Guglielmo Janni

Guglielmo Janni. San Francesco, 1925 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
San Francesco, 1925 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Guglielmo Janni (Roma, 1892 – 1958) nasce da un’agiata famiglia romana. Il padre è avvocato, la madre, Teresa Belli è la nipote del poeta Giuseppe Gioacchino Belli. Per seguire le orme paterne, fra il 1902 e il 1914 studia prima al liceo classico e poi si laurea in giurisprudenza.

Ma in lui, esiste da sempre una passione verso il disegno che non può ignorare. Alla fine della Prima guerra mondiale, si iscrive, infatti, ad un corso di decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma tenuto da Giulio Bargellini (1875-1936), di cui diventerà allievo personale ed assistente.

Gli anni Venti

Sin dai primi anni, la pittura di Guglielmo Janni risente profondamente dei suoi studi letterari e filosofici, molto legati a Proust, ma anche a Schopenhauer e Leopardi. Le sue figure, ricche di introspezione psicologica, appaiono sin da subito ieratiche ed energiche.

Dagli anni Venti, il pittore si occupa soprattutto di soggetti sacri, ma lavora ancora come decoratore insieme al maestro Bargellini. Nel 1921, esordisce alla Biennale romana, mentre nel 1924 decora il soffitto a cassettoni della sede della Banca d’Italia.

In questo periodo, la sua pittura è pura e fresca, ma ancora aspra e non intrisa di una personalità forte e precisa. La svolta avviene quando Guglielmo Janni, verso la fine degli anni Venti, stringe amicizia con Alberto Ziveri (1908-1990), anch’egli allievo di Bargellini.

Dalla pittura degli inizi, ancora influenzata da un decorativismo di stampo liberty, il pittore romano passa ad un tonalismo equilibrato e “mitico”. Piano piano, lascia il maestro e comincia a studiare il Quattrocento di Piero Della Francesca, così come si nota dagli affreschi nella cappella per i caduti in San Bartolomeo a Busseto.

Una voce tormentata della Scuola Romana

Notato da Roberto Longhi alla Sindacale del Lazio del 1930, che ne mette subito in risalto il carattere letterario e i riferimenti al mito, l’artista, proprio a partire degli anni Trenta, abbandona quasi del tutto i temi religiosi per la rappresentazione della figura umana, soprattutto maschile e in contesti omosessuali.

Artista tormentato e costantemente addentrato in studi filosofici e letterari, si dedica alla pittura con inquietudine, sempre alla ricerca di una via d’uscita dalla sua formazione cattolica e rigorosa.

Un tonalismo ruvido e solenne allo stesso tempo, mette in risalto corpi possenti e spesso mascherati, ambigui, teatrali. Con la partecipazione all’Exhibition of Contemporary Italian Painting negli Stati Uniti, Giglielmo Janni ottiene i primi importanti successi che lo conducono alla personale romana presso la Galleria La Cometa nel 1935.

In catalogo, il pittore può vantare la presentazione di Giuseppe Ungaretti che nota puntualmente come nelle sue immagini vi siano costanti riferimenti alla pittura del Quattrocento, con la sua solenne staticità, spesso mossa dall’equilibrato eroismo dei personaggi febbrilmente rappresentati.

Nel 1936, ormai conosciuto dalla critica, viene invitato a partecipare, per l’unica volta, alla Biennale di Venezia, insieme agli altri tonalisti della Scuola Romana. L’artista, sempre influenzato dalle sue letture, entra in una grave crisi esistenziale alle soglie degli anni Quaranta.

Questo particolare momento lo conduce ad una scelta drastica: decide di smettere di dipingere. Anzi, molte tra le sue duecento opere già realizzate vengono in parte distrutte e in parte tagliate. La sua esperienza con la pittura viene sostituita quindi dallo studio approfondito e ragionato delle opere del bisnonno Giuseppe Gioacchino Belli, che lo aveva da sempre affascinato.

Lavora alla sua complessa e fantasiosa biografia Belli e la sua epoca fino al 1956. Muore due anni dopo a Roma, a sessantasei anni.

Guglielmo Janni: gli esordi al seguito di Bargellini

I primi anni di Guglielmo Janni sono rappresentati dalla collaborazione con il maestro Bargellini. Nel 1924, come accennato, decora il soffitto della Banca d’Italia con la Storia della moneta italiana. Ma l’esordio era avvenuto tre anni prima alla Biennale romana con un Ritratto di signora, oggi andato disperso.

Gli anni Venti sono segnati dalle costanti raffigurazioni sacre, dovute molto probabilmente alla sua formazione cattolica e tradizionale. Nel 1923 espone alla Biennale romana un San Tarcisio, mentre nel 1925 presenta un San Francesco al Concorso Artistico Francescano di Milano. Il San Sebastiano, invece, viene inviato dall’artista al Concorso di Pittura dell’Associazione degli Artisti di Firenze.

Si tratta di un vero e proprio capolavoro che osserva e rivisita i tratti del Quattrocento toscano, in particolare di Piero Della Francesca, come si nota dal corpo diafano del santo e dalla rigida ed equilibratissima prospettiva architettonica alle sue spalle.

Il San Sebastiano viene riproposto alla Mostra Sindacale del Lazio del 1929, insieme a due Studi e ad un Ritratto. Due anni dopo, prende parte all’Esposizione Internazionale d’Arte Sacra Cristiana a Padova con Le Sette opere di Misericordia, giudicate provocanti perché ricche di nudi.

Un tonalismo inquieto

Il legame con Ziveri porta gradualmente Guglielmo Janni a distanziarsi da quella pittura pura e ordinata dei primi anni, abbandonando i temi sacri, per inoltrarsi in una vocazione più personale e privata. Dagli anni Trenta in poi, si fa interprete di una pittura dai tratti arcaizzanti e tormentati.

“Mitica” è stata spesso definita la sua vocazione della maturità, quando i suoi soggetti prediletti diventano i nudi maschili, angosciati ed eroici allo stesso tempo. Contraddistinti da un tonalismo espressivo, i corpi appaiono studiati nei minimi dettagli, nell’esaltazione della bellezza virile.

Con Endimione partecipa all’Exhibition of Contemporary Italian Painting di Baltimora, ottenendo un grandioso successo di critica e di pubblico. Alla Quadriennale romana del 1931 espone Studio per un David e Fiori del Divin’Amore, mentre alla Sindacale del Lazio del 1932 Ercole e Onfale e due Nature morte.

Nel 1935 tiene la sua personale presso la Galleria La Cometa di Roma, in cui espone, tra le altre opere, Lo specchio, Figura di balletto, Figura d’aprile e Giovani atleti. Il successo è tale da ripetere la personale anche l’anno successivo, in cui compare anche la bella Cassandra.

Nel 1936 e nel 1937 partecipa alle sue due ultime Mostre Sindacali, prima di abbandonare definitivamente la pittura. Vi presenta Composizione, Natura morta, Studio di figura, Frutta, Kinocactus e Figura in costume.

Il suo linguaggio ruvido e inquieto caratterizza tutte queste ultime tele, prima della partenza per Parigi con Ziveri e il rientro a Roma, ormai deciso a dedicarsi esclusivamente allo studio del bisnonno.

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