Domenico Induno

Domenico Induno. La visita alla balia. Olio su tela, cm 75 x 98. Firma in basso a destra
La visita alla balia. Tecnica: Olio su tela. Firma in basso a destra.

Biografia

Domenico Induno (Milano, 1815 – 1878) nasce da una famiglia modesta. Sin da piccolo inizia a lavorare presso la bottega di un orefice. Entra in contatto con l’incisore Luigi Cossa (1789-1867) che gli consiglia di iscriversi all’Accademia di Brera.

Gli anni dell’Accademia

A Milano segue le lezioni di Luigi Sabatelli (1772-1850) e di Pompeo Marchesi (1783-1858). Riesce ad ottenere quattro medaglie in un solo anno, e soprattutto si guadagna la stima dei due maestri. Marchesi compra i disegni dell’allievo e li inserisce nella sua collezione privata, mentre Sabatelli si fa regalare uno dei suoi saggi di fine corso.

Fin dai quadri iniziali risulta chiara la sua propensione nella realizzazione di scene legate alla pittura di storia. Era infatti un genere molto praticato nell’ambiente artistico milanese e più in generale lombardo degli anni Trenta dell’Ottocento.

L’importanza di Francesco Hayez

Il più anziano Francesco Hayez (1791-1882) inizia a seguire con interesse le prime prove come pittore di storia del giovane Domenico Induno. Ne resta molto colpito e gli trova un piccolo spazio adibito a studio nella sua casa milanese. Inoltre lo mette in contatto con una cerchia di collezionisti ed appassionati d’arte.

Questi diventeranno suoi primi intenditori e compratori. Alcuni di loro, nei primi anni Quaranta, gli affidano la realizzazione di numerosi dipinti di storia e di ritratti. Questo genere però non verrà praticato a lungo dall’artista.

Gli anni Cinquanta e Sessanta

Alla fine degli anni Quaranta passa un breve periodo in Svizzera e in Toscana. Sceglie queste due località per il suo esilio volontario a seguito dei fatti risorgimentali. Quando torna a Milano, negli anni Cinquanta, Domenico Induno comincia ad allontanarsi dai temi politici per entrare nel mondo dell’intimità domestica e della quotidianità, cifre caratteristiche del suo linguaggio artistico.

Questi elementi saranno presenti soprattutto nella narrazione di avvenimenti storici contemporanei, quasi visti dietro le quinte, con il filtro induniano del racconto delle piccole cose che succedono dietro ai grandi eventi.

Il successo

Domenico Induno comincia ad acquisire un successo di critica e di pubblico veramente eccezionale. Viene amato sia dalla critica che dal pubblico, soprattutto milanesi. Le commissioni si moltiplicano e i premi nazionali ed europei si susseguono in una profusione di apprezzamenti e lodi.

Diviene interprete di una storia milanese contemporanea tutta particolare, vista attraverso la lente della cronaca quotidiana. Nel 1873, all’apice della carriera, ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione di Vienna. Muore a sessantatré anni, a Milano nel 1878.

Domenico Induno: gli esordi 

La pittura di storia

La sua prima tela esposta a Brera nel 1838 è un chiaro esempio di adesione agli stilemi della pittura di storia. Si tratta del Bruto che giura di vendicare Lucrezia. Il tema trasmette immediatamente il significato patriottico e l’orgoglio individuale, costanti dell’espressione artistica successiva di Domenico.

L’anno seguente vince il Gran Premio di pittura con il dipinto Alessandro infermo che, vuotando la coppa offertagli dal medico, condanna col suo atto di generosa fiducia la denunzia di Parmenione che gli faceva sospettare un veleno (oggi conservato alla Pinacoteca di Brera).

Grazie a questo premio ottiene anche l’esenzione dal servizio militare e la committenza di una tela di grandi dimensioni per Ferdinando I, avente per soggetto Saul unto re dal profeta Samuele. 
L’opera viene presentata a Brera nel 1840, insieme alla Strage degli Innocenti.  Solo in un secondo momento viene posizionata nella galleria imperiale di Vienna.

La pittura della realtà quotidiana

Induno Domenico nel 1844 espone a Brera la tela Orfanella che sta pregando e un Marco Visconti. Da queste opere si percepisce lo spostamento di interesse dalla tematica storica classica verso soggetti legati alle vicende storiche contemporanee ed alle umili vicende di vita quotidiana popolare.

Proprio dei componenti degli strati più bassi della società Domenico Induno dà un’interpretazione morale molto elevata. Li fa diventare protagonisti eroici delle sue opere, seppur sconosciuti e popolani. Ad esempio realizza un olio intitolato Cosetta, chiaro omaggio ad una dei protagonisti del romanzo storico I Miserabili di Victor Hugo.

La critica, che inizialmente rimane colpita dal repentino cambiamento del pittore, ben presto gli garantisce il successo, elogiandolo ad ogni esposizione. L’uccellatore viene considerato il primo quadro di genere di Domenico Induno, al quale seguono numerosi altri dipinti simili.

Nel 1846 realizza La vivandiera e qualche anno dopo La questua, in cui rappresenta una famiglia borghese visitata da due dame che raccolgono sovvenzioni per le vittime risorgimentali. Con questa tela riesce a toccare profondamente l’animo del pubblico.

Dopo aver passato un periodo di esilio in Svizzera ed in Toscana negli anni Cinquanta torna a Milano, esponendo costantemente a Brera e concentrandosi prevalentemente sulle immagini domestiche legate alla miseria delle classi sociali più basse.

Una delle opere presentate è Pane e lagrime, premiata all’Esposizione Nazionale di Parigi nel 1855, elogiato ed apprezzato da Téophile Gautier e poi acquistato da Francesco Hayez.

Il racconto intimo delle guerre d’indipendenza

Le guerre di indipendenza danno molti spunti ad Domenico Induno per riuscire a declinare in chiave moderna la pittura di storia e soprattutto per raccontare non le grandi vicende dalla sicura risonanza storica futura, ma quelle della quotidianità delle umili persone nella realtà domestica.
Realizza tre versioni di La pace di Villafranca, il ritratto di Giuseppe Garibaldi come generale dell’armata sarda, Episodio del ’59.

In questi anni il suo stile pittorico si fa meno duro e preciso grazie alla scelta di una pennellata sempre più libera e sciolta. Resta però ben salda nel pittore un’attenzione quasi maniacale nella resa dei particolari degli arredi, delle stoffe e degli ambienti.

La cronaca milanese

Nel decennio successivo il pittore si dedica alla narrazione di alcuni episodi della cronaca milanese contemporanea. Nel 1860 esegue La scuola di sartine e nel 1865 Vecchia Milano: il banco dell’antiquario, ma anche La collocazione della prima pietra della Galleria Vittorio Emanuele.

Quest’ultimo quadro è la rappresentazione di uno degli avvenimenti più importanti della storia milanese. Un cambiamento urbanistico e architettonico che ha permesso di dare al centro di Milano la conformazione che oggi ancora vediamo.

La tela già allora ha un successo tale da essere poi realizzata in due versioni, una delle quali viene anche presentata a Parigi nel 1878 e lì acquistata da un collezionista.
All’Esposizione Nazionale di Milano del 1872 Domenico Induno, ormai pittore affermato e amato dalla critica e dal pubblico, presenta il quadro ancora una volta cronachistico Monte di pietà.

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