Arrigo Minerbi

Arrigo Minerbi, L’apostolo | Marmo, 49,5 x 21,5 x 26 cm. Firmato Arrigo Minerbi 1922
L’apostolo. Marmo, 1922

Quotazioni Arrigo Minerbi

L’area collezionista è nazionale con punte di interesse in Emilia e in Lombardia. Fu molto attivo nell’arte funeraria ed esistono diverse riduzioni o particolari di questa produzione adattata al mercato borghese: in genere le stime vanno dai 5.000 ai 10.000 euro sia per le sculture in marmo che per quelle in bronzo.

Record per una scultura in bronzo alta cm 176 raffigurante una nuotatrice è di 10.367 (aggiudicazione del 2000). Ovviamente numerosi fattori possono concorrere a modificare le quotazioni. Noi siamo anche interessati all’acquisto diretto e immediato per le opere di Arrigo Minerbi.

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Biografia

Arrigo Minerbi (Ferrara, 1881 – Padova, 1960) nasce da una modesta famiglia ebrea di Ferrara. Inizialmente si forma in questa città, frequentando la Scuola Civica d’Arte, dove ottiene i primi riconoscimenti per le sue sculture.

All’inizio del Novecento si trasferisce a Firenze: frequenta la Scuola libera del nudo presso l’Accademia di Belle Arti e ha come insegnante Giovanni Fattori (1825-1908). A Firenze, comincia ad interessarsi alla scultura rinascimentale, importantissima per la sua formazione.

Genova: “Il Bivacco”

Nel 1905, si trasferisce a Genova e vi rimane per almeno dieci anni, fino allo scoppio della guerra. L’ambiente culturale della città ligure lo stimola profondamente: frequenta infatti gli intellettuali del circolo “Il bivacco”.

Con loro condivide diverse passioni, tra cui quella per la filosofia neoplatonica, studiata negli anni fiorentini, e per le forme di spiritualità orientali. Inoltre, a Genova, conosce nel 1915 Gaetano Previati (1852-1920), con cui stringe una forte amicizia e di cui realizzerà la maschera funebre nel 1921.

Tra naturalismo e simbolismo, in questi anni si avvicina anche ad Adolfo Wildt (1868-1931) e lavora molto per alcune sculture pubbliche della sua città, Ferrara. Pur non partecipando alla guerra per motivi di salute, condivide il clima interventista e realizza diverse opere celebrative di battaglie.

In questi anni, è ancora molto forte in lui l’impianto decorativo liberty e l’influenza di Wildt nella levigatura del marmo e nella lettura drammatica e simbolica dei soggetti rappresentati.

Al 1919 risale la sua prima personale presso la Galleria Pesaro a Milano, dove si trasferisce. Le sculture presentate offrono ancora alla vista quella sensibilità che lega naturalismo ad espressione simbolica che riconduce alle sculture del Quattrocento.

Gli anni Venti e Trenta

Negli anni Venti inizia il suo lungo impegno legato alla scultura funeraria e ai monumenti ai caduti della prima guerra mondiale. La memoria delle sculture di Auguste Rodin (1840-1917) emerge prorompente dalle figure di Arrigo Minerbi. Allo stesso tempo però, si verifica un graduale e sempre maggiore ritorno al naturalismo, ispirato al classicismo rinascimentale e barocco.

Gli anni Trenta sono ricchi di importanti incarichi: realizza, tra le altre opere, il Monumento funebre di Luisa D’Annunzio.
Per la tomba monumentale di sua madre, infatti, il poeta sceglie proprio Minerbi e uno spiccato ritorno al Quattrocento. Nel 1939 poi, sarà chiamato a realizzare la maschera funebre di D’Annunzio al Vittoriale.

Dalle leggi razziali agli anni Cinquanta

Nel frattempo, dal 1938, a causa delle leggi razziali, è costretto a spostarsi da Milano a Roma, dove trova ospitalità e protezione all’Opera Don Orione. Il fratello verrà deportato, come altri suoi familiari, evento che lo turba profondamente.

Per tutti gli anni Quaranta e Cinquanta si occupa soprattutto di committenze sacre. Una delle opere più famose è la Madonna di Monte Mario, realizzata per la parrocchia del Don Orione, a celebrare la fine della guerra e posta sul Monte nel 1953. Nello stesso anno, dona una serie di opere a Ferrara. Muore a Padova, nel 1960.

