Sommario
Biografia
Lea D’Avanzo (Padova, 1898 – Milano, 1975), sin da bambina, esprime una forte vocazione per le arti plastiche e per la modellazione della materia. Inizia con la creta, per poi passare, negli anni della maturità, al bronzo e al marmo.
Trasferitasi a Milano, studia all’Accademia di Belle Arti, dove ha come insegnante Adolfo Wildt (1868-1931). Lo scultore, per Lea D’Avanzo, costituisce una figura fondamentale negli anni della sua formazione, soprattutto per quanto riguarda l’approccio simbolista, ma anche la capacità di sintesi che si ritrovano nella sua prima produzione degli anni Venti.
L’esordio della scultrice avviene direttamente alla Biennale di Venezia del 1928, dove vengono riconosciute sin da subito non solo le sue doti tecniche, ma anche una innata capacità di trasmutare nella materia le passioni dell’animo umano.
L’immediato successo
Attraverso una sensibilità formale ed introspettiva, Lea D’Avanzo non cade mai nel manierismo e nell’eccesso, rimanendo sempre all’interno di un’interpretazione raffinata, seppur sensuale, della figura femminile.
Gran parte della sua produzione, infatti, è concentrata su soggetti muliebri, che, inizialmente, subiscono l’influenza della poetica liberty e la levigatezza delle superfici di Wildt, ma in un secondo momento, con il ritorno all’ordine, si fanno più plastici e geometrici, aderendo alla pienezza volumetrica degli stilemi di Novecento.
Solidità formale, sintetismo e monumentalità celebrativa si ritrovano in alcune figure femminili di Lea D’Avanzo realizzate negli anni Trenta e rispondenti ad una precisa logica ed ideologia di regime.
Dato il successo di queste immagini forti e materne, a tratti potentemente arcaizzanti, continua ad esporre alla Biennale di Venezia, ma anche alle Sindacali fasciste e in una mostra della Galleria Pesaro del 1932, con presentazione di Leonardo Borgese (1904-1986).
Scrive di lei: «L’autrice è riuscita a produrre un’opera soddisfacente per vari aspetti: modellato e sintesi di visione, valori di colore, unità e costruzione di posa, e infine retta comprensione e interpretazione poiché ogni retorica è assente, compresa l’attuale retorica della non retorica».
La celebrazione del corpo non solo femminile, spesso rappresentato in pose racchiuse e raggomitolate, sprigiona un sentimento di rielaborazione del classicismo e della scultura arcaica, in una visione appassionata e personale.
Di lei si conosce soprattutto la produzione tra le due guerre. Trasferitasi sul lago di Como, continua a dedicarsi alla scultura e poi anche alla pittura fino agli anni Sessanta. Muore a Milano nel 1975, a settantasette anni.
Lea D’avanzo: una scultura muliebre solida, seducente ed arcaizzante
Come accennato, l’esordio di Lea D’Avanzo si colloca alla Biennale di Venezia del 1928, in cui espone Passione, busto di donna che racchiude se stessa in un abbraccio trasognato. Il marmo levigato, la passione della figura e la sintesi elegante delle linee, rivela ancora l’influenza di Wildt, che piano piano scompare.
Infatti, alla Biennale del 1930, espone una Schiava già definita da una lavorazione più solida e da un formalismo più arcaizzante, che si riscontra a pieno nelle opere esposte alla Galleria Pesaro nel 1932: Pietà, Pugilatore, Donna.
Le posizioni chiuse e raggomitolate delle figure trasmettono un senso di intimità, che non è invece assolutamente presente nelle opere di carattere nettamente più monumentale, come il nudo Il vincitore del 1935 e Attesa, in cui le donne si presentano nella loro ancestrale solidità e ruvidità arcaica e spesso in un non finito di grande impatto.
Il riferimento alla cultura arcaica e al ruolo della donna eroica nella sua dimensione domestica e lavorativa si trova in due delle opere più significative della produzione di Lea D’Avanzo, La legionaria della terra (corrispettivo dell’omonima statua maschile) e La grande madre del 1942, conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Milano.
Quest’ultima scultura, nelle sue dimensioni monumentali e possenti, presenta una figura femminile solenne e primordiale, che mostra i suoi seni ed è circondata dai suoi molti figli, ricavati solidamente ed espressivamente dalla pietra.
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