Giuseppe Bezzuoli

Giuseppe Bezzuoli. Nobildonna (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Nobildonna (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Giuseppe Bezzuoli (Firenze, 1784-1855) si iscrive ben presto all’Accademia di Belle Arti per studiare pittura. La sua formazione non avviene soltanto in Accademia, ma si completa con i frequenti viaggi a Roma, Milano, Bologna e Napoli, che gli permettono di affermarsi come pittore di storia.

Dopo la realizzazione dell’Entrata di Carlo VIII a Firenze riscuote grande successo e ottiene commissioni da ogni parte d’Italia.

Nel 1844 Giuseppe Bezzuoli subentra al suo professore Pietro Benvenuti (1769-1844) nella cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Tra il 1853 e il 1855 soggiorna a Genova, Venezia, Ferrara, Padova e Bologna. Muore a Firenze nel 1855, ancora nel pieno dell’attività pittorica.

La lezione di Benvenuti

Nel 1796 entra nell’Accademia di Belle Arti di Firenze e inizia a studiare pittura con Gaetano Piazzoli (1703-1774) e con Pietro Pedroni (1744-1803). Nel 1801 comincia a seguire le lezioni del suo maestro più importante, il pittore neoclassico Pietro Benvenuti.

Non sappiamo quasi nulla delle opere della prima formazione, poiché ci sono pervenuti solamente disegni e piccoli ritratti. Ciò che è certo è che sin da subito ottiene un discreto successo, tanto che abbiamo notizia della visita di Francesco Hayez (1791-1882) al suo studio di Firenze.

Pittura di storia

Nel 1812 Giuseppe Bezzuoli vince il concorso triennale dell’Accademia con il dipinto di storia Aiace che difende il corpo di Patroclo. In questo modo riesce a recarsi a Roma, dove amplia le sue conoscenze sulla pittura di paesaggio, da lui tanto amata.

Nella Capitale Bezzuoli ha modo anche di conoscere da vicino l’opera di Raffaello e di effettuare la copia della Scuola di Atene e della Galatea per il conte Tosio di Brescia.

Nel frattempo riceve alcune committenze sia pubbliche che private, come quella del conte Saulo Alari di Milano che lo incarica di realizzare un Paolo e Francesca nel 1816, che verrà accompagnato dal pendant Angelica e Medoro nel 1819.

Tra il 1815 e il 1817 si sposta frequentemente a Bologna dove ha modo di studiare il Seicento emiliano. Infine, nel 1818 ritorna a Roma e da qui fa un viaggio a Napoli. Nella città partenopea finalmente completa la sua formazione artistica di pittore di storia.

Giuseppe Bezzuoli. Le Opere romantiche

Tornato a Firenze, a cominciare dagli anni Venti Giuseppe Bezzuoli ottiene diversi incarichi. Il ciclo di affreschi con tre storie di Angelica e Medoro per Palazzo Pucci, in cui la rigidità della lezione neoclassica si assottiglia per dare spazio alle espressioni sentimentali dei due amanti.

I colori cedono ad una certa leggiadria tipica della pittura da stanza del Seicento fiorentino. Da segnalare anche la decorazione del primo e secondo piano di Palazzo Pitti con un soggetto che richiama il tema dell’educazione collegata ad un exemplum virtutis, ovvero Alessandro il Macedone nello studio di Apelle.

Negli stessi anni Giuseppe Bezzuoli realizza il Battesimo di Clodoveo per la chiesa di San Remigio a Firenze, considerato il primo vero e proprio dipinto romantico.

Tale definizione si ha sia per la scelta di un tema medievale e non classico, sia per la selezione di una tavolozza che si rifà al rinascimento veneto e che permette l’emergere del sentimento drammatico dei protagonisti della scena.

Nella metà degli anni Venti si dedica soprattutto ai ritratti, come quello dello scultore Lorenzo Bartolini o del Marchese Lorenzo Ginori a cinque anni. È del 1827 il dipinto che decreta il suo definitivo successo come pittore di storia: L’entrata di Carlo VIII a Firenze.

L’opera, commissionata dal granduca Leopoldo II e ora alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, è tratta dalle Istorie di Iacopo Nardi (1476-1563). Richiama l’episodio storico della fine del Quattrocento in cui Carlo VIII re di Francia entra a Firenze per prendere possesso della Penisola.

topoi del Romanticismo

La grande importanza del dipinto consiste in quello che diventerà uno dei topoi del Romanticismo, ovvero richiamare un antico evento per alludere alla situazione presente. Ecco che quindi Bezzuoli si schiera contro le invasioni straniere di tutti i tipi.

Giuseppe Bezzuoli lo fa con la rappresentazione non solo dei grandi della storia, ma anche della folla popolare di manzoniana memoria (Manzoni è a Firenze per «risciacquare i panni in Arno» proprio nel 1827).

Nel 1836 sempre a Palazzo Pitti Giuseppe Bezzuoli realizza undici affreschi con gli exempla virtutis delle Imprese di Cesare. Mentre al 1838 appartiene il dipinto realizzato per il conte Demidoff Il ritrovamento del corpo di Manfredi dopo la battaglia di Benevento, anch’esso dal chiaro valore emotivo riposto nella figura di Manfredi, ritratto quasi come un Cristo morto.

Negli anni Quaranta, dopo una serie di committenze come quella di Roberto D’Azeglio che gli chiede di realizzare il Ritratto di Vittorio Amedeo II per la Sala del Caffè di Palazzo Reale a Torino, si dedica prevalentemente ai ritratti (ad esempio quello di Niccolò Puccini del 1843) e a dipinti di tema religioso, storico e allegorico che presenta anche alla Royal Academy di Londra.
Negli ultimi anni si dedica anche a schizzi di vedute e paesaggi della natura pistoiese.

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