Luigi Gioli

Luigi Gioli. Fiera di Bestie a Volterra, 1907. Tecnica: Olio su tela
Fiera di Bestie a Volterra, 1907. Tecnica: Olio su tela

Quotazioni Luigi Gioli

I disegni hanno quotazioni tra i 200 e i 500 euro, le piccole tavolette di sapore fattoriano sono quotate tra i 500 e i 1.500 euro. I tipici dipinti con scene maremmane e militari hanno quotazioni che in media si aggirano tra i 5.000 e i 10.000 euro, tutti contraddistinti dal suo tipico incastro cromatico di discendenza macchiaiola. Luigi Gioli ha avuto una produzione molto vasta ed è assorbita per lo più dal mercato toscano.
Le valutazioni di un’opera d’arte sono solo approssimative poiché possono essere subordinate a numerosi componenti come il periodo, la dimensione, la qualità, lo stile, la tecnica, il soggetto raffigurato ecc… Si raccomanda di contattare i nostri esperti per ricevere una stima effettiva e gratuita.

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Biografia

Luigi Gioli (San Frediano a Settimo, 1854 – Firenze, 1947) si laurea in giurisprudenza, ma influenzato dal fratello maggiore Francesco (1846-1922), si avvicina alla pittura.
Insieme a lui, frequenta gli ambienti della cultura post macchiaiola, ma a differenza del fratello, non passa prima per la pittura di storia, dedicandosi direttamente al paesaggio naturalistico.

I soggetti prediletti di Luigi Gioli diventano subito la campagna e la costa maremmana, scene campestri e idilliache, sempre legate al naturalismo derivante dalla pittura di macchia.
In lui gioca un ruolo molto importante l’influenza di Giovanni Fattori (1825-1908). In effetti, alcune composizioni di animali e di cavalli in particolare richiamano alla memoria quelle del maestro macchiaiolo.

Una ricca attività espositiva in seno al naturalismo

La sua è una natura descritta nella sua essenza più vera, “senza orpelli”, come la voleva Adriano Cecioni (1821-1902). Naturalmente, con il tempo, la pittura di Luigi Gioli acquisisce inevitabilmente i tratti dell’impressionismo francese. E soprattutto, grazie a alla lezione del fratello, si arricchisce di sensazioni simboliche e poetiche legate alla concezione lirica del paesaggio.

Dunque, ottimo paesista e animalista, abile nella realizzazione di atmosfere intime e poetiche, espone per lungo tempo a Firenze, ma è anche assiduo frequentatore delle mostre torinesi e romane.

Partecipa alla Biennale di Venezia dal 1895 al a928 con una certa regolarità. All’inizio degli anni Trenta, la sua attività pittorica rallenta, in favore dell’acquaforte e della litografia. Muore a Firenze nel 1946.

Luigi Gioli: il naturalismo post macchiaiolo

Influenzato dal Fratello Francesco, Luigi Gioli si avvicina alla pittura anche con la mediazione di Giovanni Fattori. La famiglia Gioli, infatti, ospitava spesso il pittore macchiaiolo nella sua tenuta di Fauglia, nella campagna pisana. Il pittore esordisce alla Promotrice di Genova del 1879 con il dipinto di paesaggio In marzo, opera che apre la sua carriera di pittore naturalista.

A Torino nel 1880 si presenta con La neve (colline di Pisa), La sementa del grano, Raccolta delle olive (colline di Pisa). Dipinti questi, ispirati sicuramente alla sua terra d’origine, ma anche alle tematiche tipicamente macchiaiole.

Soggetti della Maremma, composizioni agresti e di animali diventano la cifra caratteristica di Luigi Gioli che, all’Esposizione di Belle Arti di Roma del 1883 presenta Ritorno dal pascolo, La trebbiatura del grano nella campagna pisana, Libeccio, Lavoro in campagna, Un guado.

Ritorno dal pascolo viene riproposto a Venezia nel 1887, insieme ad Abbeveratoio e Ponte alla Carraia. Si tratta di opere che contengono al loro interno l’essenza intima e semplice della pittura di macchia, con la stessa attenzione alla luce e alla resa cromatica pura. Ottobre. Studio dal vero, insieme a Nei prati. Campagna pisana, compare alla Mostra di Bologna del 1888. Mentre nel 1889 è premiato a Parigi con Scene di Maremma.

Già nel dipinto Ponte alla carraia si può notare una certa affinità di tratto e di approccio cromatico con la pittura impressionista di Giuseppe De Nittis (1846-1884).

A questo risultato Luigi Gioli giunge anche grazie all’influenza del fratello che, a cominciare dagli anni Ottanta e Novanta si allontana piano piano dal naturalismo canonico, per avventurarsi in una pittura dalla pennellata più impressionista e dai contenuti simbolici.

La vicinanza all’impressionismo

Dunque, Gioli, a cominciare dalla fine degli anni Ottanta si avvicina inevitabilmente agli accenti impressionisti. Inserisce nei suoi dipinti quelle atmosfere per così dire “acquose” tanto care a De Nittis, come già si nota in Ottobre. Studio dal vero. Questo cambiamento prende piede veramente quando nel 1893 presenta all’Esposizione Nazionale di Roma Cavalli maremmani.

Dipinto seguito poi dal bellissimo Novembre (colline di Pisa) comparso alla Biennale di Venezia del 1895. Ormai, la pittura libera ed elegante di matrice europea si fa strada nella produzione di Luigi Gioli che alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze del 1896 presenta, tra gli altri dipinti, In Piazza d’Armi.

Verità e mimetismo

In esso si rappresenta una corsa di cavalli, che tra le polveri della sabbia, scavalcano il primo ostacolo guidati dai fantini, in una scena aggraziata e allo stesso tempo concitata.
È in queste opere che si rivela la capacità di Luigi Gioli di rendere con verità e mimetismo gli animali, in particolare i cavalli. Alla Biennale del 1899 espone Mattino d’ottobre – colline di Pisa e Sera – colline di Pisa.

Da questo momento in poi, partecipa regolarmente alla rassegna veneziana, sempre più legato ad un impressionismo luminoso e personalissimo. I cavalli maremmani sono i soggetti prediletti, come si nota in Scirocco (Maremma pisana), presentato alla Biennale del 1903.

Ma più in generale, gli animali della campagna cominciano ad essere sempre presenti nelle sue opere. Basti pensare a Vendemmia della Biennale del 1905, in cui tra le rigogliose viti fanno capolino i corpi possenti delle mucche maremmane, così come in Fiera delle bestie a Volterra e in Ritorno dal lavoro.
Dipinge fino a tutti gli anni Venti, partecipando alla sua ultima Biennale nel 1927 con Alla foce dell’Arno e Pascolo.

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