Sommario
Biografia
Nicolò Barabino (Genova-Sampierdarena, 1832 – Firenze, 1891), si forma a Genova e negli anni Cinquanta si stabilisce a Firenze. In questa città il suo linguaggio pittorico di matrice storica risente molto dell’influsso verista dei Macchiaioli con cui entra in contatto.
Riceve diverse commissioni sia pubbliche che private soprattutto in area ligure. Si presenta come un pittore di storia eclettico ed esperto nell’uso di diverse tecniche, dall’affresco all’olio.
Muore a Firenze nel 1891, mentre sta lavorando al dipinto La motte di Carlo Emanuele I che rimane incompiuto.
Formazione: pittura di storia e disegno
Dal 1844 al 1956 Nicolò Barabino frequenta l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e, allievo di Giuseppe Isola (Genova, 1808-1893), si interessa sin da subito alla pittura di storia e al disegno.
La sua formazione è testimoniata da dipinti di storia come Agar nel deserto e Rinaldo e Armida esposti alle Promotrici genovesi all’inizio degli anni Cinquanta.
Esegue i due sipari per il Teatro Modena a Sampierdarena e per il Teatro Sociale di Sestri Ponente, sempre istoriandoli con argomenti quali L’Apoteosi di Ludovico Ariosto.
Influenze artistiche
Grazie all’ottenimento della pensione Durazzo, Nicolò Barabino studia a Roma e poi si trasferisce a Firenze dove si stabilisce alla fine del 1858. Entra in contatto con i pittori Macchiaioli e si addentra in una pittura più legata ad un linguaggio realista, restando comunque testimone della rappresentazione di matrice storica.
Non a caso entra in contatto anche con Domenico Morelli (Napoli, 1826-1901) che gli fornisce la giusta via per coniugare il vero alla storia.
Nicolò Barabino. Le Opere
Anche se risiede a Firenze, continua comunque ad avere rapporti con Genova e la Liguria. Infatti riceve la committenza della Consolatrix afflictorum per la cappella dell’Ospedale San Paolo a Savona.
Quest’opera una volta esposta e resa pubblica, riscuote molto successo e porta a Nicolò Barabino diverse incarichi. È molto abile sia nella decorazione a fresco che in quella a tempera, come testimoniato dai medaglioni eseguiti per il soffitto del Teatro Carlo Felice.
Le committenze religiose e private
Nicolò Barabino si dedica ampiamente alla pittura sacra. Esegue gli affreschi per la collegiata di San Giacomo di Corte a Santa Margherita Ligure tra il 1862 e il 1865 e per la chiesa di Santa Maria Assunta di Camogli tra 1869 e 1871. Le committenze più importanti derivano però dal contesto privato, infatti esegue il ciclo di affreschi per Palazzo Celesia tra il 1872 e il 1874.
Qui mette in gioco ancora una volta la sua esperienza di pittore di storia. Si occupa della realizzazione di episodi di orgogliose ribellioni italiane nel corso dei secoli: Carlo VIII e Pier Capponi, Galileo davanti al tribunale dell’Inquisizione, i Vespri siciliani.
Lavori a Palazzo Orsini
Interviene successivamente anche a Palazzo Orsini, dove mette in campo tutte le sue conoscenze tecniche poiché lavora sia con la tempera che con l’affresco che con la pittura a olio.
Il Salone della Scienza accoglie l’intervento più intenso e che più permette di capire il linguaggio di Nicolò Barabino che coniuga il verismo della pennellata macchiaiola con l’argomento di carattere storico: il Trionfo della scienza, la Cosmologia, la Matematica, la Filosofia e la Giurisprudenza.
Questi soggetti vengono affiancati dai dipinti a olio ritraenti Archimede, Cristoforo Colombo deriso a Salamanca, Galileo in Arcetri, Alessandro Volta, l’Esperienza e la Meditazione.
Tra Firenze e Venezia
A Firenze tra il 1885 al 1887 Nicolò Barabino lavora ai cartoni per l’esecuzione dei mosaici delle lunette del Duomo, utilizzando uno stile eclettico e ricco di commistioni.
Nel 1887 espone a Venezia Quasi oliva speciosa in campis o anche Madonna dell’ulivo, dipinto che viene acquistato dalla Regina Margherita. La tela da questo momento in poi riceve così tante lodi e raggiunge un tale successo che viene riprodotta tramite litografie per divenire un’icona commerciale.
L’autore stesso ne realizza alcune repliche e una di queste viene donata alla chiesa di Santa Maria della Cella a Sampierdarena per volere di sua madre.
È attivo fino agli ultimi anni della sua vita: decora alcune sale a Palazzo Tursi con affreschi a tema storico e religioso.
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