Arrigo Minerbi: tra naturalismo e simbolismo

Dopo le prime esposizioni a Ferrara, dove riceve premi soprattutto per busti in terracotta, Arrigo Minerbi decide di perfezionarsi a Firenze. Qui, il suo linguaggio tendente al naturalismo si arricchisce di suggestioni provenienti dalla scultura del Rinascimento.

Il trasferimento a Genova, invece, comporta uno spiccato avvicinamento ai temi simbolisti, soprattutto grazie al contatto con intellettuali quali Amos Nattini (1892-1985), pittore simbolista molto vicino a D’Annunzio.

L’influenza della plastica rinascimentale, di Wildt e di Rodin

Nel 1907, partecipa alla Promotrice di Genova, esponendovi Il cammino della vita. Di pochi anni dopo è il Ritratto della madre, una scultura sofferente, molto legata al linguaggio di Adolfo Wildt, con l’aiuto del quale la trasformerà in marmo nel 1919.

Questo è anche l’anno in cui viene allestita la sua personale alla Galleria Pesaro. Vi espone ventuno opere, frutto del lavoro degli anni Dieci. Si tratta di sculture di matrice naturalista, che riflettono però sia l’influenza della plastica rinascimentale, sia un profondo riferimento alla cultura simbolista.

Ne sono esempio Maternità, Virgulto, L’apostolo-Il martire, La Vittoria, Medusa, Il nuraghe, Autobiografia, L’ascesi. In particolare, L’apostolo-Il martire è una parte del trittico dedicato all’eroe irredentista Cesare Battisti.

Un sincero naturalismo

Il volto serio e volitivo, lo sguardo carico di speranza caratterizzano L’apostolo, di ascendenza wildtiana per la levigatezza e la lucentezza dell’incarnato. Nelle altre opere, un sincero naturalismo, unito all’intensità emotiva dei personaggi rappresentati, spesso si sposa ad una trattazione del marmo e del bronzo simile a quella di Rodin.

All’Esposizione di Milano Arte Contemporanea Italiana, si presenta con Ritrattp di Vittore Grubicy de Dragon, Crisalide, La comunione, L’annunciazione. Mentre alla Primaverile Fiorentina del 1922 espone ben quattordici opere tra cui Mattino di primavera, un nudo femminile ricco di significati allegorici di matrice rinascimentale.
Ancora, presenta Crisalide, Bimbo, S. Cecilia, Giovanna e altre opere già esposte precedentemente, come il trittico di Cesare Battisti.

La scultura funeraria e le committenze pubbliche

Nel 1922 viene incaricato di realizzare un monumento ai caduti di Bondeno. Presenta il bozzetto immediatamente, per poi completare il gruppo scultoreo nel 1925.

Invece, la famosa opera La Vittoria del Piave, iniziata nel 1915, viene portata a compimento all’inizio degli anni Venti, per poi essere esposta alla Biennale del 1924.
Nello stesso anno, viene inaugurata la scultura celebrativa del Medico caduto in guerra, nella Scuola di Sanità militare di Firenze.

Sono gli anni in cui lavora intensamente per alcune opere funerarie del Cimitero Monumentale di Milano. Tra esse vi sono S. Francesco che predica agli uccelli, Eleonora Duse, Gaetano Previati, L’Ultima Cena. Alcune di queste sculture, come il busto di Eleonora Duse, verranno presentate alla Biennale di venezia del 1932, insieme a Maternità, La mano del Santo, La madre del caduto.

Memorie rinascimentali

Impegnato in opere funerarie e sacre, si abbandona alle memorie rinascimentali. I corpi risultano saldi nelle loro volumetrie, nei bassorilievi si ritrova lo spirito di Donatello e di Jacopo della Quercia.

Nella porta bronzea del Duomo di Milano, dedicata all’Editto di Costantino, sembra unire il misticismo dell’era paleocristiana alle gestualità di Brunelleschi e Ghiberti delle formelle del Battistero. L’opera verrà portata a termine nel 1948 e sarà seguita da altre sculture sacre come il busto di San Cetteo per il duomo di Pescara.

 

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