenze.

L’atmosfera simbolista preraffaellita si coniuga, così, al tratto morbido e sapiente dei maestri del Rinascimento italiano e questo ben si nota sin dai primi ritratti di Giovanni Costetti. Tra le prime opere vi sono Disegni dai Maestri del Rinascimento, ma anche il Ritratto di Ardengo Soffici, suo caro e prezioso amico a Firenze.

I ritratti e le opere di questo periodo sono direttamente ispirate dal simbolismo di Arnold Böcklin (1827-1901). Alla Biennale di Venezia del 1905 presenta il Ritratto della Signora M., mentre Interno, Ritratto di bambina e Ritratto di giovane compaiono a Firenze l’anno successivo. Partecipa poi alla Biennale del 1907 con il Ritratto del romanziere Brunati.

Quest’opera fa parte del ciclo ritrattistico di gusto secessionista e neo rinascimentale che Costetti dedica ai suoi amici pittori e letterati. All’interno di esso compaiono, infatti, il Gianfalco, Il ritratto di Giovanni Papini e di Maffei, insieme a molti altri.

Da Cézanne al ritorno all’ordine

Gli anni Dieci del Novecento rappresentano per Giovanni Costetti l’avvicinamento alle filosofie mistiche e spirituali, grazie all’intercessione dello scultore Dario Viterbo (1890-1961). A questo punto, il suo simbolismo si carica di tensioni nuove e di influenze diverse. Il tratto alla Böcklin si modifica dando spazio al segno spigoloso e pieno di Cézanne.

I colori si ispirano all’espressionismo fauve, proprio come le forme nervose e tormentate. Nel 1912, alla Biennale di Venezia, presenta dodici dipinti, tra cui Giomino il santo e Penelope di Settignano, Ritratto in rosso, Anima salva e Tre cagne. Alla Secessione romana del 1914 invia, invece, Vecchia, Contadino e alcuni Ritratti.

Ma, come al solito, la guerra crea uno spartiacque nella poetica di molti artisti, e lo stesso vale per Giovanni Costetti. Inevitabilmente, si accosta al ritorno all’ordine di Valori Plastici e poi di Novecento, abbandonando pian piano l’identità di artista simbolista.

Il Rinascimento, che conosce molto bene, gli offre le forme e la chiave della sua rivalutazione dell’arte classica in chiave moderna. Cézanne è sempre un riferimento valido nella costruzione delle linee e dello spazio, basta notare i dipinti presentati alla Fiorentina Primaverile del 1922.

Si tratta di diciassette opere, tra cui Il pizzicagnolo preoccupato, Il cocomeraio, Donna assorta, Il pianista Angelelli, Il poeta Campana, L’ora drammatica, Solitudine e L’uomo in bianco.

Ormai, è votato ad una pittura ordinata, plastica e solida: espone con Novecento anche a Buenos Aires nel 1930. Alla sua ultima Biennale del 1928 invia La Crocifissione, Il berretto rosso, Donna che legge, La donna bionda e La bella spogliata.

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