Giuseppe Graziosi

Giuseppe Graziosi. Nudo di Donna Sdraiata. Tecnica: Marmo
Nudo di Donna Sdraiata. Tecnica: Marmo

Quotazioni Giuseppe Graziosi

I disegni sono stimati tra i 300 e i 600 euro mentre i dipinti in media tra i 5.000 e i 10.000 euro. Cifre superiori possono raggiungere grandi e complesse composizioni aggiornate sui modi post impressionisti. Le sculture in gesso invece hanno stime tra i 1.000 e i 3.000 euro. I bronzi sono sicuramente i più apprezzati: hanno quotazioni medie tra i 4.000 e gli 8.000 euro. Graziosi ha un’area di collezionismo emiliana e in particolare modenese. Le quotazioni possono essere influenzate da numerosi fattori quali stile, qualità, dimensioni o periodo di realizzazione: contattateci per avere una stima aggiornata.

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Biografia

Giuseppe Graziosi (Savignano sul Panaro, 1879 – Firenze, 1942) dimostra sin da bambino una forte propensione verso il disegno. Dal 1893 frequenta l’Istituto di Belle Arti di Modena, ma dal 1898 si trasferisce all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Qui studia sotto la guida dello scultore Augusto Rivalta (1837-1925) e del pittore Giovanni Fattori (1825-1908). È da questo momento in poi che si delineano le due componenti artistiche di Giuseppe Graziosi, quella pittorica e quella plastica.

A Firenze entra subito in contatto con i maggiori rappresentati della cultura del tempo: Ardengo Soffici (1879-1964), Armando Spadini (1883-1925), Giovanni Prezzolini (1882-1982). All’inizio del Novecento compie un importante viaggio a Parigi. Si dedica tanto allo studio dei classici del paesaggio francese, come la Scuola di Barbizon, quanto all’impressionismo e al post impressionismo.

Allo stesso tempo, nella capitale francese, Giuseppe Graziosi entra in contatto con lo scultore Paolo Troubetzkoy (1866-1938). Inoltre, si confronta con la plastica di Auguste Rodin (1840-1917) e di Medardo Rosso (1858-1928).

Tra pittura e scultura

Rientra in Italia nel 1903, anno in cui espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, confermando le sue partecipazioni fino al 1942. Si dedica con eguale costanza e dedizione alla pratica scultorea e a quella pittorica, incontrando il favore di Ugo Ojetti. Le sue tele di questi anni si concentrano soprattutto sulla tematica sociale e su soggetti intimi e familiari.

La pennellata risulta erede di quella scapigliata, ma più dura e materica, carica di suggestioni cézanniane e post impressioniste. Giuseppe Graziosi affronta gli stessi temi veristi in scultura, ponendo attenzione sulle difficoltà della condizione umana.

Mentre in pittura sfiora costantemente l’innovazione, in scultura è più tradizionalista, attraverso una forma solida e una linea armoniosa, sempre legata ad una visione verista.

Dagli anni Venti del Novecento Giuseppe Graziosi inizia ad affrontare in pittura il paesaggio emiliano, con tutte le implicazioni sociali che inquadrano da vicino la classe contadina. Pittore e scultore molto prolifico, espone moltissimo tra gli anni Dieci, Venti e Trenta soprattutto tra Quadriennali romane e Biennali veneziane.

Attività didattica e riconoscimenti

Dal 1914 insegna plastica all’Accademia di Firenze, poi a quella di Brera fino al 1922 ed in seguito a quella di Napoli dal 1924 al 1926. Viene nominato membro onorario dell’Accademia Clementina di Bologna e di quella di San Luca a Roma.

Negli ultimi anni, Giuseppe Graziosi affianca alla produzione verista di paesaggi e soggetti agresti, una serie di sensuali nudi femminili che compaiono anche in scultura.

