Louis Dorigny

Louis Dorigny. La Resurrezione: Tecnica: Olio su tela
La Resurrezione: Tecnica: Olio su tela

Biografia

Louis Dorigny (Parigi, 1654 – Verona, 1742), nipote di Simon Vouet (1590-1649), si forma a Parigi nella scuola di Charles Le Brun (1619-1690). All’inizio degli anni Settanta del Seicento, appena ventenne, compie il tradizionale grand tour in Italia: come prima tappa, visita Roma, poi soggiorna in Umbria e nelle Marche ed infine raggiunge Venezia, che diverrà la sua città adottiva.

Nella città lagunare rimangono le prime testimonianze pittoriche di Louis Dorigny, che richiamano una sicura formazione impostata sul classicismo seicentesco. La decorazione di Palazzo Zenobio attira subito il favore e la protezione da parte di diversi aristocratici veneziani, che gli commissionano non solo imprese decorative, ma anche ritratti e tele a soggetto sacro, che ritornano anche dopo il suo trasferimento a Verona.

La carriera artistica a Verona

In questa città, il pittore parigino giunge nel 1687 e, eccezion fatta per alcuni soggiorni lavorativi in altre cittadine venete e friulane, in Austria e nella sua Parigi, vi rimane fino alla morte. Louis Dorigny si inserisce nell’ambito della decorazione veneta di primo Settecento portando una serie di novità nell’ambito dell’affresco, rispetto alla tendenza generalmente impostata sulla memoria pittorica di Veronese.

La leggerezza compositiva e la soavità tonale di Veronese viene infatti sostituita da uno stile decisamente ereditato da Le Brun e fondato sulla drammaticità, spesso celebrativa, della scena e su una forte attenzione nei confronti dell’ornato.

Dunque, un Barocco francese caratterizzato da magniloquenza ma allo stesso tempo da perizia tecnica e dalla solidità delle figure e delle architetture di origine classica. La sintassi delle finte architetture è fondamentale nello stile di Louis Dorigny: finte cornici aggettanti, medaglioni, festoni, ghirlande e panneggi ornano e circondano le scene, quasi sempre di impronta mitologica e allegorica.

Il distacco dalla decorazione veneta

La massiccia solidità delle rappresentazioni non lascia spazio agli sfondamenti prospettici che contemporaneamente venivano realizzati da Andrea Pozzo (1642-1709) a Roma. Il pittore francese rimane ancorato ad un’eleganza architettonica e accademica con pochi accenti illusionistici e molto rigore formale, ereditato proprio da Le Brun e che, mentre nell’affresco è decisamente accentuato, si smorza nei dipinti ad olio.

Mentre Gianantonio Pellegrini (1675-1741) sfoggiava le sue decorazioni leggere e Rococò, Dorigny basava ancora il suo linguaggio su una narrazione paratattica e monumentale di soggetti storici e sacri, rifuggendo le leziose decorazioni dedicate allo svago alla moda.

Il grande stile che Le Brun aveva sfoggiato all’epoca di Luigi XIV viene dunque portato avanti da Louis Dorigny, che lo alleggerisce in senso settecentesco, aggiornando il tenebrismo del maestro con una tavolozza più chiara e con una gestione più ariosa delle masse.

Molte decorazioni di palazzi veronesi portano la firma del pittore francese, che si contraddistingue per l’eleganza del segno, per la calibrata gestione della luce e per la ricchezza tematica. Nelle ultime opere, eseguite ad Udine e Trento, contengono una maggiore libertà e fantasia compositiva di carattere allegorico. Attivo fino gli anni Trenta, muore a Verona nel 1742, ad ottantotto anni.

Louis Dorigny: lo stile eroico del Barocco francese alleggerito nella Verona del Settecento

Tra le prime decorazioni di Louis Dorigny, vi sono quelle eseguite in palazzo Zenobio a Venezia e sul soffitto della chiesa di San Silvestro negli anni Ottanta del Seicento. A quest’epoca, il linguaggio del giovane pittore è impostato su un classicismo rigoroso e proveniente dall’influenza di Simon Vouet, ma anche e soprattutto di Le Brun.

Con il trasferimento a Verona, inizia la sua vera e propria produzione matura a partire dal Giuseppe che spiega il sogno al faraone, per la chiesa di S. Nicolò e poi seguita dall’Annunciazione della metà degli anni Novanta per la cappella dei Nodari nel Palazzo Comunale di Verona, in cui un rigido classicismo, mitigato dalla resa chiaroscurale morbida, accompagna una narrazione solenne e dal formalismo estremamente preciso, di chiara origine barocca francese.

La stessa impostazione scenica si trova anche nella decorazione del Palazzo Leoni Montanari di Vicenza, in cui si dedica ad alcuni Episodi di storia romana e a diverse Allegorie mitologiche, da cui emerge un’accademica eleganza nell’impostazione architettonica e figurativa e una scelta quasi monocromatica.

Un indirizzo tenebroso

Questo indirizzo per così dire “tenebroso” inizia a smorzarsi nei primi anni del Settecento, quando tinte più eteree e chiare compaiono nella teatralità scenica della Caduta della manna per San Luca a Verona. Ciò si acuisce nelle decorazioni successive, come quella di palazzo Manin a Passariano, di Palazzo Giacomelli Calzavara a Treviso e di Palazzo Cavalli a Padova.

Lavora verso la fine della sua carriera per il Duomo di Udine (Episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento delle pareti e i Voli di angeli per la volta). Qui risulta ormai lontano dalle soluzioni rigidamente classiciste degli inizi per cedere a combinazioni decisamente più astratte ed ariose, ma anche caratterizzate da una fervida fantasia compositiva.

Ciò si riscontra nel Trionfo della fede e nella Resurrezione, nella cui drammatica narrazione inserisce anche lo sfondamento prospettico, che quasi sempre aveva escluso dalle sue opere giovanili.

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