Uno dei massimi artisti modenesi del Novecento, ha praticato costantemente anche l’incisione. Dopo la sua morte, sopraggiunta nel 1942, gran parte delle sculture, acqueforti e dipinti sono stati lasciati al comune di Modena.

Giuseppe Graziosi: l’influenza del tardo impressionismo

La pittura di Giuseppe Graziosi nasce dalle suggestioni che riceve a Parigi nel suo viaggio di inizio Novecento. Ancor prima però, si data il suo esordio: nel 1898 espone per la prima volta a Torino Figlio della gleba.

Un dipinto questo che già annuncia la forte e costante attenzione di Graziosi nei confronti della questione sociale, trattata con grande partecipazione e verismo.

Il richiamo cromatico e costruttivo di parte della pittura post impressionista rimane nell’artista dal suo ritorno in Italia nel 1903, fino alla fine della sua carriera. Una luminosità attentamente studiata e una pennellata costruttiva e fatta di lunghi tratti sfilacciati descrive in particolare i dipinti agresti.

Tele e sculture dedicati al mondo agreste: la tematica sociale

Alla Biennale del 1903 espone le tre sculture in bronzo Saccheggio, Automa e Tra amici. Mentre alla Promotrice fiorentina del 1904 presenta Buoi, L’abbeveratoio e Testardi tre dipinti perfettamente aderenti al verismo di metà Ottocento.

La scultura Maldicenza, insieme a due pittoriche Impressioni dal vero fanno la loro comparsa alla Biennale del 1905. Con una serie di undici opere tra tele, acqueforti e sculture, tra cui All’opera, La madre e Vita semplice, partecipa all’Esposizione di Milano del 1906.

Tradizionalismo pittorico e scultoreo

Il suo tradizionalismo pittorico e scultoreo ottiene ampi consensi, soprattutto grazie alle profonde e importanti tematiche trattate. I soggetti contadini legati allo sfruttamento del lavoro appaiono sempre più preponderanti nella produzione di Giuseppe Graziosi, fino agli anni Venti.

Partecipa alla mostra della Secessione romana del 1913 con Interno, Incenso, Lettura mistica e Villaggio in montagna. Nel 1919 si svolge la sua personale presso la Galleria Pesaro di Milano, in cui presenta più di cento opere.

Tra di esse figurano i dipinti Il ballo, Scirocco, Mietitura, Nella stalla, Famiglia del contadino, Case rustiche. Tra le sculture compaiono Bacco, Statua per monumento ai caduti, Ritratto del mio bambino, Nudo di donna, Vendemmiatrice.

Il 1924 lo vede protagonista di un’altra personale, questa volta presso la Biennale di Venezia. Vi espone Donna nuda, Rissa, Baccante, Madre, Ponte di Rialto, La natività, Studi per la Via Crucis, opere divise tra sculture, oli e acqueforti.

Scultura celebrativa e piccoli nudi femminili

Tra gli anni Venti e Trenta Giuseppe Graziosi realizza una serie di sculture pubbliche: per il mercato di Modena La fanciulla con cesto e spighe e il Putto e l’oca.

Si dedica poi, nel 1929, al Monumento equestre al duce, per il littoriale di Bologna, oggi andato distrutto, ma pienamente afferente ai modelli classici di statue equestri. Ancora, nel 1933 esegue una Testa di Benito Mussolini in bronzo e una Testa di Vittorio Emanuele III.

Negli anni Trenta fanno la loro comparsa anche diverse opere di soggetto religioso, come Il compianto sul Cristo morto o Gesù crocifisso. Alle esposizioni, invece, presenta soprattutto piccoli nudi di donna, di forte ispirazione classica: dee, donne alla fonte, nudi sdraiati dalle linee armoniose.

Alla Quadriennale del 1931 espone il gesso L’adolescente, alla Biennale del 1932 Eva, alla Mostra d’Arte Toscana in Palazzo Strozzi del 1942 Nudo di donna.

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